Tamara Pisnoli, Antonello Ieffi (l'imprenditore vittima di rapina ed estorsione): «Lei bella, disinvolta e spietata come un boss»

Parla l’imprenditore vittima di rapina ed estorsione dall’ex moglie di De Rossi: «Era la fidanzata di un mio amico e volle entrare in affari con me. Poi il voltafaccia»

Tamara Pisnoli, Antonello Ieffi (l'imprenditore vittima di rapina ed estorsione): «Lei bella, disinvolta e spietata come un boss»
Tamara Pisnoli, Antonello Ieffi (l'imprenditore vittima di rapina ed estorsione): «Lei bella, disinvolta e spietata come un boss»
di Flaminia Savelli
Lunedì 27 Febbraio 2023, 00:56 - Ultimo agg. 13:44
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«Non ho colto i segnali, non ho capito cosa si nascondeva dietro il sorriso di Tamara, dietro la sua simpatia e il mondo griffato che frequentava. Oggi però, rimettendo in fila tutto ciò che è accaduto, fino al giorno in cui sono quasi morto nel suo appartamento, ho le idee molto chiare. Adesso, che è arrivata la sentenza a suo carico, parlo io». La storia di Antonello Ieffi, imprenditore 44enne, lo lega a doppio filo a Tamara Pisnoli, ex moglie dell’ex giocatore giallorosso Daniele De Rossi e condannata a sette anni e due mesi per tentata estorsione. Una vicenda di intimidazioni, sangue e coltelli che inizia nel marzo del 2013 quando la Pisnoli chiede di entrare in affari con Ieffi versando un bonifico da 70 mila euro.

Come ha conosciuto Tamara Pisnoli? 
«All’epoca il suo fidanzato era un mio amico.

O almeno io credevo così...».

Cioè?
«Oggi, alla luce dell’intera vicenda, ho la consapevolezza di essere finito in una trappola. Ero un imprenditore in ascesa, avevo soldi e liquidità. Questo il suo fidanzato lo sapeva anche perché era stato lui a offrirmi una serie di servizi che avevo regolarmente saldato. Insieme frequentavamo salotti, ristoranti e locali alla moda. Poi mi ha presentato Tamara».

Che impressione le ha fatto?
«Non era solo bella e simpatica. Era anche molto intelligente e sveglia. Avevo capito che aveva fiuto per gli affari ecco perché non mi sono sorpreso quando ha chiesto di entrare in quello del fotovaltaico di cui mi occupavo in quel momento. Solo in un’occasione ha mostrato la sua indole».

Quando?
«Eravamo seduti a una tavolata e mentre cenavamo, guardavamo una partita di calcio. Quando Tamara ha visto l’ex marito, De Rossi, ha iniziato a commentare in modo molto spiacevole la separazione. Parlava soprattutto dei soldi che le erano stati accordati, una somma consistente in realtà. Eppure si lamentava. In quell’occasione ho colto, per la prima volta, molta cattiveria: quello era il primo segnale che non ho saputo cogliere».

Cosa è accaduto dopo?
«La situazione è precipitata in poche settimane. Tamara e il mio amico si sono lasciati, lei poco dopo mi ha chiesto di uscire dall’affare. Ci siamo incontrati in un bar e lei si è presentata con il fratello dell’ex fidanzato, Francesco Milano e con Francesco Camilletti. I toni si sono fatti subito accesi e la richiesta non era solo per il bonifico della Pisnoli, ma di 200 mila euro. Mi sono alzato e ho detto che per i soldi, dovevamo procedere tramite gli avvocati».

Poi le è stato chiesto un secondo incontro?
«Sì. L’ultimo. All’appuntamento si sono presentate due guardie del corpo, li conoscevo bene perché erano nell’entourage dei Milano. Mi hanno costretto a seguirli e così sono finito in casa di Tamara, nel suo attico all’Eur».

Ha capito subito che era in pericolo?
«Una volta dentro sì. Lei era seduta e non appena sono entrato nella stanza ha dato l’ordine come un boss “questo non vuole pagare, pensateci voi”. Erano in sei e a turno mi hanno riempito di calci e pugni. Ho visto che si alzava, aveva uno sguardo gelido».

Lei non ha cercato di fermarli?
«No, ma ho supplicato Tamara. Le continuavo a chiedere di farli smettere».

A quel punto le hanno tagliato la testa con il coltello?
«Sì e Tamara, con un tono distaccato e freddo ha dato l’ultimo ordine: “fategli pulire il sangue, portatelo a fare il bonifico e poi ammazzatelo”».

Come si è salvato?
«Continuavo a perdere sangue, con i due che mi hanno trascinato in macchina mi sono finto morto. Mi hanno lasciato a terra, su un marciapiede da dove ho chiesto aiuto. Poco dopo ho scoperto anche del passato criminale della famiglia di Tamara e del padre ucciso per un regolamento di conti».

Come?
«Dopo aver sporto denuncia, ho cercato di capire cosa mi era sfuggito. Lo choc non riguardava solo la vicenda in sé, ma il contesto in cui sono finito. La sensazione che ho avuto è di essere finito in una trama, in un piano ben organizzato. Sapevano che avevo disponibilità economica. Ma c’erano stati anche dei segnali che non ho saputo cogliere».

L’ha più rivista?
«Mai. Ma abbiamo continuato a frequentare gli stessi ambienti».

Oggi è riuscito a ripartire?
«Sì, ma ho trasferito tutte le mie attività a Milano. Ho pagato un conto salitissimo, avevo perso tutto soprattutto in termini di immagine ma la sentenza che la condanna, mi ha reso giustizia».

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