Zaki sarà scarcerato ma non assolto. L'Egitto: rilascio (forse già oggi) in attesa dell'udienza del primo febbraio. Il papà: «Grazie Italia»

Udienza a Mansura, Zaki libero tra oggi e domani

Zaki sarà scarcerato ma non assolto
Zaki sarà scarcerato ma non assolto
Martedì 7 Dicembre 2021, 12:02 - Ultimo agg. 21 Febbraio, 12:28
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Prima qualche esclamazione incredula e soffocata dallo sguardo severo dei poliziotti del tribunale egiziano. Poi le urla e le lacrime di gioia che esplodono per la fine di un incubo durato 22 lunghissimi mesi: Patrick Zaki tornerà presto libero, almeno in libertà provvisoria, perché i giudici non l'hanno assolto dalle accuse e il processo continua. È sul ballatoio del terzo piano del vecchio palazzo di Giustizia di Mansura che padre, madre, sorella e fidanzata dello studente egiziano dell'Università di Bologna apprendono e condividono l'annuncio della scarcerazione atteso dal 7 febbraio 2020, il giorno dell'arresto. Gli attivisti della ong Eipr, per la quale Zaki lavorava come ricercatore, corrono ad abbracciare la famiglia. È un'emozione fortissima per chi assiste, un pianto liberatorio anche se non tutto è finito.

 

Zaki, fine di un incubo?

«È fatta, lo scarcerano a breve, il giudice ha firmato», si dicono l'un l'altro nei capannelli amici, avvocati, diplomatici e giornalisti.

Le porte della prigione però non si apriranno prima che la temutissima Sicurezza dello Stato egiziana avrà completato le sue procedure. Ci vorrà qualche giorno, forse un paio. La legale dello studente, Hoda Nasrallah, sostiene che la scarcerazione avverrà dalla prigione di Tora, alla periferia sud del Cairo, dove Patrick ha passato quasi tutta la sua custodia cautelare. Ma non è escluso che Zaki possa uscire invece dal carcere di Mansura, la sua città natale e di residenza.

Tutto resta ancora sospeso e indecifrabile, come quasi sempre in Egitto. L'unica cosa certa è che il rilascio senza obbligo di firma decretato dal giudice monocratico non può essere impugnato dalla procura. Sulla strada davanti al Tribunale, sul ramo Damietta del delta del Nilo, non si parlava d'altro che del fatto che Patrick presto dormirà nel letto di casa sua, e non su due coperte buttate sul pavimento di una cella a Tora. La felicità per la scarcerazione ha fatto quasi dimenticare che il processo per diffusione di notizie false attraverso articoli giornalistici - con il ragazzo che rischia cinque anni di reclusione - continua: c'è già la data della prossima udienza, il primo febbraio. L'odissea insomma non è finita, anche se non ha più i contorni dell'accanimento carcerario.

Le reazioni 

«Vi siamo molto grati per tutto quello che avete fatto», sussurra George, il padre di Patrick, abbracciando nell'entusiasmo due diplomatici italiani andati a Mansura per monitorare anche questa decisiva udienza come tutte quelle succedutesi durante la custodia cautelare e nella fase processuale iniziata il 14 settembre. Quando l'udienza è cominciata, attraverso le sbarre con griglia di ferro della gabbia degli imputati lo stesso Patrick aveva ringraziato i diplomatici per il sostegno ricevuto dall'Italia, sia dal Governo che dalla gente. Vestito di bianco, il colore degli imputati nei processi egiziani, con mascherina nera calata sul mento, codino e gli ormai iconici occhiali, Patrick ha seguito dondolandosi sui piedi l'intervento della sua avvocata principale, Hoda Nasrallah.

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La legale ha chiesto di ottenere le riprese delle telecamere di sorveglianza, un rapporto dei servizi segreti interni e un verbale di polizia per dimostrare che tra il 7 e l'8 febbraio di due anni fa Patrick fu catturato illegalmente all'aeroporto del Cairo, mentre le autorità sostengono di averlo fermato lecitamente a Mansura, facendo così sparire un buco nero di percosse e torture denunciate dai suoi legali. Nasrallah ha chiesto anche gli atti di un vecchio processo e la convocazione di un testimone per dimostrare che l'articolo scritto da Patrick nel 2019 per documentare le discriminazioni patite dalla minoranza cristiana dell'islamico Egitto - quello per il quale rischia altri 5 anni di carcere - non propalava falsità. E questo dovrebbe essere il fulcro della memoria difensiva che verrà presentata il primo febbraio. Quando la gioia odierna avrà ceduto il passo ad altre angosce.

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