Mafie e Covid-19, rischi e opportunità:
​la società non ama gli sciacalli

Mafie e Covid-19, rischi e opportunità: la società non ama gli sciacalli
di Luciano Brancaccio * e Vittorio Mete **
Venerdì 15 Maggio 2020, 20:00
4 Minuti di Lettura

Nell’attuale scenario di crisi, lo Stato e le diverse componenti della società civile stanno realizzando uno sforzo eccezionale di sostegno ai cittadini e alle attività economiche. I numeri sono eloquenti: col c.d. “decreto Rilancio”, il Governo mette in campo 55 miliardi di euro, di cui 26 per i lavoratori dipendenti e autonomi, 16 per le imprese e altri 13 per il sostegno a diverse altre categorie di cittadini. A questo si aggiunge l’enorme impegno in termini di assistenza profuso dalle organizzazioni di volontariato e del terzo settore per assicurare beni di prima necessità nei territori più svantaggiati (e non solo) e una prima rete di sostegno per le tante emergenze connesse alla crisi. Interi settori economici e della vita sociale vedranno un riassetto di regole che genererà cambiamenti profondi della produzione, dei consumi, dei rapporti sociali in generale.

Al di là delle possibili valutazioni politiche su inefficienze, ritardi ed errori, siamo di fronte a uno scenario inedito, con un inatteso protagonismo delle istituzioni statali e della società civile. È come se fossimo scivolati improvvisamente via da una tendenza storica nella quale ritenevamo tracciate, in termini di vincoli e compatibilità, le coordinate del futuro, per aprirci a cambiamenti impensabili e imprevedibili. Questa incertezza sta già avendo drammatiche conseguenze, ma accanto a queste e ai rischi che accompagneranno il nostro futuro prossimo, si possono – e si devono – scorgere alcune importanti opportunità.

Il discorso riguarda molto da vicino le mafie che, è bene ricordare, nonostante una rappresentazione diffusa che le vuole come organizzazioni onnipotenti e compiute in sé, non sono soggetti alieni e indipendenti dai contesti, ma fondano la loro stessa natura sulle relazioni con ruoli e funzioni che agiscono nella piena legalità. È il contesto con le sue debolezze, permeabilità, disponibilità corruttive che rende forti i circuiti di criminalità organizzata. Ed è sui contesti, ivi compresi gli ambiti di illegalità e irregolarità, che va misurato l’impatto senza precedenti dei cambiamenti in corso.

I rischi che le mafie mettano le mani sul fiume di risorse che sta per riversarsi sul Paese e che traggano vantaggio dalla crisi che sta colpendo famiglie e piccole imprese sono stati autorevolmente illustrati da esponenti di punta delle agenzie che conducono la lotta alla criminalità organizzata, così come da commentatori molto noti ed ascoltati. La realtà, però, non è mai a una sola dimensione e, se è vero che in alcuni casi i mafiosi potrebbero lucrare risorse materiali e simboliche dall’emergenza, in altri casi c’è la possibilità che incontrino l’azione repressiva dello Stato, già molto efficace in tempi ordinari, ma rafforzata qualora si fosse in grado di realizzare un accorto controllo legato alla erogazione dei finanziamenti. I mafiosi sono soggetti che “godono” di un’attenzione particolare da parte delle agenzie di contrasto e le azioni criminali messe in campo per approfittare delle debolezze contingenti del tessuto economico e imprenditoriale potrebbero essere più facilmente notate e, dunque, perseguite. C’è da scommettere che nei prossimi mesi l’attenzione della magistratura e delle forze dell’ordine sarà molto alta e un passo falso da parte dei mafiosi – ma anche di imprenditori, liberi professionisti e funzionari infedeli dello Stato – potrebbe costargli molto più caro (confisca di beni, restrizione della libertà personale, processi lunghi e costosi) di quel che sperano di guadagnare.

C’è poi il discorso legato ai traffici e alle posizioni di dominio sul territorio, più difficili da realizzare quando i controlli sono più stringenti. Anche il consenso sociale che le mafie contano di lucrare fornendo aiuti diretti a famiglie in difficoltà potrebbe essere una speranza mal riposta o rivelarsi perfino un boomerang. La generosità è infatti un atteggiamento universalmente apprezzato e che crea sentimenti di riconoscenza. Nel nostro caso, però, si tratterebbe di una forma “interessata” di generosità, che in qualcuno potrà suscitare riconoscenza, ma che da altri potrebbe esser vista come una forma di sciacallaggio. E gli sciacalli – sia che si aggirino attorno a imprese in difficoltà, sia che si avvicinino a famiglie bisognose – non godono solitamente di fiducia e stima duratura. Lo scenario è dunque aperto: sta a noi, allo Stato e alle istituzioni civili, contendere il terreno alla criminalità organizzata, ridurre i rischi e sfruttare le finestre di opportunità che si presenteranno.

* Università degli Studi di Napoli
** Università degli Studi di Firenze
© RIPRODUZIONE RISERVATA