Sei morto per scrivere,
ma forse anche per vivere

Sei morto per scrivere, ma forse anche per vivere
Lunedì 23 Settembre 2019, 00:30 - Ultimo agg. 01:12
7 Minuti di Lettura
Dall’istituto comprensivo Giacomo Leopardi di Torre Annunziata  

ECCO TUTTE LE LETTERE A GIANCARLO SIANI

Caro Giancarlo, 

scriviamo a te, che sei morto per scrivere, ma forse anche per vivere. Perché tu vivi ancora. Nei ricordi, nelle parole che ci hai lasciato, nelle foto che ti raffigurano giovane e sorridente. 

Siamo due ragazzi di Torre Annunziata, e viviamo nella città che tu hai cercato di migliorare e per la quale sei stato ucciso. Anche se non percorri più le strade della nostra città, la tua Mehari continua, ogni anno, a portare in giro i tuoi valori, a testimoniare il tuo sacrificio, a simboleggiare la legalità. Le tue parole sono arrivate nelle scuole. E tante scuole hanno preso il tuo nome. 

E nelle scuole si organizzano manifestazioni ed eventi in difesa della legalità, si invitano magistrati, forze dell’ordine ed associazioni per sollecitare i ragazzi nella lotta alla criminalità organizzata e favorire la creazione di una comunità alternativa alle mafie. In ognuna di queste iniziative vive il tuo ricordo. 

Ascoltando la tua storia, noi ragazzi abbiamo compreso quanto grande possa essere una passione e quanto importante sia il lavoro di chi, con coraggio ed onestà, ricerca la verità. Sei stato un giornalista coraggioso, un eroe senza paura. Sei stato ucciso perché cercavi la verità e, come te, tanti hanno pagato con la vita l’amore per la giustizia: Peppino Impastato, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e tanti altri, che sono morti ingiustamente, vittime innocenti di mafia e di camorra. 

C’è, dove abitiamo, una strada, intitolata “Via vittime innocenti di camorra”. È stata chiamata così in onore delle otto persone morte durante la strage del Circolo dei Pescatori. Su questa vicenda tu hai scritto un articolo, non hai avuto paura di parlarne, ma il tuo coraggio ti è costato la vita. Il tuo era un giornalismo scomodo per il “sistema” ed il “sistema” ha deciso di farti fuori. Ma, come ben sai, Giancarlo, le parole, a volte, sono più potenti di un proiettile e le dieci pallottole che ti hanno tolto la vita non hanno cancellato le tue parole, i tuoi articoli, i tuoi insegnamenti. Quello che hai fatto, la verità che hai rivelato, il coraggio che hai dimostrato resteranno sempre vivi in tutti noi. 

Pensando a te, ci viene voglia di scrivere, di parlare, di difendere sempre la libertà di stampa e di espressione, di denunciare ogni forma di ingiustizia, di censura o di sopruso. Pensando a te, ci viene voglia di provare ad essere un po’ eroi. 

Grazie, Giancarlo! Per le parole che hai scritto e per quelle che ci ispiri. 

Ti salutiamo e speriamo che, da lassù, tu possa leggere i nostri pensieri. 

Carmela e Giuseppe

Caro Giancarlo, 

in occasione del trentatreesimo anniversario della tua morte, in classe abbiamo ripercorso la tua vita. 

Per alcuni la tua storia è stata un punto di riferimento, per altri sei stato un nemico. Il tuo vissuto ci ha dato coraggio. Ci ha dato la speranza di poter cambiare le cose. 

Molti considerano Napoli come una città piena di delinquenza, di camorra e di violenza, una città da cui, se ci metti piede, non esci vivo. “Napule è mille paure”. Ma questo è solo un aspetto della città. Molti la criticano e la disprezzano, molti la temono, ma non vedono il nostro bel Vesuvio, il mare azzurro, le tante bellezze di cui è ricca, l’arte, la cultura… Non vedono noi napoletani che, se scegliamo di darti il cuore, ti diamo anche l’anima! Tanti, quando parlano di Torre Annunziata, pensano alla criminalità organizzata. Ma non pensano alla Villa di Poppea, al lungomare, al porto... La sua bellezza è talvolta sconosciuta persino agli abitanti. 

Per molti ragazzi vivere in questo territorio è difficile, perché non c’è molto lavoro e pur di portare soldi a casa si è disposti a tutto, anche a praticare attività illecite. Invece noi abbiamo scelto di studiare, come hai fatto tu. Abbiamo la fortuna di poter capire, di imparare ad affrontare le difficoltà della vita. Come hai fatto tu, che, da solo, senza l’appoggio di nessuno, non ti sei tirato mai indietro, neanche di fronte alle ingiustizie. 

Sai, Giancarlo, il problema è che tu eri solo! E non c’era nessuno lì a darti supporto. Hai dato molto a questo territorio, che non ti ha mai ripagato, se non con la morte: e così la sera del 23 settembre 1985, sotto casa tua, all’improvviso dieci colpi di pistola ti hanno raggiunto, senza che tu te ne accorgessi, solo nella tua Mehari verde… 

… Aveva ragione Pino Daniele: “Napule è ’na carta sporca, e nisciuno se ne importa”!

Tu, invece, per questa città hai fatto tanto! E tanto hai fatto per Torre Annunziata, che ti ha ricambiato ammazzandoti. 

Un incoraggiamento va alla tua famiglia, che il 23 settembre di ogni anno sente parlare di te e, nonostante la spina che porta nel cuore e il dolore che si rinnova ogni anno, continua ad operare nel tuo ricordo. 

Grazie, Giancà, per aver cercato di ripulire la nostra amata terra, provando a metterne in luce la bellezza. 

Grazie per averci spinto, con il tuo esempio, a non mollare mai ed a puntare sempre in alto, anche quando la vita ci presenta ostacoli insormontabili. Grazie per averci dato la forza di cambiare la nostra realtà, di cambiare noi stessi, di conoscere e di migliorare. Perché Napoli sarà anche una carta sporca, ma è anche mille colori, è la voce dei bambini, è l’odore di mare… 

Da lassù non potrai mai leggere questa lettera, ma sappi che, anche se lontani, siamo vicini. 

Anche lì resta così come sei, a testa alta…! 

Angelina e Michelina 

Caro Giancarlo, 

non ti abbiamo conosciuto, ma a scuola ci hanno parlato tanto di te. Ci hanno mostrato la tua storia, ci hanno raccontato dei tuoi sogni e della tua carriera di giornalista, che hai svolto per lo più a Torre Annunziata, la città dove noi siamo nati e dove stiamo crescendo. Siamo fieri di vivere qui, in questa città piena di bellezza, di problemi e di guai. E ti ringraziamo per aver cercato di migliorarla, combattendo contro una cosa più grande di te. 

Non è cambiato molto da quando tu sei venuto a mancare. La camorra ancora esiste. Se fossi qui, potresti continuare a combatterla. Molti nostri coetanei forse non riescono a comprendere il tuo coraggio e la tua passione. Molti non condividono l’idea di rischiare la vita per risolvere un problema che, in fondo, non li riguarda. Siamo ragazzi di quattordici anni e non comprendiamo ancora bene cosa sia la camorra, ma sappiamo che è un male che riguarda tutti e che prima o poi sarà un ostacolo anche per noi. Abitiamo in una città in cui la criminalità è molto presente. Viviamo in un territorio ad alto tasso di delinquenza: in Campania si contano ben 406 vittime innocenti della criminalità! Un elenco di 406 nomi che vediamo scorrere sullo schermo del computer: nomi che recano accanto, tra parentesi, la data di morte; nomi dietro i quali si nascondono storie, vite, lavori, sogni, famiglie… 

Abbiamo avuto la fortuna di nascere in famiglie umili, ma oneste. L’amore, l’educazione e la sete di conoscenza che i nostri genitori ci hanno trasmesso ci hanno consentito, finora, di scegliere la strada del bene. Ci auguriamo di poter fare, in futuro, un lavoro dignitoso ed appagante. Sogniamo di diventare grandi uomini. Ma quanti ragazzi, nostri coetanei o più piccoli di noi, che hanno avuto la sorte di nascere in altri contesti, pensano che la criminalità sia l’unica via percorribile! E non sanno che esistono tante altre strade, più giuste e più belle. Quanti, per disperazione o per ignoranza, per ingenuità o a causa di un’educazione sbagliata, diventano vittime di un sistema ingiusto e violento! Dal quale, spesso, non ci si può salvare. Quanti, senza neanche rendersene conto, diventano criminali! 

Siamo ragazzi di quattordici anni e non comprendiamo fino in fondo che cosa sia la camorra. Tu, un giornalista di appena ventisei anni, hai voluto capire cosa si nasconde dietro questa parola, dietro un sistema che a molti fa paura. Hai provato ad indagare, a comprendere, hai sacrificato la tua giovane vita per aiutarci. Con il tuo modo di fare giornalismo hai combattuto con coraggio. Non hai avuto paura. Non hanno avuto paura Falcone, Borsellino, grandi magistrati che, come te, sono morti per combattere la criminalità. 

Siamo sicuri che molti, seguendo il tuo, il vostro esempio, non avranno paura di fare del bene. La tua Mehari verde, che sfila ogni anno per le vie del nostro territorio, infonderà in tutti sete di giustizia e di legalità. Molti attingeranno dai tuoi, dai vostri insegnamenti l’amore per la verità. 

Perché solo con la conoscenza del bene si può vincere il male. 

Ciao, Giancarlo! 

Salvatore e Francesco Pio 
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