Cher Giancarlo,
comment vas-tu, mon amour?

Cher Giancarlo, comment vas-tu, mon amour?
Lunedì 23 Settembre 2019, 00:30 - Ultimo agg. 01:07
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Dagli alunni della seconda B della scuola media San Giovanni Bosco di Trentola Ducenta: Rosa, Vincenzo, Margherita, Placida Pia, Armando, Saverio, Gennaro Pio, Paola, Mario, Sabrina, Giorgio, Raffaella, Angela, Erica, Tresy, Alessandra, Lucia, Salvatore.

ECCO TUTTE LE LETTERE A GIANCARLO SIANI

Cher Giancarlo, 
comment vas-tu, mon amour? 

Non ci parliamo da  quella tremenda notte del 1985 e finalmente trovo la forza e il “coraggio” di scriverti. “Coraggio”, una parola che ti piaceva tanto e che hai saputo interpretare, perché ne avevi da vendere… 

Ti sei innamorato di me a prima vista. Mi hai scelto tra tante che ti corteggiavano, anche se ero molto originale e stravagante, ed eri fiero di uscire con me e portarmi ovunque con orgoglio. In fondo ero un tipo semplice, senza troppi fronzoli e ci piaceva andare in giro a viso scoperto, così senza protezioni. Ah, se avessi saputo…! 

Quanti momenti, quante giornate abbiamo trascorso insieme ad ascoltare musica, quante volte siamo “scesi” dal quartiere Vomero nei vicoli di Napoli verso i paesi vesuviani, verso Castellammare, Torre Annunziata. Ti ricordi come eravamo disorientati quando ci siamo andati le prime volte? Avevo tanta paura a girovagare con te in quei “postacci”, ma tu riuscivi sempre ad infondermi forza e coraggio. 

Sono stata sempre la custode dei tuoi racconti, dei tuoi ragionamenti, dei tuoi pensieri e delle tue preoccupazioni. Pardon mon amour. Non rispondevo mai con la mia opinione ai tuoi sfoghi, ma ho memorizzato tutto ciò che mi raccontavi. Amavo le tue parole, i tuoi pensieri, la tua voce tanto umile e pacata, ma sicura e sincera. Mi facevano capire che persona avevo al mio fianco, così pura e coraggiosa. Parlavi in continuazione, senza fermarti: Gionta, Bardellino, Nuvoletta, il contrabbando, i politici corrotti, le sparatorie, gli arresti, il tuo precariato, gli articoli da battere in fretta sulla macchina da scrivere per il giorno successivo. Ricordo bene quando lavoravi al «Mattino» senza uno straccio di contratto, ma tu continuavi ad impegnarti senza sosta, perché la tristezza e il malcontento non ti fermavano mai. Volevi diventare un “giornalista giornalista” in un paese di “giornalisti impiegati”. 

Spesso riuscivo a sentire le tue mani che tremavano per la rabbia, per le tante cose da fare e scrivere, per la fretta, per la paura di camminare a testa alta e con gli occhi e le orecchie bene aperti attraverso le strade dell’illegalità e della criminalità. 

A fine giornata c’era sempre un posto tranquillo dove aspettare il tramonto e rilassarci un po’ . Ancora oggi quando il Sole nasce e tramonta leggo su di esso il tuo sorriso smagliante, quel tuo bellissimo sorriso, contagioso e pieno di speranza per tutti noi. 

Tornavamo a casa tranquilli, quella notte... Ti guardavo negli occhi, come sempre, e certe volte mi perdevo nel tuo sguardo senza nemmeno fare attenzione alla strada, ma tu eri sempre attento. 

Mi ricordo di quel tuo ultimo abbraccio, il più bello; mi ricordo di quello sparo, quel terribile sparo nella notte che ti portò per sempre via da me. Avrei voluto gridare, gridare forte, ma non ci sono riuscita, perché tu mi davi voce e da quel momento non ho più parlato. Tu mi stringesti forte e mi sussurrasti di non aver paura perché eravamo insieme, ma ti colpirono tante volte..!. Facesti degli orribili movimenti bruschi, indietro, in avanti, e quei colpi risuonarono terribili nella notte. Ti sdraiasti per sempre su di me, un’ultima volta e da allora non ho più sentito la tua voce, i tuoi ragionamenti da Sherlock Holmes, non ho più visto il tuo bel sorriso se non in queste foto. 

Nei giorni seguenti quanti poliziotti e giornalisti mi interrogarono e quante foto mi scattarono. Ancora oggi mi cercano e mi fotografano in continuazione e anche se sono un po’ vecchia e stanca, sento di dover continuare a portare in giro il tuo messaggio, come tu stesso facevi. 

Ero felice ed orgogliosa quando ti accompagnavo ad incontrare gli studenti per qualche lezione speciale e mi stupivo della passione con cui parlavi e incitavi i ragazzi all’onestà di pensiero e di azione. 

Fu così che una mattina mi portasti a scuola! Avevano organizzato un incontro con te sulla Legalità in una scuola media, ma tu, con la tua solita semplicità e umiltà, avevi precisato di voler solo parlare agli alunni del tuo lavoro e della tua passione per la Giustizia e per la Verità. Avevi le mani nervose, mi stringevi forte. Avevo sentito e risentito il tuo discorso lungo il tragitto, e mi sembrava perfetto. Sarebbe stato un successo! «Vado a parlare con il futuro», mi dicesti e da lontano mi mandasti un bacino raccomandandomi di aspettare tranquilla. Quell’incontro fu più impegnativo di quanto avessimo immaginato… Appena entrato, ti ritrovasti in una bolgia di ragazzini (eppure erano appena una cinquantina!) che le professoresse faticavano a calmare, tuonando loro addosso e invitandoli ad ascoltarti. Erano maleducati, si alzavano, ridevano, erano distratti. Sentivi: «Chi è questo? Che vuole stamattina?»; «Meno male che è venuto così non facciamo lezione!»; «Però ha la faccia simpatica!»; «È un giornalista e il nonno dice che i giornalisti sono tutti bugiardi! A loro piace mettersi nei guai!»; «Papà dice che si fanno i fatti della gente!» . 

Qualcuno cercava di farti domande, ma tu nemmeno riuscivi a sentirle tanto forte era la confusione. Così avesti l’idea di coinvolgere anche me e chiedesti alle professoresse 

di far scendere tutti nel giardino della scuola, all’aria aperta, al sole, perché si sentissero liberi fuori e dentro, liberi di guardarsi intorno. 

Prendesti per mano uno dei più terribili e lo portasti verso di me… 

Quel ragazzaccio iniziò subito a deridermi, dicendo: «Ma comme te l’he pigliata? Cu quale curaggio? Nun vide comme se presenta? Che culure tene ncuollo?». 

Quelle parole mi ferirono profondamente, ma io avevo intuito quale fosse il tuo scopo… 

Tu rispondesti: 

«Ci vuole coraggio a scegliere la Diversità e ad essere Diversi dagli altri. Lei è come me, si presenta in modo semplice, anche se è un po’ stravagante. Non ha paura di essere se stessa, di essere diversa, non teme i pregiudizi altrui. Vedi com’è particolare? È uno spirito libero… Libero come la Parola, che io uso quando scrivo senza aver timore, per esprimere le mie idee nel rispetto di tutti, per denunciare ciò che vedo da vero “giornalista giornalista” e cercare nel mio piccolo di migliorare la società in cui viviamo. I giornalisti non dicono bugie, non “si fanno i fatti della gente”. Ricordate ciò che dice anche la Costituzione Italiana all’art. 21 “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Anche tu sei stato libero in questo momento di esprimere il tuo pensiero, ma non lo hai fatto nel rispetto della mia amica, così come prima tutti parlavate ed esprimevate i vostri pensieri e le vostre idee, ma senza comunicare alcun messaggio e soprattutto senza rispettare me e tutti gli altri che volevano partecipare. Avete capito ora il concetto?» 

Tutti gli altri ragazzi si erano improvvisamente calmati ed interessati. 

«Scusi, signor Siani – ti disse uno dei più “perfettini”, in quel gruppo di scalmanati - perché l’ha scelta proprio di colore verde?» 

«Sapete a cosa corrisponde il colore verde? Alla Speranza! Mi piace molto questo colore e questo concetto. Con le mie parole spero di riuscire a denunciare la criminalità, a dimostrarne la cattiveria e la falsità, ad aiutare tutti voi ragazzini perché non ne facciate mai parte. Solo il colore vi incuriosisce?» 

«Pecché nun tene ‘e finestrini?» – continuò il “terribile”. 

«Di certo non perché abbiamo caldo…! (e qui tutti risero… Li avevi ormai conquistati!). Te l’ho spiegato. Lei rappresenta per me sia la Speranza che la Libertà. Nonostante tutto quello che scrivo sui giornali per denunciare i clan di Torre Annunziata e della camorra in generale, ho sempre il coraggio di girare libero per la strada senza aver paura e senza alcuna protezione e preoccupazione». 

Tutti ti applaudirono e io fui davvero fiera di te in quel momento, come sempre. 

Il motore della tua passione non si è ancora spento, e nemmeno il mio.... Nel mio cuore fatto di ingranaggi, qui, resterai sempre e solo tu. 

A presto Giancarlo. 

Vienimi a scegliere di nuovo nel Paradiso delle automobili. Sarò lì ad aspettarti, come allora. 

La tua Mehari NA K14314
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