«Nuvoletta Per Salvatore»
la cooperativa dell'impegno

«Nuvoletta Per Salvatore» la cooperativa dell'impegno
di Manuel Nuvoletta*
Lunedì 17 Luglio 2017, 11:27
5 Minuti di Lettura
Un salto indietro nel tempo, una storia iniziata nel lontano 1982 che cerchiamo di difendere e diffondere con tutte le nostre forze. Io mi chiamo Manuel e sono il nipote del Carabiniere Salvatore Nuvoletta.

Nuvoletta in Italia non è solo un cognome legato alla criminalità organizzata. È passata fin troppo spesso in secondo piano la storia, quella che vi voglio raccontare, dei fratelli Nuvoletta, quelli appartenenti alle forze dell'ordine. Dei cinque figli di Ferdinando il primo ad arruolarsi nell'arma dei Carabinieri fu nel 1971 Enrico. Ebbe l'onore insieme a Gennaro, che lo seguì poco dopo, di essere uno dei “Fedelissimi“ del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa durante la lotta alle BR. Fortunato, invece, “pecorella nera della famiglia”, come scherzosamente piace definirsi, entrò in Polizia di Stato durante l'epoca dei processi Curcio. Salvatore, il più piccolo dei fratelli, è stato un giovane Carabiniere divenuto vittima innocente, ucciso dalla criminalità organizzata alla giovanissima età di vent'anni. Vestì a soli diciassette anni la divisa da Carabiniere, uniforme che decise di difendere fino alla fine e che gli costò la vita.

Arruolatosi nei Carabinieri a soli 17 anni, come primo incarico fu trasferito alla caserma di Casal di Principe. Nel giugno del 1982 i carabinieri della stessa caserma furono coinvolti in un conflitto a fuoco con alcuni criminali legati alla camorra, nel corso del quale restò ucciso il pregiudicato Mario Schiavone. Questo avvenimento è stato posto in relazione con il destino di Salvatore Nuvoletta, anche se quel giorno egli era assente per il turno di riposo settimanale.

Il 2 luglio 1982 si trovava a Marano, suo paese natale e, mentre giocava con un bambino nei pressi dell'esercizio commerciale del padre, fu avvicinato, chiamato per nome (per accertarsi della sua effettiva identità) ed infine ucciso da un commando di killer. Anche se l'azione dei sicari fu rapida e improvvisa, zio Salvatore diede prova di eroismo e grande istinto reattivo: resosi conto di ciò che stava accadendo, non cercò la fuga, ma anzi scansò il bambino presente e si oppose inerme al commando omicida. Il fanciullo che grazie a questa pronta reazione del giovane carabiniere ebbe salva la vita al tempo aveva 9 anni.

La motivazione di questo agguato rimase a lungo sconosciuta, finché da confessioni successivamente rese da un pentito si seppe che esso fu diretta conseguenza dell'uccisione di Mario Schiavone. L'omicidio fu un vero e proprio atto di ritorsione deciso dal cartello camorristico di Casal di Principe, allora retto da Antonio Bardellino. Quest'ultimo sostenne, infatti, che Salvatore, ligio al dovere, non volle farsi corrompere, “dava troppo fastidio“, pretendeva il rispetto della divisa e di quello che essa rappresentava.

Salvatore per la sua giovane età risultò il bersaglio più semplice e meno protetto. Nei giorni che precedettero la sua uccisione girava la voce che sarebbe stato ammazzato, sapeva benissimo infatti quale sarebbe stato il suo destino. Proprio come lo Stato che non scappa davanti alle difficoltà, decise di andare incontro a quella amara sorte. Dichiarò, infatti, a sua madre pochi giorni prima: «So di dover morire, me lo hanno detto ma non ho paura, io sono un Carabiniere!». A seguito del pensionamento di mio padre e dei miei zii, decidemmo di fondare una Cooperativa, in memoria di Salvatore e di quanti, come lui, hanno subito un torto così atroce.

La cooperativa sociale, che si chiama “Nuvoletta Per Salvatore”, è oggi assegnataria di un bene confiscato, non a caso a Marano di Napoli. Mi piace sottolineare, e lo faccio ogni qual volta ne ho occasione, che un bene confiscato non è dell'ente che lo ha in gestione, bensì è della collettività, ognuno deve sentirsi partecipe e fautore. Se la camorra o le mafie in generale hanno radicato così profondamente è proprio perché non è stato fatto niente affinché questo cancro non crescesse. La nostra mission è tanto semplice quanto ardua. Creare una Fattoria Sociale, partendo proprio dalla natura. Come ricorda spesso Ilaria Signoriello, mio faro e portavoce del Forum Nazionale dell'Agricoltura Sociale, «la natura non ha pregiudizi; essa accoglie chiunque senza mettergli etichette». Ogni mattina, all'alba, trecentosessantacinque giorni l'anno andiamo a “lavorare” lì. Enrico si occupa di tutti gli animali che già abitano la fattoria, le oche, le galline, le caprette, l'asinella e i tacchini appena sentono arrivarlo con la macchina iniziano ad essere irrequieti; io e Fortunato ci occupiamo della struttura, dell'orto e del vigneto, mentre Gennaro si occupa di rapporti esterni. Attraverso la produzione di un ottimo vino Falanghina Doc dei Campi Flegrei, che abbiamo deciso di intitolare ad Attilio Romanò, un altra vittima innocente della criminalità organizzata, la produzione di ortaggi con metodi naturali e l'allevamento di galline ovaiole all'aperto e a terra, promuoveremo l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate e attività ludico-ricreative per i più piccini, creando un luogo di inclusione sociale per tutti e senza limiti di età. Permettetemi di ringraziare pubblicamente quanti, nelle loro vesti, posizioni e possibilità, come noi sono “folli sognatori”: essi sono di fondamentale aiuto e ci sostengono in questa immane avventura.

In primis il Consorzio S.O.L.E., che insieme alla partecipazione dell' avvocato Saverio Griffo in rappresentanza del Comune di Marano hanno permesso l'affidamento del bene. Durante il percorso molte persone hanno permesso che il treno della legalità potesse sconfiggere quella burocrazia farraginosa tipica del panorama Italiano. Fortunatamenente esistono ancora persone che non pensano solo al vile denaro e che offrono la loro grossa esperienza e professionalità. L'architetto Armando P., per noi “Cuore d'Oro”, per esempio, ci ha realizzato tutto il progetto che servirà per la realizzazione della Fattoria; Pasquale Laudando, attraverso il suo studio di commercialista, ci guida nella gestione della contabilità; la Fondazione Polis e Libera ci stanno sostenendo nella fase di etichettatura del vino, il tutto a titolo gratuito. Voglio ringraziare, inoltre, il Prefetto Reppucci che guida il Comune di Marano, ora commissariato, che ha fin da subito testimoniato, in un contesto così difficile, la presenza dello Stato e della Legalità insieme al sempre presente tenente Tessitore della locale Tenenza. Ci sarebbero ancora tante altre persone da ringraziare e sicuramente ne avrò dimenticate parecchie. Infine, voglio ricordare l'insostituibile figura del nostro padre spirituale: Don Luigi Merola, un amico, un fratello, un pilastro.

*Nipote di Salvatore Nuvoletta
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