Politiche integrate di sicurezza, la riflessione di Ernesto Savona (Transcrime)

Politiche integrate di sicurezza, la riflessione di Ernesto Savona (Transcrime)
di Ernesto U. Savona*
Mercoledì 5 Agosto 2020, 15:40
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Il volume “Politiche integrate di sicurezza”, curato da Vittorio Martone, che riprende le attività della Fondazione Polis, ha molti meriti. Tra questi, quello di declinare il tema della sicurezza urbana, oggi, e di affrontare in modo innovativo due rami di questo problema, quello della protezione delle vittime e quello del riuso dei beni confiscati alle organizzazioni criminali. Su ciascuno dei due la Fondazione Polis ha una sua storia ed un potenziale futuro che va articolato in idee e proposte. Provo ad indicare alcune piste di lavoro, lasciando poi alla collaborazione tra Polis ed Università di Napoli Federico II il loro possibile sviluppo.

Sulla protezione delle vittime delle organizzazioni criminali si è detto molto in termini di risarcimento e di assistenza ma poco in termini di prevenzione al fine di evitare che cresca il reclutamento da parte delle organizzazioni criminali. Vittime che diventano autori. Durante il mio intervento alla presentazione del volume ho suggerito di sviluppare ulteriormente le conclusioni del progetto Proton del Programma della Ricerca Europea Horizon 2020 (https://www.projectproton.eu/) da me coordinato. In questo progetto si sono simulati alcuni interventi diretti proprio a ridurre il reclutamento e la proliferazione di gruppi criminali e si è valutata la loro efficacia. Tra questi il più importante sembra essere la separazione dei figli da genitori criminali. Efficace in contesti criminali caratterizzati dal doppio legame familiare/criminale. Un intervento nato dall’esperienza del Giudice Di Bella a Reggio Calabria ed in costante diffusione. Analizzare le condizioni ed i limiti di interventi di questo tipo e la loro estensione a realtà diverse da quella calabrese può essere una pista di ricerca innovativa ed utile ad interventi mirati.

Sul secondo “ramo” del problema, il riuso dei beni confiscati, ho molto apprezzato il capitolo di Antonio Rapicano nel volume curato da Vittorio Martone, che riguarda i criteri di misurazione dell’impatto economico del riuso dei beni confiscati. Anche questa è una pista di ricerca che andrebbe sviluppata offrendo ai vari enti che spendono per il mantenimento di questi beni criteri oggettivi per la sostenibilità economica dei beni stessi, dal momento della loro confisca alla decisione sul loro riuso o su altre alternative. Indicatori di impatto delle diverse opzioni possono essere sviluppati tenendo anche conto dell’impatto sociale che il riuso o il mancato riuso può produrre.

Riuscire a scegliere il destino sociale ed economico utilizzando criteri solidi e trasparenti per la sua destinazione sarebbe un grande progresso nella gestione di questi beni e permetterebbe di ridurre alcuni sprechi del passato. Servirebbe anche a responsabilizzare le amministrazioni richiedenti ad utilizzare in modo “sociale” il bene ricevuto. Moltiplicando in questo modo la diffusione di una lotta alla criminalità organizzata fatta di confische ma anche di restituzioni sociali mirate ad un investimento nel sociale che “il riuso” si propone di raggiungere.

C’è un altro aspetto del problema delle confische che va sottolineato e riguarda le confische dei beni tenuti dalle nostre organizzazioni criminali all’estero. Se in Italia le capacità di confisca sono ad un ottimo livello, lo stesso non si può dire per il reciproco riconoscimento delle confische da parte degli altri Paesi anche dell’Unione Europea. Una vulnerabilità della disciplina delle confische ancor più rilevante oggi, considerate le evoluzioni internazionali delle organizzazioni criminali. Queste hanno capacità di investimento all’estero, dove, a causa delle asimmetrie regolative e delle difficoltà di cooperazione, non corrispondono le stesse capacità di confisca che abbiamo oggi in Italia. In Europa si è consapevoli di ciò ma ci sono ostacoli e difficoltà operative. C’è l’impegno a superarle. L’Italia può dare un grande contributo in questa direzione.


*Direttore di Transcrime (Joint Research Centre on Transnational Crime) Università Cattolica di Milano
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