Quelle vittime innocenti venute da lontano

Quelle vittime innocenti venute da lontano
di Mario Morcone *
Lunedì 26 Settembre 2022, 18:44 - Ultimo agg. 27 Settembre, 11:34
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La Regione Campania da anni segue e accompagna storie e vicende di vittime innocenti della criminalità e delle loro famiglie, un’attività di cui siamo orgogliosi e che si fa sempre più intensa a tutela di chi, nella nostra terra, rimane vittima direttamente - o indirettamente è coinvolto - da soprusi e dalla violenza delle organizzazioni criminali o di singoli gesti.

E tuttavia, anche in questa attività, sicuramente di particolare valore morale, scontiamo pregiudizi e una qualche mancanza di coraggio sul tema dei diritti, già così in discussione in questa fase della storia del nostro Paese.

Parlo delle vittime innocenti provenienti da Paesi terzi e delle tante storie di sopruso che maturano verso chi è più fragile e ha meno strumenti per garantirsi un percorso di vita giusto e rispettoso nella nostra comunità civile.

La vicenda di Jerry Masslo, che risale al 1989, e quindi a trenta anni fa, non è rimasta un caso isolato.

Certo, in sua memoria, a Villa Literno, ogni anno si svolgono commemorazioni e sulla sua storia tragica si sono impegnati, sul terreno dell’accoglienza e dell’aiuto, tante personalità.

Ma non rimane un caso isolato.

Abbiamo il dovere di ricordare la strage del settembre del 2008, quando Setola, Granato, Cirillo e Letizia si rendevano autori di una strage definita dalla Corte di Cassazione aggravata dal metodo mafioso, dall’odio razziale e dall’aver agito per futili motivi.

Anche questo episodio ha trovato un posto significativo nella memoria collettiva attraverso iniziative di ricordo, commemorazioni e numerose pubblicazioni.

Tanti altri, però, che pure hanno subito e che ancora subiscono ogni forma di offesa alla propria vita, non hanno avuto lo stesso rilievo.

Penso alla storia di Petru Birladeanu o della badante ucraina Galyna Dotsyak.

Penso a Ismalia Diolla, vittima che ha pagato con la vita la rivendicazione dei propri diritti, e a Ibrahim Kamara, che per la stessa ragione rimase ferito.

Penso allo sfruttamento di tanti che si sono illusi di poter, con il proprio lavoro, costruirsi un futuro da noi e che sono stati traditi dalla cattiveria e dall’avidità di nostri concittadini, di cui dovremmo vergognarci.

Finanche l’atto eroico di Anatolij Korol, per il quale il Presidente della Repubblica ha consegnato alla vedova la medaglia al valor civile, sfuma lentamente nella memoria di tutti noi, nonostante il tentativo di intitolargli momenti di sport e iniziative sociali.

Sono tante le storie dolenti che ci hanno accompagnato in questi anni, storie di sfruttamento, come abbiamo detto, ma anche di femminicidi, di intimidazioni, di sopraffazioni, di chi, in stato di bisogno, ha minore capacità di difendersi.

Eppure, una maleodorante retorica continua a presentare la presenza di cittadini di Paesi terzi nel nostro Paese, come foriera di insicurezza e pericolo per le nostre famiglie.

È sconcertante l’idea di chi immagina che queste persone dovrebbero limitarsi a lavorare in silenzio, nelle condizioni che sono loro imposte, per scomparire nel nulla nelle poche ore libere che vengono loro concesse.

E, soprattutto, non dovrebbero infastidire con la loro stessa presenza una comunità che non riconosce loro il ruolo e i bisogni di persone come tutte le altre, con diritti e - certamente - doveri reciproci, come per ciascuno di noi.

Fondazione Polis vuole farsi carico anche di questi, senza consentire che si possa chiudere un occhio su una cultura fatta di discriminazione, pregiudizio, in sostanza di ottuso egoismo. Prima le persone. 

* Assessore alla Sicurezza, Legalità, Immigrazione della Regione Campania

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