C’è del pulp all’Eur. La gioia sanguinolenta del parricidio è l’unico elemento che si prende veramente la scena nella kermesse stellata. Quando dal palco viene annunciato che Grillo è stato cancellato come garante, e poi sparirà pure dall’album dei ricordi e finirà oggetto della damnatio memoriae, parte l’applauso più fragoroso. Come se Beppe fosse diventato un nemico peggiore di quanto lo sia Meloni. Anzi, con Giorgia il nuovo corso stellato ha già cominciato a inciuciare sulla Rai e Conte guarda caso sarà la superstar dell’opposizione alla festa di Atreju tra pochi giorni.
E quando proprio il nuovo monarca annuncia che per Grillo è finita, ossia se ne resti a bordo piscina in quel di Genova senza più ruolo e senza più soldi che gli sono stati dati finora (330mila all’anno), gli ex grillini da lui inventati e foraggiati in tutti questi anni vorrebbero quasi sventolare un cappio, certe abitudini non si dimenticano, oppure sotto al palco circolare del palazzo dei congressi sgranano gli occhi: «Grillo? Grillo chi?». Quello che va in scena alla fine di questa costituente o ricostituente è il festival intitolabile «la riconoscenza è il sentimento del giorno prima».
Questa la morale della due giorni, in cui a una vecchia monarchia senescente e ormai e esaurita se ne sostituisce un’altra ed è tutta una corsa tra i big e i peones del contismo che ha raggiunto il suo obiettivo principale - sbarazzarsi definitivamente del padre insopportabile - a toccare ferro. «Quel che dovevamo fare, ossia cambiare tutto, lo abbiamo fatto», dice per esempio l’ex ministro Patuanelli. Basterà per salvare le penne?
Tanta voglia di mangiarsi Grillo come lui mangiava i grilli veri in scena in uno dei suoi spettacoli teatrali, e Conte ci mette il condimento: «Non mi sarei mai aspettato, lo dico col cuore, di avere il nostro garante di traverso e a gamba tesa». L’evocazione del Nemico diventa inebriante.
I RESUSCITATI
E il 63,2 per cento dei votanti in favore della cancellazione di Beppe ha il senso di un rituale di degradazione che si unisce al sospiro di sollievo per l’altra cifra simbolo: il 72 per cento dei votanti per la modifica del tetto dei due mandati. I maggiorenti in sala sono euforici per questo che chiamano «il diritto alla sopravvivenza politica», ossia magari a farsi casta, se si volesse usare la vecchia retorica stellata, e si sentono dei resuscitati. Ecco Vito Crimi sparito ma riapparso: si prenota per il prossimo Parlamento, così potrà di nuovo abbioccarsi in aula? Paola Taverna, che è stata vicepresidente del Senato ma poi via a causa di quella maledetta tagliola dei due mandati, si fa selfie come ai vecchi tempi e sprizza di speranza personale e politica: «E’ la quarta volta che rifondo il Movimento, speriamo sia quella buona». E che letizia per l’ex ministro Bonafede. Per non dire di Roberto Fico, uno di quelli a cui Grillo (chi?) era più affezionato ma basta con il passato e avanti tutta verso la candidatura a presidente della Regione Campania, se M5S riesce a chiudere l’accordo con il Pd e a trovare ancora qualche voto. In linguaggio travagliesco, più che soffrire gli iper-grillini s’offrono: al nuovo sovrano, a Conte che ha fatto fuori Casaleggio, Di Maio e ora l’Innominabile genovese e guai a mettersi di traverso. Baciano la pantofola tanti ex fatti fuori dalla tagliola e riapparsi a caccia di nuovi posti al sole: da Giulia Sarti a Alberto Airola, da Giuseppe Brescia a Gianluca Castaldo e a Stefano Buffagni.
I nuovi inizi di solito avvengono in un clima di entusiasmo strabordante, ma adesso le passioni politiche sono fiacche anche in chi le sbandiera. E quindi, parricidio a parte, pochi brividi. La sala è affollata di teste canute: i contiani sono per lo più 50enni (i pochi giovani vengono messi in bella mostra nelle immagini) esattamente come in molte adunate del Pd e degli altri partiti tradizionali.
LE VICEREGINE
Le donne sono quelle che contano davvero nel partito nuovo (la citazione togliattiana è involontaria) ed eccole le vice-star di Giuseppe: Mariolina Castellone e Chiara Appendino (nessuno crede che abbia la forza di fare la fronda, anche se forse la vorrebbe fare, contro l’abbraccio contiano al Pd), Floridia e Taverna e soprattutto Alessandra Todde, governatrice sarda considerata un po’ Nilde Jotti. Ma sia loro sia tutti gli altri, con questi chiari di luna elettorali, sembrano in modalità io speriamo che me la cavo.