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Bollette, i partiti: subito aiuti sul gas. Ma Draghi prende tempo: prima i dati

Salvini: «Armistizio e vediamoci». Calenda disponibile, Letta cauto

Bollette, i partiti: subito aiuti sul gas. Ma Draghi prende tempo: prima i dati
Bollette, i partiti: subito aiuti sul gas. Ma Draghi prende tempo: prima i dati
di Andrea Bulleri
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 29 Agosto 2022, 00:02 - Ultimo agg. : 09:37
5 Minuti di Lettura

La richiesta risuona pressoché unanime da una parte e dall’altra dello scacchiere politico: «Tempestività». Bisogna «intervenire subito», dicono i partiti alle prese con la campagna elettorale, per calmierare il prezzo del gas che rischia di strozzare famiglie e imprese. Ed ecco che da destra, dal centro e da sinistra partono in sincrono gli appelli al governo Draghi, in carica per gli affari correnti, per mettere subito un nuovo freno all’impennata delle bollette.

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La mappa dei rincari

Comincia il numero uno della Lega Matteo Salvini, che invoca un «armistizio» tra i leader alla ricerca di «soluzioni comuni» sul caro energia, e quantifica in «30 miliardi di euro» il pacchetto di interventi necessari. Plaude Carlo Calenda, il primo a proporre un «time out» della corsa alle urne per discutere di bollette. E propone un incontro immediato tra i vertici delle forze della (ex) maggioranza: «Sediamoci a un tavolo». E se dal M5S Giuseppe Conte si dice «disponibilissimo» a un confronto in parlamento, dal Pd frena Enrico Letta, che ribadisce la propria «fiducia» a Draghi: «Siamo sicuri che riuscirà a portare a termine un intervento tempestivo. I partiti – è l’appello – lo sostengano. Noi lo sosterremo». 

A raffreddare gli animi, imponendo a tutti i protagonisti della contesa un bagno di realtà, ci pensa però lo stesso premier. Per nulla disposto a lasciarsi trascinare dai partiti alla ricerca di consensi in una gara di velocità. Al contrario: Draghi intende proseguire nel solco di quanto fatto finora. Innanzitutto a livello di metodo. E quindi: il governo monitora l’emergenza rincari, e lavora a nuovi provvedimenti «pancia a terra», filtra da Palazzo Chigi. Ma prima si studia la situazione, è la sintesi, poi si fa. 

GLI INTERVENTI

I contatti tra il premier, il sottosegretario Roberto Garofoli e i ministri Daniele Franco e Roberto Cingolani – i due membri dell’esecutivo più impegnati sul nuovo pacchetto di misure – restano costanti. Ma i tempi per un intervento non sono ancora del tutto maturi. Perché le misure allo studio dell’esecutivo sono molteplici. 
A cominciare dalla proroga dei provvedimenti in scadenza il 20 settembre, come il taglio da 30,5 centesimi al litro alle accise sui carburanti. E poi l’ipotesi di rafforzare i crediti di imposta per le imprese energivore e “gasivore”, magari estendendoli anche agli esercizi commerciali, e quella di garantire alle aziende “pacchetti” energetici di produzione nazionale a prezzi calmierati. Tante possibili strade, ma tutte da approfondire. 
«Il dossier – è il mantra ripetuto a Palazzo Chigi – va studiato a fondo». Anche e soprattutto nei costi, stimati in almeno 10-15 miliardi. E poi bisogna attendere il gettito fiscale di agosto, capire con precisione a quanto ammonta l’extra per rifinanziare i provvedimenti in scadenza e cercare nuove risorse tra le pieghe del bilancio.

Tutte questioni che saranno affrontate già a partire domani, nella riunione convocata a Palazzo Chigi per fare il punto sulla situazione. Poi si faranno «i conti»: «Ciascuna voce ha un costo e vanno trovate le relative coperture». Mai come in questo caso, insomma, la fretta potrebbe rivelarsi una pessima consigliera, è la linea del governo. Perché le risorse, pur rese disponibili dal buon andamento dei conti pubblici, non sono illimitate. E la linea rossa tracciata da Draghi resta netta: lo scostamento di bilancio, ossia debito pubblico aggiuntivo, «non si farà». Punto. Chi in queste ore è vicino al premier assicura che Draghi non ha alcuna intenzione di farsi trascinare nella campagna elettorale. Dunque ogni richiesta verrà ascoltata, ma l’esecutivo proseguirà sulla propria strada. 

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IL PRESSING

Un altolà che però non sembra frenare il pressing dei partiti. Pressioni alle quale si aggiunge l’appello dei governatori leghisti di Lombardia, Friuli, Trentino, Umbria, Sardegna e Veneto: bisogna «intervenire con efficacia coinvolgendo subito il parlamento», chiedono i sei presidenti, altrimenti si rischia la «desertificazione delle realtà produttive e la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro in brevissimo tempo». Provvedimenti «subito», insomma, così come chiedono i leader. «Il governo tuteli famiglie e imprese dal caro bollette», invoca anche il vicepresidente forzista Antonio Tajani.

Replica pungente Calenda: «Hai sfiduciato Draghi, abbi il buon gusto di tacere». Il leader di Azione insiste: «Inutile chiedere misure al premier se prima non ci vediamo noi – rilancia – Incontriamoci, sono giorni che lo dico a tutti i leader». E se Salvini (così come Conte) propone di «riunire il Parlamento» a stretto giro, assicurando che anche Berlusconi e Meloni sarebbero d’accordo sull’imporre una tregua alla campagna elettorale, più freddo si mostra Letta. «Noi le nostre proposte le abbiamo già avanzate – è la linea del Nazareno – Tetto al prezzo della luce e bolletta “sociale” per famiglie in difficoltà. Lasciamo lavorare Draghi con la massima tempestività. Ma non inseguiamo Calenda e Salvini su queste frenesie tardo-adolescenziali. Per problemi seri – la stoccata finale dei dem – servono persone serie». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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