Arata al figlio di Nicastri: «Siri? Gli do 30 mila euro»

Arata al figlio di Nicastri: «Siri? Gli do 30 mila euro»
di Michela Allegri
Domenica 21 Luglio 2019, 22:15 - Ultimo agg. 23 Luglio, 10:43
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Messo di fronte alle intercettazioni, Manlio Nicastri non ha potuto negare. E ha ammesso di essere a conoscenza del piano di Paolo Arata: corrompere l’ex sottosegretario della Lega, Armando Siri, con 30mila euro, per ottenere in cambio emendamenti favorevoli alle sue aziende nel settore dell’eolico delle quali Vito Nicastri, padre di Manlio, era socio occulto. «Gli do trentamila euro, perché sia chiaro tra di noi, io ad Armando Siri, ve lo dico». A parlare è Arata, in un’ambientale captata dagli inquirenti tramite il suo cellulare che, grazie ad un trojian piazzato dalla Procura, era stato trasformato in una microspia. Sarebbe questa la nuova conversazione in mano agli investigatori della Dia di Trapani e che aggrava la posizione del politico leghista, indagato a Roma per corruzione proprio per quella presunta tangente a cui, secondo l’accusa, sarebbe seguito il suo tentativo - non andato a buon fine - di inserire nel Def emendamenti ad hoc. L’intercettazione è stata contestata dai pm di Roma a Manlio Nicastri che, interrogato a Palermo, ha fatto dichiarazioni considerate fondamentali e che verranno quindi cristallizzate in un incidente probatorio.

Mentre Arata parla, sono presenti anche suo figlio e, appunto, Manlio Nicastri, figlio del re dell’eolico Vito. Nicastri senior all’epoca era ristretto agli arresti domiciliari, mentre ora è in carcere per corruzione e concorso esterno in associazione mafiosa, nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Palermo su un giro di tangenti alla Regione Siciliana. Per gli inquirenti, avrebbe anche favorito la latitanza della primula rossa di Cosa nostra, il boss Matteo Messina Denaro. Nelle scorse settimane ha iniziato a collaborare con la Procura. E il pm Mario Palazzi, titolare del fascicolo romano insieme all’aggiunto Paolo Ielo, ha ascoltato a Palermo sia lui che il figlio. Anche Vito Nicastri ha fatto dichiarazioni importanti, che ripeterà giovedì, a Roma, in sede di incidente probatorio.

Manlio, infatti, ha raccontato di avere riferito del piano di Arata al padre. E Vito Nicastri ha detto che per le sue aziende quell’emendamento era fondamentale, perché gli avrebbe evitato di perdere milioni di euro. Avrebbe aggiunto che quando aveva saputo che Arata era in grado di intercedere e ottenere favori, grazie ai legami ai piani alti della politica intrecciati quando era deputato di FI e anche grazie ad eventuali pagamenti, era stato d’accordo a procedere con le elargizioni. Le provviste per le tangenti - è un altro dettaglio su cui la procura sta indagando - sarebbero state messe da parte grazie ai fondi in nero delle società.

Ma agli atti ci sono molte altre conversazioni che rischiano di mettere nei guai l’ex sottosegretario. «Siri ci lavora un secondo per guadagnare trentamila euro», aveva detto Arata in un’altra intercettazione. E ancora: «Armando è un carissimo amico». «Guarda che l’emendamento passa», aveva invece aggiunto il 10 settembre dello scorso anno, mentre il suo cellulare registrava ogni parola. Il riferimento, per l’accusa, era proprio alla norma - mai licenziata - che avrebbe portato milioni di finanziamenti al settore del mini-eolico. «L’emendamento è importante. Sono milioni per noi l’emendamento, che c...», aveva ribadito nella stessa conversazione. E di nuovo: «Il biometano l’ho fatto inserire anche nel programma tra Lega e Cinque Stelle, proprio da Armando Siri». In quel periodo, sottolineano gli investigatori, Arata stava lavorando proprio per creare un impianto di biometano in provincia di Trapani. Erano state queste conversazioni a spingere il procuratore aggiunto di Palermo, Paolo Guido, a inviare ai colleghi della Capitale la parte dell’inchiesta che riguarda il politico leghista.

 

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