Spaventa Salvini il movimento anti-salvinista e centrista in Forza Italia. Quelli della Lega parlano di una vera e propria «rivolta» contro l’asse sovranista del centrodestra. C’è una doppia paura - quella di andare in ordine sparso nella partita del Colle risultando non determinanti e quella di disunirsi in vista delle politiche del 2023 con il rischio di non vincerle - dietro la mossa del capo del Carroccio fatta ieri. Salvini chiama Berlusconi, in una pausa del processo a Palermo per Open Arms, e gli dice che «ci vedremo la settimana prossima insieme anche con i sei ministri, i nostri e i vostri di Forza Italia, perché ci sono da affrontare la manovra, la legge sulla concorrenza, la riforma degli appalti, la delega fiscale, la riforma della pubblica amministrazione». E dopo aver telefonato a Silvio, Salvini manda un messaggio benevole e collaborativo a Giorgia Meloni per dirle la stessa cosa: stare uniti e andare avanti insieme. Lo stesso mood in cui sta la leader di Fratelli d’Italia, tanto è vero che - riguardo alle indiscrezioni anti-FdI uscite di straforo dalla riunione di Salvini con i parlamentari leghisti l’altro giorno - minimizza: «Non sarà un audio, per di più rubato, a far litigare Lega e FdI».
I movimenti
Il fatto è che il Parlamento ribolle, che la fronda centrista dentro FI può crescere e che i voti centristi presi da Calenda a Roma preoccupano esattamente come preoccupa tutto il movimento che si sta facendo nell’area che guarda sempre più a Draghi anche in abiti da leader politico del futuro.
Il rosatellum
Salvini, Meloni e Berlusconi hanno estremo bisogno di compattarsi tra di loro e di non perdere nessun pezzo, anche perché i calcoli che fa il capo del Carroccio ma non solo lui sul voto del 2023 dicono questo: con l’attuale legge elettorale, il Rosatellum, senza il 7 per cento di Forza Italia che infatti va blandita e vezzeggiata («Silvio al Quirinale!», è il mantra lumbard) Lega e FdI dovrebbero conquistare il 70 per cento dei collegi per andare al governo. Con gli azzurri, la quota cala al 60 per cento. Traguardo non facile da raggiungere, ma se Brunetta, Calenda e gli altri, magari con l’aggiunta di Berlusconi dopo la probabile delusione Colle si mettono insieme, bye bye Palazzo Chigi.