Conte e Letta, convivenza forza: il campo largo si sta sgretolando, su armi e ambiente i due sono ormai alle corde

Il “campo largo” del Pd e 5Stelle si sta sbriciolando

Conte e Letta, convivenza forza: il campo largo si sta sgretolando, su armi e ambiente i due sono ormai alle corde
Conte e Letta, convivenza forza: il campo largo si sta sgretolando, su armi e ambiente i due sono ormai alle corde
di Alberto Gentili
Venerdì 13 Maggio 2022, 12:57 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 03:42
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Il “campo largo” del Pd e 5Stelle si sta sbriciolando. Rischia di evaporare da qui alle elezioni del 2023. Giuseppe Conte, alla disperata ricerca di consensi dopo mesi di sondaggi in picchiata, da qualche settimana ha rispolverato l’approccio populista e scelto la strada del pacifismo e dell’ambientalismo old style. Ed Enrico Letta, nonostante la sua proverbiale pazienza, comincia a essere «un po’ stufo», come dicono i suoi.

LE INTEMERATE

A far precipitare la situazione, nonostante che alle elezioni comunali di giugno Pd e 5Stelle saranno alleati un po’ ovunque, è la nuova linea scelta da Conte. Il leader pentastellato non fa passare giorno senza attaccare Mario Draghi e il suo governo. Ieri si è spinto a dire che il premier «non ha il mandato politico» per guidare un esecutivo che deve fronteggiare l’emergenza-guerra. Immediata la replica del segretario del Pd che di Draghi è il più convinto sostenitore e proprio per questo è premiato dai sondaggi: «C’è stato un voto in Parlamento all’inizio di un percorso chiaro e netto che ha trovato un consenso largo. Poi se c’è bisogno di aggiornare si aggiorna, se deve esserci un voto si voti, noi non abbiamo nessuna paura».

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IL “PACIFINTO”

Il punto di maggiore attrito tra Pd e 5Stelle è quello che i dem chiamano “pacifinto” di Conte. Il capo del Movimento, cercando di intercettare il malcontento montante nel Paese contro la guerra e contro il rischio di un coinvolgimento dell’Italia nel conflitto, non vuole che il governo invii nuove armi all’Ucraina. E, senza spiegare come ha maturato questa convinzione, ieri sera in tv ha detto che in quel Paese «c’è una sufficiente concentrazione di armi». Frase che ha scatenato un misto di perplessità, fastidio e ilarità tra i dem: «Giuseppi è diventato un analista bellico....», ghigna un alto dirigente del Pd.

IL NODO DRAGHI

Tra l’altro Draghi se ne infischia delle sparate di Conte e la prossima settimana dovrebbe battezzare il nuovo decreto interministeriale con una nuova trance di armamenti a Kiev. La ragione: il premier spinge, come ha dimostrato a Washington, per la pace e la ripresa dei negoziati, ma nel frattempo sa che l’Ucraina (per portare Putin a trattare) deve potersi continuare a difendere. Da qui l’allineamento sulle posizioni atlantiste (sanzioni comprese). Ma con la massima attenzione a quei sentieri diplomatici che l’americano Joe Biden e l’inglese Boris Johnson (che non hanno la guerra ai confini...) per ora non sono molto interessati a percorrere, nella speranza di spingere Putin alla sconfitta.

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LA DIVARICAZIONE

Concetti che Conte non sembra comprendere o non dare importanza, impegnato com’è a cercare (disperatamente) di risalire nei sondaggi. E non solo cavalcando il pacifismo, ma anche l’ambientalismo vecchia maniera, come dimostra la battaglia contro il termovalorizzatore di Roma. Con un problema: quel termovalorizzatore, che risolverebbe l’eterno guaio dei rifiuti a Roma, lo vuole il sindaco del Pd Roberto Gualtieri. E Letta è con lui.

LA SPINTA PER L’ADDIO

Vista la situazione, entrambi i promessi sposi del “campo largo” hanno cominciato a lavorare alla separazione consensuale. Alla rottura morbida. Come? Provando a cambiare la legge elettorale e rispolverando il vecchio proporzionale. Un sistema che non obbliga i partiti a coalizzarsi (non ci sono collegi maggioritari) e rinvia la scelta degli alleati per formare il governo una volta che le urne sono chiuse. Insomma, “mani libere per tutti”. E proprio la voglia di Letta (che proporzionalista non era e non è) di ripescare il sistema di voto della Prima Repubblica (ricordate il pentapartito, il quadripartito?) è la prova provata che il segretario del Pd di Conte tornato populista non ne può proprio più. E che il “campo largo” si sta sgretolando.

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