Conte, il gelo degli alleati. M5S e Pd: impegno e meno passerelle

Conte, il gelo degli alleati. M5S e Pd: impegno e meno passerelle
Conte, il gelo degli alleati. M5S e Pd: impegno e meno passerelle
di Mario Ajello
Domenica 14 Giugno 2020, 09:34 - Ultimo agg. 11:34
4 Minuti di Lettura

Conte dice che «il Paese non ci consente di fare una kermesse». E nei piani alti del Pd si commenta: «Appunto». Ecco, c'è come un'aria di freddezza, per non dire d'irritazione, in larga parte dei dem nei confronti di un evento che non sono riusciti ad evitare, che non hanno avuto il coraggio di smontare e che obtorto collo il Pd ha finito per assecondare restandoci impigliato.

Il Colle: servono atti concreti. La Ue: l’Italia faccia le riforme

Il premier e l’elogio di Villa Pamphili: quando la politica insegue la bellezza
 





Ma non solo i ministri dem, anche quelli stellati sembrano partecipare all'avvio degli Stati Generali quasi per dovere d'ufficio. Mentre nel corpaccione di entrambe le forze politiche, a livello parlamentare e di vertice, il senso di estraneità è difficile da nascondere. In M5S per lo più il mood è questo: «Questi Stati Generali sono così generali, per non dire generici, che il tema della giornata è stato d'accordo sul vaccino di Speranza invece che l'economia». Di più, come dice off record uno dei big: «Sarebbe curioso sapere quanto siano costati agli italiani, visto che abbiamo sentito dire che non verrà sprecato un euro».

LE SPALLE COPERTE
La neo-diffidenza per Conte, al netto della partecipazione ufficiale dei ministri, dei due partiti che sostengono l'esecutivo è il dark side non illuminati dai riflettori di Villa Pamphilj. E il tema della «concretezza», o meglio della mancata concretezza almeno per ora, è quello su cui Pd e M5S sentono di avere le spalle coperte in alto loco istituzionale. Il presidente Mattarella e il governatore della Banca d'Italia, Visco, con il loro «servono risultati concreti», fungono da punto di riferimento per la freddezza grillo-dem. E «concretezza-concretezza-concretezza e non passerelle» è il refrain che s'invoca da quelle parti. Dove si litiga su quasi tutto ma ci si trova uniti non perché Franceschini e Di Maio se ne sono andati insieme anticipatamente dagli Strati Generali a causa o grazie ad altri impegni ma in quanto a entrambi i partiti quella che viene chiamata «la doppiezza» di Conte comincia sempre di più ad essere sopportata poco. Doppiezza?

A sinistra la descrivono così: «Al mattino il premier strizza l'occhio al Pd e il pomeriggio a M5S. Non va bene». E perfino il sindaco milanese Beppe Sala, non amato da tutti nel Pd, viene visto in queste ore come un grande saggio: «Se gli Stati Generali saranno utili lo vedremo solo alla fine. Il rischio è che si tratti di un brainstorming infruttuoso». E il presidente campano De Luca, ormai intoccabile nelle gerarchie dem, sfotte il super-evento di Villa Pamphilj tra i sorrisini compiaciuti dei suoi colleghi di partito: «Gli Stati Generali di Conte dureranno 10 giorni, come il Consiglio ecumenico cristiano di Nicea». Che, convocato nel 325 d. C. dall'imperatore Costantino, si propose di ristabilire la pace religiosa e l'unità dogmatica messa a rischio da varie dispute. Qui, se vogliamo giocare con la storia, per Conte ricomporre le fratture che riguardano la sua premiership e il suo governo non è detto che sarà un impegno più semplice di quello che toccò a Costantino. E comunque, come a bilanciare la fattività che manca finora a Villa Pamphilj, ieri i deputati meridionali del Pd, mentre i grandi d'Europa partecipavano alla festa di Conte, hanno lanciato «tre proposte concrete» sulla fiscalità per il Sud. E Zingaretti, da governatore, a sua volta ha fatto cose (come si dice a Roma): firmando l'ordinanza per la riapertura nel Lazio di fiere, congressi e discoteche.
 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA