Coronavirus, al consiglio Ue intesa solo sul rinvio. Ultimatum di Conte

Coronavirus, al consiglio Ue intesa solo sul rinvio. Ultimatum di Conte
di Antonio Pollio Salimbeni
Venerdì 27 Marzo 2020, 07:19 - Ultimo agg. 12:24
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BRUXELLES Non è stato uno scontro su tutta la linea, ma solo su una parte, tuttavia una parte molto importante, strategica, della risposta europea alla crisi del secolo. E così i 27 leader hanno discusso per ore per videoconferenza senza trovare una soluzione condivisa. Inevitabile l'accordo a rinviare le decisioni di un paio di settimane. È stata una riunione difficile, a tratti molto dura. Con il premier Conte e lo spagnolo Sanchez che a un certo punto hanno respinto la bozza di conclusioni perché «deludente e insufficiente» e chiesto di ricominciare da capo, affidando ai presidenti di Commissione, Consiglio, Eurogruppo, Bce e Parlamento il compito di definire entro 10 giorni nuove proposte. «Dieci giorni per battere un colpo», ha detto Conte. Subito si è parlato di ultimatum, tuttavia la riunione si è prolungata. E alla fine è stato deciso di non decidere. Le divergenze sulla sostanza restano, a dimostrazione di quanto sia ancora lunga la strada per un salto di qualità nella politica europea.

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Su una delle due questioni sul tavolo, le condizioni dei prestiti agli Stati da parte del Meccanismo europeo di stabilità, i 27 hanno chiesto all'Eurogruppo di presentare delle proposte entro due settimane. Si parla di proposte e non di aspetti tecnici, il che amplia lo spettro del negoziato tra i ministri che dovranno «tenere conto della natura senza precedenti dello shock Covid-19 che colpisce tutti i Paesi». E le proposte «saranno rafforzate, se necessario, con ulteriori azioni in modo inclusivo, alla luce degli sviluppi, al fine di fornire una risposta globale». Il fraseggio è tortuoso. Poi la exit strategy, come tornare alla normalità una volta superata la crisi sanitaria. La strategia deve essere coordinata, occorre «un piano di ripresa complessivo e investimenti senza precedenti».
 



LE QUESTIONI
La divisione dei due campi resta. La questione del Mes è importante per calmare i mercati che a un certo punto potrebbero reagire male contro qualche Stato esposto per l'aumento del debito: chi ce l'ha già molto alto, come l'Italia, rischia grosso. Il Mes prevede una condizionalità stretta, anche se in questo caso un po' meno. Inaccettabile usare le stesse procedure della crisi del debito sovrano (tipo Grecia), dicono Conte e Sanchez. Macron è d'accordo. Poi il coronabond, l'emissione di una obbligazione comune da parte di una istituzione Ue (probabilmente la Banca europea degli investimenti) che scarichi la pressione sui bilanci nazionali e dia il messaggio anche simbolico che la tenuta della Ue è su tutti i lati della crisi: sanitario, economico e finanziario. Adesso e dopo. Anche qui la divergenza è profonda, anche psico-culturale non solo politica. La lettera con la quale i leader di Italia, Francia, Belgio, Spagna, Portogallo, Slovenia, Grecia, Lussemburgo e Irlanda hanno messo sul tavolo l'idea di coronabond ha scompaginato i programmi. Troppo presto era stata derubricata a «contributo normale» da Olanda, Austria e Finlandia. Respinta in radice anche da Berlino. Ha detto Merkel: al coronabond «noi preferiamo il Mes che è stato fatto per le crisi e offre abbastanza possibilità». Emettere un titolo comune significa condividere pienamente i rischi finanziari, ma la fiducia reciproca è tuttora merce rara. Non c'è un problema italiano, ha indicato il premier Conte: «Nessuno pensa a una mutualizzazione del debito e comunque l'Italia ha le carte in regola: il 2019 si è chiuso con il deficit/Pil all'1,6% anziché 2,2% come programmato». Però «si deve reagire con strumenti finanziari innovativi e adeguati, c'è uno shock imprevedibile e simmetrico di portata epocale», non vanno usati «strumenti costruiti per fronteggiare tensioni finanziarie riguardanti singoli paesi». E la conclusione: «Se qualcuno dovesse pensare a meccanismi di protezione per un singolo paese elaborati in passato allora voglio dirlo chiaro: non disturbatevi, ve lo potete tenere, perché l'Italia non ne ha bisogno».

 

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