Covid bond, l'Italia all'Eurogruppo: «Niente patti al ribasso». Ma i falchi gelano Roma e Parigi

Covid bond, l'Italia all'Eurogruppo: «Niente patti al ribasso». Ma i falchi gelano Roma e Parigi
di Marco Conti
Mercoledì 8 Aprile 2020, 07:59 - Ultimo agg. 08:45
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ROMA Tutti d'accordo sulla necessità di un piano per rilanciare le economie e salvare l'Unione, salvo poi procedere in ordine sparso nella più lunga e complicata riunione dell'Eurogruppo. Iniziata in ritardo e poi sospesa. Ripresa a tarda sera nel tentativo di approvare «il più ambizioso pacchetto economico di sempre», come lo ha definito ad inizio riunione Mario Centeno.

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L'INVITO
Il presidente portoghese ha avviato il meeting in videoconferenza invitando i ministri finanziari «a prendere un impegno chiaro a favore di un piano di rilancio coordinato e di grande ampiezza». Ma il suo invito cade nel vuoto del primo giro di tavolo e le differenze riemergono quando si prende in mano il documento finale che dovrebbe finire sul tavolo del Consiglio europeo. Nel testo non c'è nessun riferimento ai coronabond e solo un flebile accenno alla proposta italo-francese di istituire un fondo di solidarietà, limitato nel tempo, che dovrebbe emettere obbligazioni per un determinato ammontare.

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«Agire adesso, perché il tempo non è una variabile ininfluente sulle nostre scelte», ha sottolineato il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che ha anche ribadito la necessità degli eurobond. Il fronte Mediterraneo dell'Europa ha mostra una forte compattezza e la posizione italiana è ribadita sia dalla ministra spagnola Nadia Calvino che dal francese Bruno Le Maire. Posizione che lo stesso Conte, prima della riunione dell'eurogruppo, sottolineato alla presidente della Commissione Ue von der Leyen dicendo che «l'Italia non accetterà compromessi al ribasso». Il braccio di ferro via etere dura oltre tre ore. Poi la pausa per tentare l'intesa e riscrivere parte del documento in modo da trovare l'equilibrio tra la richiesta del fronte del Sud, che vuole più definito il passaggio del fondo, e il blocco del Nord che vorrebbe al massimo un generico accenno.
Ma i problemi per l'Italia non finiscono qui, ma riguardano anche il Fondo salva-stati (Mes), che è uno strumento già esistente, e che verrebbe privato delle condizionalità a suo tempo applicate alla Grecia. Mentre la Francia, incassato il fondo, è propensa ad includere lo strumento nel pacchetto delle proposte da portare all'attenzione dei Ventisette, seppur nella versione light, l'Italia resiste per due motivi: il primo sta nella volontà dell'Olanda di sospendere e non cancellare le condizionalità, che quindi potrebbero rientrare una volta passata la fase acuta della crisi. L'altro motivo per cui il governo italiano si muove con una certa cautela nell'adottare uno strumento che ha fatto nascere e nel quale ha depositato ben 14 miliardi, sta nella opposizione del M5S che quando si parla di Europa si ritrova spesso sulle posizioni euroscettiche della Lega, e considera il Mes come un mostro a tre teste non considerando che nel fondo ci sono anche miliardi italiani e che comunque resta, per ora, l'unico meccanismo ufficiale che costringe la Bce ad acquistare, senza limiti, titoli dello stato che usufruisce del fondo.

Obiettivo del premier Conte e del ministro Gualtieri è quello di portare a casa la costruzione di un meccanismo in grado di emettere eurobond e un Mes senza condizionalità in modo da poter sostenere che non si tratta più del vecchio strumento, ma di un nuovo meccanismo che conserva solo in nome e la presidenza affidata al tedesco Klaus Regling, così come la Bei al tedesco Werner Hoyer e la Commissione Ue alla tedesca von der Leyen. «Bond comuni e zero condizionalità», è la linea che l'Italia ha tenuto nella riunione-maratona andata avanti sino a notte inoltrata. D'altra parte l'annunciato pacchetto europeo da 500 miliardi sembra insufficiente se paragonato a ciò che hanno messo in campo la Cina, gli Stati Uniti e la stessa Germania che solo per le sue imprese ha già stanziato centinaia di miliardi.
A sostegno della linea del governo ieri sono tornati a farsi sentire gli ex presidenti del Consiglio Enrico Letta e Mario Monti. Il primo ha avvertito dei rischi che corre l'Europa mentre il senatore a vita ha efficacemente sostenuto che se l'Italia non avrà gli eurobond è «colpa della Lega e del M5S».

 

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