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Covid, le Regioni chiedono spazio. Il governo: «Potete varare solo ordinanze più dure»

di Mario Ajello
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 6 Ottobre 2020, 08:37
5 Minuti di Lettura

Il timore del governo è che, mentre si prepara la nuova stretta anti-Covid, i governatori - ma a Palazzo Chigi li chiamo «i presidenti regionali, perché siamo in Italia e non negli Stati Uniti» - riprendano a fare, e infatti hanno già ricominciato, il controcanto, a distinguersi per avere visibilità, a comportarsi da cacicchi del tipo «il territorio è mio e me lo gestisco io» e a interferire fin troppo sulle scelte nazionali, forti dei successi elettorali alle ultime Regionali. «Questa è ancora una Repubblica parlamentare e non una Repubblica regionale», o regionalistica, è il mood del governo. Ma dialogare con i presidenti non solo si può ma si deve. E allora, ieri sera, prima del Consiglio dei ministri, i titolari della Salute (Roberto Speranza) e degli Affari regionali (Francesco Boccia) si sono riuniti in videoconferenza con De Luca, con uno scatenato Toti (««Le Regioni devono poter emettere ordinanze in autonomia totale dallo Stato centrale!») e Luca Zaia, Cirio, Musumeci, Giani e tutti gli altri numero uno regionali.

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Ma senza Nicola Zingaretti (con il suo assessore laziale alla Salute però, Alessio D'Amato) perché, da segretario del partito, nel giorno della vittoria del Pd in tutti i ballottaggi importanti ha avuto felicemente il suo da fare. Il fuoco preventivo dei governatori, che pure si muovono in ordine sparso e ognuno accusa l'altro (anche i dem contro De Luca: «Fa lo sceriffo ma ormai è una posa»), ha fatto retrocedere il governo sul blocco della movida ossia sulla chiusura dei bar e ristoranti alle 23, e così ieri sera Speranza ha illustrato loro brevemente ciò che oggi dirà alle Camere insistendo sulla misura sui cui c'è meno disaccordo: l'obbligo di mascherine all'aperto. Ma Toti è molto freddo: «Non esageriamo». De Luca è caldissimo: se fosse per lui si dovrebbe stare con la protezione sanitaria anche dentro le mura domestiche. Zingaretti ha potuto non partecipare perché il suo risultato lo aveva raggiunto in precedenza: niente chiusura di bar e ristoranti alle 23, sennò un settore industriale crolla.

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LOTTE DI POTERE
Speranza nella video-riunione di ieri sera ha rassicurato i presidenti sul fatto che il Dpcm non sarà troppo duro. Ma Salvini ha avvertito Toti - che ha visto ieri - e gli altri rappresentati leghisti nelle Regioni: «Conte vuole andare verso un nuovo lockdown, dobbiamo impedirglielo!». Ma anche Bonaccini, che pure è dem, su eventuali lockdown è schieratissimo per il no. Non come De Luca che sente aggredire la Campania - mai tanti positivi dalle sue parti - e la serrata, se le condizioni dovessero peggiorare, rientra nella sua linea durissima. Così come è già rientrata la chiusura anticipata della movida - al punto di far arrabbiare il rivale De Magistris, sindaco di Napoli: «Così aiuti la camorra!», il che non c'entra proprio niente - nelle misure decise da don Vincenzo Lo Sceriffo. E comunque, anche ieri sera Speranza e Boccia hanno ribadito ai presidenti regionali: vanno rispettate le linee generali, ma se si vogliono intostare si può, se si vogliono ammorbidire invece no. Ovvero: vietatissimo opporsi all'uso delle mascherine all'aperto.

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E i presidenti dovranno abbozzare, anche se (alcuni) a denti stretti e nonostante Salvini li inviti ad essere polemici e critici con il governo, ritenuto eccessivamente drammatizzante. Che poi è un po' quello che pensano tutti, e alcuni governatori dem prima della riunione di ieri sera sussurravano senza farsi sentire dai ministri: «Conte esagera il pericolo perché gli serve per governare. Ma oggi in terapia intensiva in Italia ci sono 250 persone, ad aprile ce n'erano 4000». Tra i governatori del centrodestra, al netto di Zaia, circola questo timore: «Il governo, visto che non può chiudere i locali alle 23, manderà l'esercito a controllare la movida e a sparare multe davanti ai pub. Che esagerazione!». Altro timore: «Non è che Conte, pompando il pericolo, fa chiudere le scuole? Non è che esagera il ritorno del contagio per prendersi tutto il potere lui e lasciare niente a noi nel più tipico schema vetero-centralista?». Gli altri, tra mille diversità e opposti interessi sulla linea soft, De Luca in modalità lanciafiamme. Si rivede un vecchio film. Lui spinge per il lockdown regionale in Campania, loro temono un lockdown nazionale.

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IL REMAKE
Insieme a Toti («La mascherina all'aperto è un passo indietro inaccettabile. E imporre la stessa regola su tutto il territorio è sbagliato. Se si volesse in qualche modo colpire i poteri delle Regioni lo riterrei gravemente intollerabile»), anche il molisano De Toma è contro l'obbligo delle protezioni anti-bacilli. E il tema divide un po' tutti trasversalmente anche i sindaci. Ieri alla videoconferenza tra ministri e governatori hanno partecipato anche i rappresentanti dell'Associazione dei Comuni (Anci) e dell'Unione delle province (Upi).
La Conferenza delle Regioni è convocata per giovedì, quindi dopo il varo del Dpcm. E il remake continuerà: regioni in lotta tra loro e in lotta con il governo. Mentre il virus impazza.
 

 

 

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