E' la nemesi del grillismo. E racconta della trasformazione dei più irriducibili combattenti anti-casta nei più affezionati tutori della stabilità del Palazzo (non dovevano aprirlo come una scatoletta di tonno?), della governabilità, del ministerialismo e delle larghe intese. Loro, che per ordine di Casaleggio padre sono nati e cresciuti nel culto delle anti-alleanze, adesso applaudono Grillo che è tornato in campo come gli capita sempre nei momenti cruciali e ha dettato la nuova linea degna del più antico partitista pacato, responsabile e forse lungimirante. Di sicuro non travagliesco né sovversivo e diverso dai toni muscolari e di rottura usati l'altro giorno da Conte. Insomma: «Serve un patto tra tutti i partiti costruttori» (mattarelleggia l'ex capo comico) «per il bene comune dell'Italia». Caspita che svolta! E verrebbe da dire finalmente.
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IL MANZONIANO
Era Beppe quello che, agli albori della rivoluzione diventata ora il passato di un'illusione, gridava così sui palchi dei Vaffa-Day contro il Palazzo: «Arrendetevi, siete circondati!». Ed è neo-Beppe quello che, in nome del manzoniano «Sopire, troncare, padre reverendo: troncare, sopire...», polemizza non solo contro Renzi ma anche contro le escandescenze cattiviste di Conte e si trasforma nel parroco dell'ecumenismo che forse è quello che serve in una fase di combattimento tanto truce: «Nessuno cerchi scuse o pretesti, per sottrarsi a questa grande responsabilità di lavorare all'unisono e nessuno faccia in questo momento biechi calcoli elettorali sul proprio futuro». Né Renzi ma neppure Conte se è vero che ha depositato il logo del suo nuovo partito, Insieme, e che non sarebbe una scelta condivisa, tutt'altro, da Beppe. Il quale ci tiene comunque a precisare, dopo la sua uscita da padre della patria: «E' sottinteso che il governo da fare sarà quello di Conte».
Ma visti i toni, da grande abbraccio per mettere in salvo i destini nazionali, lo stesso discorso di Grillo potrebbe valere per un governo Draghi o chissà.
LE SOTTIGLIEZZE
E' subentrato lo stile felpato di cui da tempo Di Maio - che Grillo vuole di nuovo capo politico M5S - è esponente sperimentato. E la maniera sottile con cui Di Maio si è mosso in questa fase ne è una riprova. Lui di cui i colleghi di partito in queste ore dicono: «Con qualsiasi schema di governo che ci sarà, Luigi vince. Conte Ter con i Responsabili? Lui torna a fare il cartiere perché parla con tutti e fa gioco di sponda, via Letta, con Forza Italia. Stessa maggioranza rossogialla e con un altro premier? Lui sarebbe inamovibile alla Farnesina e in più senza più Conte fingerebbe da one man show nel teatro pentastellato. Governo tecnico con Draghi? Di Maio cavalcherà la ricostruzione dei partiti e da leader 34enne gestirà i due anni di campagna elettorale fino al voto del 2023». Chissà. Per ora il grillismo in modalità moderatona e con Beppe versione Jovanotti («Una sola grande chiesa con Che Guevara e Madre Teresa») è quello che sarebbe pronto ad abbracciare, insieme alla Binetti e a D'Alema, ai più antichi consiglieri di Zinga e a qualsiasi reincarnazione di Scilipoti, perfino Maria Elena Boschi: la detestatissima ex «Maria Etruria», se si dovesse arrivare a un nuovo accordo con Italia Viva.
La nemesi insomma si porta via la schizzinosità paleo-grillina. E il Dibba aveva avvertito: «Finiremo come l'Udeur».