Decreto sicurezza spacca il M5S: ortodossi verso il non voto. I vertici: «Sarebbe un tradimento»

Decreto sicurezza spacca il M5S: ortodossi verso il non voto. I vertici: «Sarebbe un tradimento»
Lunedì 29 Ottobre 2018, 21:02 - Ultimo agg. 31 Ottobre, 00:00
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Sedare la rivolta, contrattare miglioramenti, ascoltare i riottosi, avvisare i più tenaci: Luigi Di Maio, stretto all'angolo dalla realpolitik imposta dal contratto di governo e dall'offensiva leghista suona l'allarme e chiama le sue truppe a stringersi compatte per difendersi dall'assedio. «Siamo sotto attacco» e dunque, «dobbiamo essere compatti. Molto compatti. Fusi insieme.

Come lo era la testuggine romana» avverte il capo politico del Movimento che 'ordinà ai malpancisti di rientrare nei ranghi, pena una scomunica ufficiale che li porterebbe davvero fuori dal M5s. Offrendogli però una sponda per convincerli: «Siamo seduti dalla parte giusta della Storia e se avanzeremo insieme compatti anche la vittoria di questa battaglia sarà nostra». È un altolà che accompagna un lavoro per tentare di ricucire le ferite aperte negli ultimi giorni e deflagrate con il via libera al Tap. Sul dl fisco invia, per domani mattina alle 8, la sottosegretaria al Mef Laura Castelli a dialogare con i gruppi in Commissione dopo il warning lanciato a fine settimana dalla presidente della Finanze Carla Ruocco e dal senatore Elio Lannutti sui «valori» M5s traditi. Anche sul dl sicurezza le diplomazie sono al lavoro per evitare corti circuiti che potrebbero portare conseguenze non solo nei rapporti con la Lega ma anche interni al M5s. «Il mio compito è quello di portare il Governo a realizzare il contratto di governo e i punti che ha a cuore il M5s. Qualsiasi altro comportamento non è da M5s e non sarà assecondato» avverte Di Maio. Il messaggio sulla preminenza degli obiettivi prioritari del governo è stato recapitato e compreso dai riottosi che tuttavia non gettano l'ascia di guerra.

E non per timori di sanzioni regolamentari interne, spiegano. Una di loro, Elena Fattori, che evoca il rischio «forconi» per quello che sta facendo ora il Movimento, avverte: «Se mi espellono presenterò ricorso». Se dovesse profilarsi un voto di fiducia, l'incidente potrebbe accadere, con ripercussioni che avrebbero conseguenze politiche ben oltre la tenuta della maggioranza. «Se il filo si spezza uscirebbero allo scoperto tanti altri parlamentari che sulla sicurezza non si sono ancora palesati», avverte un ortodosso. Il momento è così delicato che anche il Carroccio in queste ore evita di infierire sugli alleati di governo e sulla mossa di Di Maio, giudicata una manifestazione di debolezza. Per Matteo Salvini la priorità resta ora il decreto sicurezza e glissa su tanti altri nodi che stanno venendo al pettine: quello sul condono a Ischia, ad esempio, su cui medita ulteriori correttivi, o sul ddl anticorruzione che vorrebbe cambiare.

Fino alla Tav su cui il Carroccio stende un velo pietoso: «La decisione del consiglio comunale torinese è un suicidio politico», commentano fonti della Lega.
E poi c'è il caso Roma: le mire politiche di Salvini sulla capitale vengono declinate in un appello alla leader di Fdi, Giorgia Meloni: «Troviamoci per ragionare di Europa, visto che arriva, e anche di Roma». Ma sono parole di un'intervista registrata nei giorni scorsi. Fosse stato oggi il leader della Lega forse avrebbe glissato: la tenuta del governo per Salvini è prioritaria, vuole andare avanti e dunque tace sui tanti segnali preoccupanti che sente montare in casa 5 Stelle
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