Niente sorprese, si fa per dire. Alla fine il decreto Ucraina, come da programma, questa mattina approderà al Senato. E lo farà - ma terminano qui le mosse già preventivate - con tanto di questione di fiducia (posta ieri sera dal governo) e soprattutto privo del discusso odg di Fratelli d’Italia che avrebbe impegnato formalmente l’esecutivo ad incrementare le spese militari al 2% del pil entro il 2024. Un risultato che sulla carta potrebbe sembrare far felici tutti (FdI esclusa) ma che, in realtà, nasconde neanche troppo bene gli strascichi di un braccio di ferro che ormai prosegue da giorni tra Mario Draghi e il leader 5S Giuseppe Conte, con la triangolazione di un Enrico Letta sempre più preoccupato per la tenuta non solo della coalizione di governo ma anche dell’asse giallorosso. «L’Italia lascerebbe sbigottito il mondo intero se si aprisse ora una crisi di governo» attacca su Twitter.
La partita
In altri termini il voto di questa mattina (alle ore 11) è il culmine di una partita a scacchi giocata sul filo dei regolamenti parlamentari.
In realtà però, ad abbassare la tensione adducendo «un po’ di buon senso» nelle mediazioni, «di certo non sono stati i grillini» spiega una fonte dem. Ad aprire un varco ieri pomeriggio ci ha pensato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini parlando della possibilità di spostare al 2028 l’obiettivo. Da lì in poi si sono rotti gli argini e i 5S hanno provato in tutti i modi ad intestarsi la vittoria. «Il Pd prova a capovolgere la narrazione e il ministro diventa pioniere della gradualità» attaccano in una nota. «È stato realista» risponde il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri. Oggetto di un «ricatto dei 5 stelle» secondo FdI che annuncia il suo voto contrario al decreto. «Anche in questa circostanza abbiamo dimostrato disponibilità ma abbiamo anche ribadito che gli accordi con la comunità internazionale si rispettano per garantire la credibilità del Paese - spiega invece la presidente dei senatori del Pd Simona Malpezzi - E per noi è importante sostenere il governo in questo impegno. Come ha sempre detto il Ministro Guerini, e ribadito anche oggi, le spese per la difesa crescono gradualmente e in relazione alla compatibilità finanziaria». «Doveva riuscire a portare un pò di gente a votarlo e strumentalmente - attacca in un’intervista ad Affari Italiani il presidente di Italia Viva Ettore Rosato - ha utilizzato un tema serio che invece richiede rispetto e saggezza». Più defilata la Lega che strizza l’occhio alle posizioni 5S, ma resta seduta a guardare, attaccando il governo su altri fronti.
Il decreto
In ogni caso, al netto delle polemiche, oggi si volta pagina e si approva in via definitiva il decreto. A dar retta alle voci che circolano nei corridoi di palazzo Madama infatti, il voto non riserverà sorprese, solo qualche ammaccatura in più per la maggioranza. L’esecutivo potrà contare sul voto compatto di Pd, Lega, Fi, LeU. Forse si smarcherà qualche 5S, ma a quanto si apprende non dovrebbe essere un grande numero. Certo il “no” del presidente della Commissione esteri al Senato Vito Petrocelli che vede l’Italia come un paese «co-belligerante» e, quindi, per la sua posizione con ogni probabilità sarà espulso dal gruppo grillino.
Tutto è bene quel che finisce bene? Non proprio. L’aumento delle spese militari richiesto dalla Nato (e approvato con un Odg alla Camera da tutta la maggioranza appena poche settimane fa) dovrebbe infatti finire all’interno del Def che sarà presentato al Parlamento entro il 10 aprile. In tempo perché i 5S tornino ad incrociare le spade con alleati e non, alla ricerca di qualche consenso per le amministrative di giugno.