Si scrive Def, si legge margini di manovra che il governo avrà a disposizione nei prossimi mesi. Perché è proprio dal Documento di economia e finanza, che approderà domani in consiglio dei ministri, che dipenderanno le risorse che l’esecutivo potrà mettere in campo nel prossimo futuro. E dunque, è al Def - il primo del governo di Giorgia Meloni - che tutti, archiviata la pausa pasquale, guardano.
Superbonus a quota 120 miliardi, ma non peserà sul 2023: il Pil può aumentare dell'1%
I tecnici del ministero dell’Economia hanno lavorato a lungo al documento. Che stando a quanto trapelato finora, potrebbe contenere più di una sorpresa positiva, per quanto riguarda il quadro della finanza pubblica italiana. La prima: il 2023 si dovrebbe concludere con una crescita dell’economia dello 0,9% rispetto all’anno precedente.
La crescita del manifatturiero
Il trend in crescita è confermato da Bankitalia, secondo cui «in Italia l'attività economica sarebbe leggermente aumentata nel primo trimestre del 2023». «Sostenuta - spiega l’istituto di via Nazionale - dal settore manifatturiero, il quale beneficia della discesa dei costi energetici e dell'allentamento delle strozzature lungo le catene di approvvigionamento».
Rivista al rialzo la crescita, la seconda buona notizia dovrebbe riguardare il rapporto deficit/Pil tendenziale (ossia a quadro normativo vigente). Che, per il 2023, sarà del 4,35%. Anche in questo caso, la stima di fine anno era leggermente peggiore: 4,5%. Motivo per cui nelle pieghe del Documento potrebbe spuntare un “tesoretto”di risorse extra. A quanto ammonterebbe? Circa 2,5-3 miliardi, secondo quanto trapelato da via Venti settembre.
La prudenza del governo
In ogni caso il governo - e in particolare il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti - ha già fatto sapere di voler mantenere una linea di «prudenza» nella gestione dei conti pubblici. Il che vuol dire che è più probabile che il tesoretto, alla fine, venga speso con parsimonia. Anche perché a Bruxelles ci si prepara a rimettere in moto il Patto di Stabilità e Crescita sospeso durante la pandemia, secondo il quale il rapporto tra spese e Pil deve restare entro il 3%. Alcuni Stati membri, a cominciare dalla Germania, chiedono un intervento sul debito forte: l'1% di rientro annuo, contro lo 0,5 ipotizzato da Bruxelles. Un impegno che per i Paesi ad alto debito come l'Italia potrebbe risultare gravoso.
Le prospettive, in ogni caso, attualemente appaiono più rosee rispetto ai primi mesi dell'anno anche per l'inflazione, che pare aver allentato la morsa. Restano però alcune incognite all'orizzonte, che potrebbero influire sui conti pubblici: il prezzo del petrolio, dopo la decisione dell'Opec di tagliare la produzione, e le politiche monetarie delle banche centrali, a cominciare dalla Bce (che negli ultimi mesi ha alzato a più riprese i tassi di interesse). La strada, insomma, è stretta. E il governo ne è consapevole. Ma se non altro, grazie alle stime del Def potrà affrontare le prossime sfide con uno sguardo un po' più ottimista rispetto al passato.