Di Maio, dimissioni per anticipare Conte e preparare lo scontro

Di Maio, dimissioni per anticipare Conte e preparare lo scontro
Di Maio, dimissioni per anticipare Conte e preparare lo scontro
di Francesco Malfetano
Sabato 5 Febbraio 2022, 14:45 - Ultimo agg. 6 Febbraio, 09:46
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Il dado è tratto. O meglio, lo strappo è ormai compiuto. Luigi Di Maio oggi si è dimesso dal Comitato di garanzia del Movimento 5 stelle. Una mossa, più o meno a sorpresa, che è solo la prima della guerra tra lui e il leader grillino Giuseppe Conte annunciata nei giorni convulsi dell’elezione per il Presidente della Repubblica. Un passo che anticipa i tempi di reazione dell'avvocato, dando il là alla battaglia con un po' di vantaggio. Del resto, come vociferano a Montecitorio i fedelissimi del leader, Conte sembrava essere già pronto a sfiduciarlo. E allora il balzo in avanti consente al ministro di bruciare le tappe e, svincolato dal ruolo di garanzia, combattere senza vincoli etici o morali che avrebbero pesato a suo sfavore nel redde rationem. In altri termini, per questo strappo passerebbe il tentativo di compattare le truppe.

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Le dimissioni

Le dimissioni da presidente dell’organo in cui era stato eletto lo scorso settembre assieme a Virginia Raggi e Roberto Fico, il ministro degli Esteri le ha affidate ad una lettera destinata proprio all’avvocato e al Garante Beppe Grillo. «In questi giorni il dibattito interno è degenerato, si è iniziato a parlare di scissioni, processi, gogne.

Si è provato a colpire e screditare la persona. Mi ha sorpreso, anche perché è proprio il nuovo statuto del Movimento che mette l’accento sul rispetto della persona». La missiva è in realtà molto lunga e ricostruisce i veleni emersi nei giorni scorsi, ribadendo di aver provato ad «avviare una riflessione interna al Movimento» perché il dialogo è fondamentale e «tutte le anime, anche chi la pensa in maniera diversa, devono avere spazio e la possibilità di esprimere le proprie idee. E lo dico perché anche io in passato ho commesso degli errori su questo aspetto, errori che devono farci crescere e maturare». Il riferimento è alla linea dura che a lungo ha contraddistinto il M5S, fino a compiere passi che definire “errori” è finanche grossolano. Uno su tutti: la richiesta di impeachment per Sergio Mattarella del 2018. La «più grande sciocchezza» commessa nella sua vita, come ha ammesso Di Maio nel suo libro autobiografico Un amore chiamato politica, che in qualche modo il ministro attribuisce alla richiesta di “rigidità” avanzata da Rocco Casalino, ex responsabile comunicazione del Movimento e ora fedelissimo di Conte.

L’impressione - diffusa anche tra i 5S - è che Di Maio smarcandosi da un ruolo di rilievo voglia da un lato dare il segnale di non aver nulla da nascondere e dall’altra, più marcata, di mettere in difficoltà Conte. Come può ora il leader espellere un Luigi disposto a cedere il suo potere di veto sulle liste elettorali (da presidente del Comitato di garanzia appunto)? Fermo restando che quella richiesta di espulsione dovrebbe essere ratificata da Beppe Grillo e ora, proprio dall'organo di garanzia in cui siede Virginia Raggi, che è considerabile oggi una fedelissima del ministro degli Esteri perché anti-contiana. Il tutto fa capo alla richiesta avanzata dal ministro e dai suoi che, del resto, è sempre la stessa: Conte chiarisca cosa è successo sul nome di Elisabetta Belloni. Il mandato dell’ex premier era arrivare ad un candidato che fosse condiviso da tutte le forze politiche. Com’è potuto accadere l’affaire che ha bruciato il nome della direttrice del Dis? Risposte che Di Maio vorrebbe ricevere davanti agli altri parlamentari e Conte, invece, davanti a tutti gli iscritti. D'altronde quello del ministro non è un passo indietro: «Sarebbe sbagliato», conclude. La lotta è appena cominciata.

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