Il dado è tratto. O meglio, lo strappo è ormai compiuto. Luigi Di Maio oggi si è dimesso dal Comitato di garanzia del Movimento 5 stelle. Una mossa, più o meno a sorpresa, che è solo la prima della guerra tra lui e il leader grillino Giuseppe Conte annunciata nei giorni convulsi dell’elezione per il Presidente della Repubblica. Un passo che anticipa i tempi di reazione dell'avvocato, dando il là alla battaglia con un po' di vantaggio. Del resto, come vociferano a Montecitorio i fedelissimi del leader, Conte sembrava essere già pronto a sfiduciarlo. E allora il balzo in avanti consente al ministro di bruciare le tappe e, svincolato dal ruolo di garanzia, combattere senza vincoli etici o morali che avrebbero pesato a suo sfavore nel redde rationem. In altri termini, per questo strappo passerebbe il tentativo di compattare le truppe.
Le dimissioni
Le dimissioni da presidente dell’organo in cui era stato eletto lo scorso settembre assieme a Virginia Raggi e Roberto Fico, il ministro degli Esteri le ha affidate ad una lettera destinata proprio all’avvocato e al Garante Beppe Grillo. «In questi giorni il dibattito interno è degenerato, si è iniziato a parlare di scissioni, processi, gogne.
L’impressione - diffusa anche tra i 5S - è che Di Maio smarcandosi da un ruolo di rilievo voglia da un lato dare il segnale di non aver nulla da nascondere e dall’altra, più marcata, di mettere in difficoltà Conte. Come può ora il leader espellere un Luigi disposto a cedere il suo potere di veto sulle liste elettorali (da presidente del Comitato di garanzia appunto)? Fermo restando che quella richiesta di espulsione dovrebbe essere ratificata da Beppe Grillo e ora, proprio dall'organo di garanzia in cui siede Virginia Raggi, che è considerabile oggi una fedelissima del ministro degli Esteri perché anti-contiana. Il tutto fa capo alla richiesta avanzata dal ministro e dai suoi che, del resto, è sempre la stessa: Conte chiarisca cosa è successo sul nome di Elisabetta Belloni. Il mandato dell’ex premier era arrivare ad un candidato che fosse condiviso da tutte le forze politiche. Com’è potuto accadere l’affaire che ha bruciato il nome della direttrice del Dis? Risposte che Di Maio vorrebbe ricevere davanti agli altri parlamentari e Conte, invece, davanti a tutti gli iscritti. D'altronde quello del ministro non è un passo indietro: «Sarebbe sbagliato», conclude. La lotta è appena cominciata.