Durigon si è dimesso: Salvini, mollato anche da Forza Italia, l'ha convinto

Durigon si è dimesso: Salvini, mollato anche da Forza Italia, l'ha convinto
Giovedì 26 Agosto 2021, 20:43 - Ultimo agg. 27 Agosto, 07:19
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La situazione di Claudio Durigon era diventata sempre più precaria e in serata è arrivata la notizia che veniva data per inevitabile dopo che il sottosegretario all'Economia aveva incontrato Matteo Salvini. 

«Ho deciso di dimettermi dal mio incarico di governo che ho sempre svolto con massimo impegno, orgoglio e serietà». Lo annuncia il sottosegretario leghista all'Economia, Claudio Durigon in una lunga lettera diffusa dal suo partito. Una decisione presa, aggiunge, «per uscire da una polemica che sta portando a calpestare tutti i valori in cui credo, a svilire e denigrare la mia memoria affettiva, a snaturare il ricordo di ciò che fecero i miei familiari proprio secondo quello spirito di comunità di cui oggi si avverte un rinnovato bisogno»

La Lega aveva trattato il suo passo indietro, dopo la bufera innescata dalla sua proposta di tornare al vecchio nome del parco di Latina, dedicato al fratello di Mussolini fino al '43 e di recente intitolato ai giudici Falcone e Borsellino. Quasi un mese dopo quell'annuncio, sul palco accanto a Matteo Salvini, in gioco non c'era il se dimettersi ma il come dimettersi. 

«Un processo di comunicazione si valuta non in base alle intenzioni di chi comunica, ma al risultato ottenuto su chi riceve il messaggio: è chiaro che, nella mia proposta toponomastica sul parco comunale di Latina, pur in assoluta buona fede, ho commesso degli errori.

Di questo mi dispiaccio e, pronto a pagarne il prezzo, soprattutto mi scuso. Mi dispiace che mi sia stata attribuita un'identità »fascista«, nella quale non mi riconosco in alcun modo. Non sono, e non sono mai stato, fascista. E, più in generale, sono e sarò sempre contro ogni dittatura e ogni ideologia totalitaria, di destra o di sinistra: sono cresciuto in una famiglia che aveva come bussola i valori cristiani.» Lo scrive in una lettera aperta in cui annuncia le sue dimissioni, il sottosegretario leghista Claudio Durigon.

La lettera

«Colgo l'occasione per precisare una volta per tutte il senso delle mie parole. Come indica chiaramente il mio cognome, io sono figlio, e nipote, di veneti immigrati, tanto tempo fa, nel Lazio e in particolare in quel dell'attuale Latina. Sono dunque nipote di coloni, italiani di tutta Italia che hanno partecipato a una grande opera, civica e civile al tempo stesso, di recupero di un territorio del nostro Paese che fu, per troppo tempo, svantaggiato e inabitabile. Mi riferisco alla bonifica dell'Agro Pontino. Stiamo parlando del recupero di un'area con una superficie di circa 75.000 ettari, che per secoli è stata flagellata dalla malaria. Il progetto di recupero e valorizzazione fu un'opera immensa: dal 1926 al 1937, per bonificare le paludi dell'Agro, furono impiegate ben 18.548.000 giornate-operaio, con il lavoro di circa cinquantamila operai, provenienti da tutto il Paese. Estirpata la malaria e recuperato il territorio, a seguire sorsero nuove città, di cui la prima fu, nel 1932, l'attuale Latina (all'epoca chiamata Littoria)», sottolinea l'ex sottosegretario.

«Nella mia mal formulata proposta, io avevo a cuore solo l'idea di ricordare questa storia così intensa e così particolare, e ancora oggi così sentita nella zona di cui sto parlando (anche se mi rendo conto che essa è difficile da comprendere, e soprattutto da sentire, per un qualsiasi cittadino italiano che non sia di quella zona).

E, soprattutto, non ho mai chiesto l'intitolazione del parco al fratello di Mussolini, come hanno riferito alcuni titoli di giornale, bensì semplicemente il ripristino del suo nome originario. Il nome Arnaldo Mussolini venne infatti scelto dai coloni e per decenni è rimasto tale, nonostante il susseguirsi dei sindaci e delle giunte. La mia vera colpa è che non mi dimentico di essere figlio della bonifica pontina. Così, ho dovuto constatare sulla mia pelle, con grande amarezza, che esistono professionisti della strumentalizzazione che hanno usato le mie parole per attribuirmi a tutti i costi un'etichetta che non mi appartiene, con l'unico fine di colpire me e il partito che rappresento. Si tratta di un'operazione che, come detto, mi ferisce profondamente e che non posso più tollerare. Aggiungo che tutta questa polemica sta diventando l'alibi di chi, in malafede, intende coprire altri problemi: mi riferisco in particolare ai limiti del Viminale o delle incredibili parole di Giuseppe Conte sul dialogo con i talebani.

E i vari professionisti della strumentalizzazione sono gli stessi che ancora oggi troppo spesso tacciono quando si negano i massacri delle Foibe, o appoggiano Paesi e organizzazioni che inneggiano all'uccisione degli ebrei e alla cancellazione dello Stato di Israele», attacca Durigon. 

Salvini

«Ringrazio Claudio non solo come politico ma soprattutto come uomo, amico, persona onesta, concreta, schietta e coraggiosa, che a differenza di altri lascia la poltrona per amore dell'Italia e della Lega, e per non rallentare il lavoro del governo, messo irresponsabilmente in difficoltà per colpa di polemiche quotidiane e strumentali da parte della sinistra». Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini. «Contiamo che questo gesto di responsabilità e generosità induca a seria riflessione altri politici, al governo e non solo, che non si stanno dimostrando all'altezza del loro ruolo. Conto su Claudio per la scrittura della nuova riforma delle pensioni, vicina a Quota 100 e lontana dalla Fornero, per la rottamazione di milioni di cartelle esattoriali, e per nuovi incarichi per aiutare la Lega a crescere ancora», conclude.

L'attesa

La questione era totalmente interna alla Lega. Lo aveva fatto intendere anche Forza Italia prendendo le distanze dalla querelle.

Durigon, il passo indietro è più vicino: ipotesi dimissioni per il sottosegretario

«Le parole di Durigon non sono condivisibili su Falcone e Borsellino», sentenzia il vicepresidente forzista Antonio Tajani in un'intervista al Mattino. Ma taglia corto: «Deciderà Draghi assieme a Salvini, ma la partita delle sue dimissioni non interessa gli italiani e meno fibrillazioni ci sono, meglio è». Tradotto: il problema è dell'alleato, anche se FI garantisce che non voterà nessuna mozione di revoca del sottosegretario. Per la Lega non è facile ingoiare il rospo ma nemmeno ignorare il caso, ormai. Il pressing del centrosinistra (Pd in testa) che insiste sulle dimissioni di Durigon, è sempre più stringente.

Da Bruxelles lo chiede Brando Benifei, capodelegazione del Pd al Parlamento europeo: «Spero che si dimetta da sottosegretario o venga accompagnato alla porta, è una vergogna che sia ancora al suo posto». Non molla Nicola Fratoianni di Sinistra italiana: rivendica di «essere stato il primo o fra i primi a maggio a porre la questione Durigon, all'epoca dell'inchiesta di Fanpage sui suoi rapporti imbarazzanti a Latina». Il riferimento è al video in cui il leghista rivela che «il generale che indaga sui 49 milioni della Lega lo abbiamo messo lì noi». Martellante è pure il M5s, padre della mozione di censura annunciata a giugno. Per Mario Perantoni, presidente 5S della commissione Giustizia alla Camera, l'attesa «non è più tollerabile» e ribatte a Tajani: «Non è vero che non interessa agli italiani, la questione riguarda l'antifascismo che è un valore costituzionale».

Al pressing politico potrebbe essersi aggiunta la moral suasion del premier Draghi, che pochi giorni fa ha convocato il leader della Lega a Palazzo Chigi. Niente di ufficiale. Forse solo la richiesta di gestire al meglio il passo indietro. Salvini in realtà dice di non averne mai parlato con il presidente. Ma da allora i suoi toni sono un pò cambiati. Il 24 agosto al Meeting di Rimini conferma la sua fiducia e stima per il sottosegretario, ma va oltre: «Ragioneremo con Durigon su cosa fare e cosa sia più utile per il movimento e per il governo». Lo ripete ieri in tv dicendo che si vedranno «nei prossimi giorni».

Più gelido è Giancarlo Giorgetti: «Quando si è investiti di responsabilità di governo bisogna essere molto attenti a quello che si fa», risponde il ministro e numero due della Lega, ospite della manifestazione di Comunione e liberazione. Nel frattempo il sottosegretario continua a tacere. «Non ne voglio parlare» risponde cortese al telefono Renata Polverini, deputata di FI che da leader dell'Ugl 'scoprì' Durigon quando lui era il responsabile provinciale di Latina per lo stesso sindacato di destra, e poi vicesegretario nazionale. Da governatrice del Lazio, lo portò in Regione vista la sua competenza nelle questioni di lavoro. L'adesione alla Lega è del 2017 e la carriera interna è rapida. Sotto il governo Lega-M5s arriva la nomina a sottosegretario al Lavoro ed è allora che Durigon partorisce 'Quota 100', la proposta sulle pensioni tanto cara a Salvini di cui diventa un fedelissimo. A unirli è pure il Milan. A marzo col 'governissimò di Draghi, passa al ministero dell'Economia.

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