M5S, Conte: «Mai più da soli». Ma Raggi lo sfida: «Io non mi schiererò»

Crisi M5S, il leader: «Attacchi a Virginia? A Roma abbiamo perso anche per altro». L’intesa strutturale coi dem fa discutere. Eletti spaesati: «Finiamo come Di Pietro»

M5S, Conte: «Mai più da soli». Ma Raggi lo sfida: «Io non mi schiererò»
M5S, Conte: «Mai più da soli». Ma Raggi lo sfida: «Io non mi schiererò»
di Francesco Malfetano
Mercoledì 6 Ottobre 2021, 00:56 - Ultimo agg. 7 Ottobre, 10:24
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Nel giorno in cui un italiano, Giorgio Parisi, vince il premio Nobel per la fisica «mettendo ordine nel caos» come dice lui stesso, c’è un altro italiano che, con molto meno successo, prova a fare lo stesso. Con sulle spalle la sua prima vera disfatta elettorale, Giuseppe Conte prova infatti a tirare le redini all’interno del Movimento 5 stelle.

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Così dopo aver provato - ancora - a temporeggiare sull’opportunità di unificare o meno i percorsi con il Partito democratico, alla fine rompe gli argini. «È finita la stagione storica in cui si andava orgogliosamente da soli a tutti i costi» ha detto ieri parlando a Carbonia, dove si trova per un mini tour elettorale in vista delle amministrative del 10 e 11 ottobre in Sardegna. «Il M5S ovviamente pone un’asticella alta ma si predispone anche a costruire con altri partner, in coalizione, un percorso comune: non lo disdegna più come nella fase più antica della sua storia».

D’altronde le urne non consentono altre riflessioni. I cinquestelle sono stati spazzati via ovunque abbiano governato. E anche nelle città dove hanno vinto assieme alla coalizione di centrosinistra, il loro peso è risultato decisamente relativo. A Napoli ad esempio, feudo grillino fin dai meet-up del 2005, hanno raccolto il 9,73% delle preferenze sul 62,9% che segnato la vittoria di Gaetano Manfredi. In altri termini, anche a dispetto di ciò che immaginavano i big più favorevoli all’intesa con i dem, non si tratta più di sfidare il Pd per la leadership del centrosinistra, ma solo si inseguirlo per non scomparire. 

Resa dei conti

Inevitabile, quindi, una nuova resa dei conti. A sentire gli eletti infatti è tutto un «serve una riflessione profonda». I più amareggiati però sono proprio quelli che per ultimi hanno accettato la leadership dell’ex premier. «Effetto Conte? Chi l’ha visto» sbotta un parlamentare della prima ora. E ancora «Qui si finisce come l’Italia dei valori» pronostica un senatore, indispettito anche dal tentativo di scaricare la sconfitta sul vecchio partito e sui 3 mesi persi a contenderlo a Beppe Grillo. Il punto che centrano tutti però, Conte compreso, è che non esiste una classe dirigente locale all’altezza. E quella che si è goffamente provato a formare all’ultimo prima del voto - vedi Milano e Torino - è considerata più vicina all’avvocato che al Movimento stesso. Al pari dei nuovi nascenti organi direttivi. 

Non è un caso se Beppe Grillo ha parlato del «necessario» da compiere e già investito Virginia Raggi del ruolo di nuova antagonista. Se Luigi Di Maio e Roberto Fico si profilano come uomini ombra del partito, pronti a intervenire solo in casi drammatici (la scuola è quella di Giancarlo Giorgetti), la ormai ex sindaca è vista come il grimaldello per non rinnegare il grillismo prima della comparsa di Conte.

Una veste gladiatoria già regalatale da Grillo sui social prima del voto, che ora Raggi dovrà imparare ad indossare nel partito. D’altronde non le mancano né la forza comunicativa né il curriculum, e ha dalla sua ancora la base che rinnega ogni vicinanza con Pd e Lega. Tant’è che ieri si è già calata nell’arena. «Io non darò indicazioni di voto al ballottaggio» ha detto a sconfitta ormai acquisita, additando come responsabili gli «attacchi violentissimi ai quali in pochi avrebbero resistito» e prevenendo proprio l’apertura di Conte. Salvo poi, dopo le congratulazioni agli avversari, fare marcia indietro su Facebook: «Prevengo subito polemiche assurde: nessun attacco. È il momento di restare uniti, più che mai». Ringraziando però prima Di Maio e poi Conte, e infine anche Di Battista. E ancora: «Il percorso non si ferma». Però il dado è tratto. E allora l’ex premier stavolta non può temporeggiare. «Se non siamo stati premiati non possiamo scaricare solo sugli attacchi» ha chiosato dalla Sardegna. 

Un primo scontro destinato ad allargarsi. Valentina Sganga, candidata a Torino per il dopo Appendino e tra i referenti locali che avrebbero dovuto radicare i 5S sul territorio, già sbotta dopo la sconfitta. «Se ho sentito i vertici M5S? No, mi è dispiaciuta la presenza solo a Napoli. Per ripartire bisogna mettere la faccia anche nelle città dove si perde, come Torino e Roma». 
 

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