Elezioni a Milano, Sala vede il bis e punta al primo turno. Lega a rischio sorpasso FdI

Milano, Sala vede il bis e punta al primo turno. Lega a rischio sorpasso FdI
​Milano, Sala vede il bis e punta al primo turno. Lega a rischio sorpasso FdI
di Mario Ajello
Mercoledì 15 Settembre 2021, 22:36 - Ultimo agg. 16 Settembre, 07:09
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Milano è sprofondata durante l’emergenza Covid, ha mostrato tutte le fragilità a tutti i livelli di chi si sente, senza dimostrarlo nei fatti, locomotiva del Paese. Ora ha bisogno di rifarsi l’immagine, di trovare nuova energia e nuova credibilità e chissà se riuscirà nell’intento. C’è questo sotto-testo alla base del voto per il sindaco il 3 e 4 ottobre. La vittoria scontata, forse addirittura al primo turno (nei sondaggi è al 51,4 per cento) di Sala servirà al rilancio di Milano oppure - come spesso capita ad ogni latitudine per i mandati bis di un sindaco - sarà un modo per il sindaco uscente e con ogni probabilità rientrante per pensare alla propria proiezione personale e politica nel paesaggio nazionale? C’è chi dice sotto la Madonnina, magari con eccesso di malizia: «Sala uscito dal Pd è diventato verde, ma non è iscritto ai Verdi, si è messo in testa di poter fare il federatore del centrosinistra, il nuovo Prodi per le elezioni politiche del 2023». Velleità, probabilmente.

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Se a sinistra si pensa in grande e anche troppo - e ci si fa forte dei sondaggi tutti più o meno concordi: lo sfidante Bernardo per il centrodestra è fermo al 37,2 per cento, per non dire della contiana Layla Pavone intorno al 4 - a destra vige la cupezza o la rassegnazione: «Il nostro obiettivo - dicono Lega e Fdi - è portare Sala al ballottaggio».

Potrebbe non riuscire loro neppure questo. E tutti si chiedono: come mai il centrodestra, in una città non di sinistra, non riesce ad essere in partita? Perché le beghe tra la Lega e FdI bloccano tutto anche l’invenzione di un candidato forte, perché ognuno dei due partiti teme che il prescelto possa essere più vicino a Giorgia che a Matteo o viceversa. Dunque, ci si frena a vicenda. E così, «la vittoria di Sala al primo è uno scenario possibile», sostiene Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend. 

 

LA PRIMA VOLTA

Per la prima volta da quando era ragazzo, Salvini - che ieri ha annunciato: «Io una centrale nucleare in Lombardia la farei senza alcun problema» - non corre per il consiglio comunale. Teme di essere battuto dal capolista di Fdi: Vittorio Feltri, il volto pop messo in campo dalla Meloni: Il giornalista e il capo lumbard duellano così. Feltri: «Spero che FdI prenda un voto in più della Lega». Salvini: «Io spero che il centrodestra e Bernardo prendano un voto in più della sinistra e di Sala. Ognuno ha le sue priorità». L’accusa di moti leghisti è che i meloniani giochino a sabotare nelle urne la già debolissima corsa di Bernardo, per attribuire la disfatta a Matteo. Il quale si fa vedere il meno possibile, cioè quasi niente, con il candidato sindaco che ha voluto lui (Michetti a Roma invece l’ha scelto la Meloni) pur tra mille dubbi, indecisioni e ritardi.

Non vuole mettere la faccia sulla sconfitta annunciata il leader leghista. In più, c’è il partito della Meloni che si arrampica secondo i sondaggi fino all’11,3 per cento (nell’ultima sfida per Palazzo Marino era al 2,4 e nel 2019 al 5,2), a un soffio dalla Lega con il 14: e rischio sorpasso c’è. Non si arresta, invece, il crollo di Forza Italia. Nella sua Milano, il partito di Berlusconi non andrebbe oltre il 7,9 per cento: nel 2016, volò al 20 (il Pd primo era al 29 e ora è quotato al 27,6 e resta primo partito). 

E M5S? Fuori gioco. La candidata l’ha imposta Conte, contro il volere dei grillini locali, e ma l’altra giorno quando è andato a Milano per campagna elettorale neanche si ricordava il suo nome. Peggio. Conte punta a recuperare il rapporto con i ceti imprenditoriali del Nord, ma quelli lo snobbano. Ha chiesto a Sala di entrare nella coalizione (dove ci sono tutti) ma quello lo ha respinto: «Preferisco avere un’alleanza compatta». Quella del centrodestra già litiga prima ancora di perdere. Il pediatra Bernardo non ha appeal, lo lasciano tutti da solo e l’etichetta di «candidato a perdere» arriva pure da un nome di peso come Gabriele Albertini, figura che ancora pesa in città sul versante dei moderati. Le vere bordate sono di marca FdI: «Sulla partita del candidato ha fatto tutto Salvini, noi non c’entriamo nulla», dicono i meloniani. E sul Carroccio si mastica molto amaro in questa vigilia milanese che non odora di sconfitta ma di disfatta.
 

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