«Io vado fino in fondo, per me non esiste un piano B», continua a sostenere Berlusconi. «Se fallisce perde tutta la coalizione e non possiamo permetterci di frantumare l’alleanza», ripetono dalla Lega e da Fdi. Messa così la situazione, il centrodestra rischia sul serio di trovarsi diviso all’appuntamento dell’elezione del presidente della Repubblica. Ma Berlusconi e Salvini – i due si sono sentiti ieri – hanno convenuto che verrà preservata l’unità dell’alleanza. E dunque i giochi saranno chiari domani quando a villa Grande si presenteranno sia il leader del partito di via Bellerio che il presidente di Fdi, Meloni. In un primo momento l’incontro era stato rinviato alla prossima settimana ma Berlusconi lunedì e martedì sarà a Strasburgo per partecipare alla commemorazione di Sassoli.
Salvini: «Per il Colle avrete il nome entro 15 giorni, Draghi resti premier»
LA CONTA
Gli invitati al ballo del Quirinale chiederanno al padrone di casa di vedere tutti i numeri, quelli che il Cav presenta a tutti gli ospiti che arrivano in villa.
LA STRATEGIA
Solo che il segretario del partito di via Bellerio considera la candidatura del presidente di FI divisiva e cercherà di farlo ragionare su un piano B. Ovvero Letizia Moratti, incontrata qualche giorno fa a Milano. In alternativa Casellati o Pera. Per di più l’ex presidente del Consiglio, di fronte ad un eventuale di ko alla quarta votazione, potrebbe pure smarcarsi e giocare in proprio la partita. Uno scenario che Salvini intende allontanare subito. Il Capitano leghista vuole essere il kingmaker della partita. Lo ha fatto capire in mille modi. Ribadendo che non ci sono timori di voto anticipato, ipotesi che aveva fatto trapelare proprio da Berlusconi. E prefigurando un esecutivo dei presidenti, con i leader dei partiti nel ruolo di vicepremier ed eventualmente Franco a palazzo Chigi. La Lega insomma rimarrà – ha assicurato l’ex responsabile del Viminale – al governo con o senza Draghi. In realtà, specificano da via Bellerio, non si tratta di una vera apertura all’ex numero uno della Bce. La pista che porta Draghi al Colle non è la più gradita, ma non viene esclusa soprattutto se i colpi del Cavaliere dovessero essere a salve e si arrivasse al caos della quinta votazione. «Se le altre forze parlamentari andassero su Draghi non potremmo dire di no», osserva un big ex lumbard. «Io conto che il prossimo premier si chiami Draghi e quindi continueremo a lavorare con lui», dice Salvini. E al Colle? «Entro 15 giorni avrete il nome», afferma. Se Berlusconi non è in campo «dobbiamo essere pronti a fare un’altra proposta», dice il capogruppo della Lega alla Camera, Molinari. Ma il Cavaliere c’è. Con la spinta di Dell’Utri (“Può farcela”) e i buoni uffici di Sgarbi. Che fanno insospettire e irritare ancor di più i leghisti.