Forza Italia, cresce il malumore contro Ronzulli capogruppo al Senato: Lotito, Fazzone e Casellati pronti a lasciare

Ronzulli: "Non sarò un problema, centrodestra si presenterà unito al Colle"

Forza Italia, cresce il malumore contro Ronzulli capogruppo al Senato: Lotito, Fazzone e Casellati pronti a lasciare
Forza Italia, cresce il malumore contro Ronzulli capogruppo al Senato: Lotito, Fazzone e Casellati pronti a lasciare
di Andrea Bulleri
Lunedì 17 Ottobre 2022, 00:01 - Ultimo agg. 18 Ottobre, 09:26
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Ricucitori contro barricaderi. Meloniani versus amici di Ronzulli. Sono due le anime che in queste ore si fronteggiano dentro Forza Italia. Quello che per gli storici della politica nacque come il «partito azienda» e che oggi invece si riscopre diviso. Spaccato a metà. Al punto che tre senatori potrebbero essere sul punto di lasciare, se lo scontro arrivasse alle estreme conseguenze. 

Perché se tutti, tra gli azzurri, proclamano fedeltà a Silvio Berlusconi, da giorni ormai gli animi non sono ugualmente ben disposti verso la plenipotenziaria del Cavaliere, Licia Ronzulli. La senatrice che voleva diventare ministra.

Colpevole – accusa chi non ha gradito le ultime mosse forziste, a cominciare dalla scelta di non votare Ignazio La Russa alla presidenza del Senato – di aver fatto impantanare le trattative sul governo. Tenendo tutto bloccato per giorni. Un nome che continua a creare contrasti, dentro FI. 

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LA NOTA

Lei, in serata, ha diffuso una nota: «Il caso Ronzullì non è mai esistito, e comunque non esiste più. Sono figlia di un Carabiniere e mio padre mi ha insegnato che servire la Patria è il primo dovere di ogni cittadino e prima di tutto di chi ha responsabilità pubbliche. L’Italia ha bisogno di avere un governo al più presto, con una squadra di alto profilo, sostenuta da una coalizione di centrodestra unita, coesa e compatta, così come si è presentata agli italiani e così come ci hanno chiesto gli italiani». E ancora: «Nella squadra di governo Fi dovrà svolgere il ruolo importante, sul piano dei contenuti e degli assetti, che le è stato conferito dal consenso degli elettori. Nei prossimi giorni il centro destra si presenterà unito al Colle, per proporre al Presidente della Repubblica di conferire l’incarico all’on. Meloni, che ha il diritto-dovere di guidare il paese per portarlo fuori dalla crisi. A dispetto delle ricostruzioni malevole, io ho sempre lavorato per questo, anche in occasione della votazione per il Presidente del Senato. Continuerò a farlo, da Senatrice della Repubblica o in qualunque ruolo il Presidente Berlusconi ritenesse di indicarmi».

L’AZZARDO

Ma i malumori restano. Secondo molti dentro Fi, un timoniere come Ronzulli potrebbe esporre la pattuglia forzista a una navigazione agitata. Un po’ come è successo alla prima prova di giovedì, quando La Russa è arrivato allo scranno più alto del Senato anche senza i voti di Forza Italia. Dunque, figurarsi che altro potrebbe succedere nelle prossime settimane se Licia fosse lasciata a briglie sciolte. Certo, anche lei ha i suoi sostenitori. Come Alberto Barachini, che con Ronzulli andò a trattare in via della Scrofa sui posti da ministro a FI. E poi Dario Damiani, Roberto Rosso e Paolo Zangrillo. Favorevole alla linea “dura” anche Gianfranco Micciché. Sull’altra sponda, dalla parte dei pontieri Maurizio Gasparri, Francesco Paolo Sisto, Stefania Craxi. Oltre a Elisabetta Casellati, unica forzista insieme a Berlusconi che al voto sulla presidenza del Senato ha scelto di partecipare. Con lei, tra i più agguerriti, il presidente della Lazio Claudio Lotito, pronto secondo i rumors a traslocare armi e bagagli in FdI. Mentre Claudio Fazzone, se tutto precipitasse, potrebbe migrare dentro Italia Viva. Più nebulosa, invece, l’eventuale destinazione dell’ex presidente del Senato, forse verso la Lega. 

Frattura che inevitabilmente si ripropone anche alla Camera. Con l’ex presidente dei deputati Paolo Barelli e il coordinatore nazionale Antonio Tajani accreditati sulla tolda di comando dei “ricucitori”. Mentre più vicini a Ronzulli sarebbero big come Alessandro Cattaneo. E poi Giorgio Mulè, indicato in queste ore come possibile capogruppo a Montecitorio. 

INCUBO SCISSIONE

Una frattura che, se dal vertice di questa mattina non uscirà la pace tra Berlusconi e Meloni, c’è chi teme possa essere portata alle estreme conseguenze. È lo scenario dell’Armageddon, per FI: quello della scissione dei gruppi. Governisti da una parte, oltranzisti dall’altra. Ipotesi le cui quotazioni si impennerebbero qualora il Cavaliere dovesse ripensarci e decidere per l’all-in, la salita da solo al Quirinale per le consultazioni. 
Dalle prime file azzurre bollano la questione come «un tema che non esiste». Eppure tra i parlamentari si aggira lo spettro di un copione già visto. Quello del 2013. Quando il Cavaliere, all’epoca in maggioranza con il Pd nel governo delle larghe intese di Enrico Letta, fu disarcionato dal suo scranno senatoriale dalla legge Severino. E poco dopo decise di staccare la spina all’esecutivo. Governo che però fu salvato dall’addio al partito (che allora si chiamava Popolo della libertà) della truppa di Angelino Alfano, che dette vita al Nuovo centrodestra. 

Una storia che tutti giurano di non voler ripetere, dentro FI. Ma che qualcuno nei giorni scorsi ha visto profilarsi all’orizzonte. Tanto che nel Palazzo già gira il nome di Lorenzo Cesa, dell’Udc, eletto deputato con la lista Noi moderati, come incaricato di sondare la disponibilità di eventuali “responsabili”, tra gli azzurri, pronti ad appoggiare l’esecutivo Meloni in caso di passo indietro di Silvio. È il paracadute, l’uscita di sicurezza. Quella che nessuno vorrebbe essere costretto a imboccare. Salvo in caso di incendio.

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