Scandalo bonus, i deputati e i consiglieri ​regionali coinvolti sono quasi tutti del Nord

Il Senato della Repubblica
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di Diodato Pirone
Giovedì 13 Agosto 2020, 18:25 - Ultimo agg. 21:34
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A cinque giorni dall'avvio dello scandalo dei deputati che hanno chiesto e ottenuto il Bonus Covid Inps da 600 euro (che poi nella sua interezza è di 2.200 euro) forse vale la pena mettere assieme i numeri che stanno emergendo e i profili sociali che compongono il puzzle di questa squallida videnda.

La prima cosa che colpisce è che - almeno finora - lo scandalo riguarda quasi solo personale politico del Nord. I percettori del bonus sono in massima parte lavoratori autonomi che hanno trovato nella politica una sorta di "secondo lavoro". In buona parte  appartengono all'Italia profonda, spesso sono nati (anagraficamente e politicamente) in paesini di poche centinaia di abitanti del piacentino, del mantovano, dell'Alto Adige nei quali hanno fatto qualche hanno di gavetta prima di essere portati da qualche ras di partito nel girone degli eletti nazionali e di quelli regionali. Si tratta di albergatori, titolari di microindustrie familiari e di piccoli negozi o di ristoranti, spesso con soci.

Per questa tipologia di politico il bonus è uno dei tanti provvedimenti che sono piovuti in questi mesi. Non a caso molti dei consiglieri regionali hanno anche intascato il bonus a fondo perduto per le piccole aziende. Non devono aver fatto troppi ragionamenti sulla llro funzione di rappresentanza anche perché sul piano puramente economico non c'è una sostanziale differenza fra un deputato e un consigliere regionale. Anzi la realtà è che spesso un consigliere regionale, che ha meno spese di un deputato, finisce per avere un reddito mensile netto superiore e comunque vicino ai 7/8.000 euro al mese.

La seconda considerazione è che il successo elettorale della Lega ha lanciato nella rappresentanza istituzionale moltissimi micro-imprenditori della provincia più piccola. Non si spiega altrimenti perché proprio la Lega è nettamente in testa nella classifica dei rappresentanti che hanno ottenuto i bonus. La Lega ha dovuto sospendere finora due deputati e ben 8 consiglieri regionali (tre in Veneto, due in Piemonte, uno in Trentino, uno in Emilia, uno in Liguria). Segue l'Svp il partito della comunità di lingua tedesca dell'Alto Adige con tre consiglieri (fatto forse più grave che altrove perché da quelle parti c'è stata una mezza rivolta popolare contro i superstipendi e le superpensioni garantite ai consilieri) e poi con 1 caso a testa il Pd, Forza Italia, il Misto del Friuli (Tondo ex presidente di centrodestra della Regione), i socialisti, una lista civica dell'Alto Adige.

Per capire bene la portata della cosa, però, occorre separare il grano dalle altre erbacce. Nello scandalo sono finiti anche alcuni consiglieri regionali e alcuni sindaci (ad esempio quello di campobasso dei 5Stelle) che fanno gli avvocati o altre professioni. Questi politici però hanno preso il bonus dalle loro Casse professionali (e non quello Inps) sulla base di regole precise. La Cassa forense infatti ha pagato il bonus a tutti gli avvocati con reddito 2019 inferiore ai 35.000 euro e a quelli fino a 50.000 euro di reddito che hanno avuto un calo del fatturato. Non a caso oltre il 50% dei 200.000 avvocati italiani ha ottenuto il bonus. Se un sindaco-avvocato guadagna dalla sua professione meno di 35.000 euro, sapendo che le indennità dei sindaci sono modeste e comunque imparagonabili a quelle dei deputati e dei consiglieri regionali, perché non avrebbe dovuto fare domanda per il bonus? Il Covid ha chiuso i Tribunali ed era più che corretto ristorare chi si è visto azzerare l'attività. 

Il bonus Inps non aveva limiti di reddito nel senso che per consentire all'Inps di non perdere tempo nel pagarlo era sufficiente fare una domanda. Lo Stato in questo caso  si è fidato dei contribuenti pensando che lo avrebbe chiesto solo chi era veramente in difficoltà.
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