Furbetti del bonus, adesso i parlamentari hanno paura: «Così neanche il contributo auto»

Furbetti del bonus, adesso i peones hanno paura: «Così neanche il contributo auto»
Furbetti del bonus, adesso i peones hanno paura: «Così neanche il contributo auto»
di Emilio Pucci
Mercoledì 12 Agosto 2020, 00:30 - Ultimo agg. 07:31
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Salvini d’accordo con Zaia: dopo una indagine interna fa sapere che chi si è macchiato della colpa di aver chiesto il bonus dedicato alle partite Iva non sarà più ricandidato. Di Maio d’accordo con il garante della Privacy: «Ora non ci sono più scuse, bisogna conoscere i nomi». Anche i dem rilanciano la tesi della «vergogna» mentre Iv continua a prendersela con il presidente dell’Inps Tridico. Tutti dunque per la linea dura, nessuna forza politica è disposta a perdonare. Ma in questo clima ora i deputati e i senatori, al di là degli schieramenti di appartenenza, hanno paura. 

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Certo, si tratta di «una questione etica», di un gesto irrispettoso di chi non ha considerato che quei fondi dovevano servire a chi veramente ne aveva bisogno, tuttavia la caccia alle streghe, partita da giorni, preoccupa ‘big’ e ‘peones’ di ogni partito. C’è malessere perfino nel Movimento 5Stelle per l’ordine partito di rinuncia alla privacy con tanto di autocertificazione. «E se adesso chiedo l’ecobonus cosa succede?», allarga le braccia un pentastellato. «Dal 2015 sto usufruendo del bonus ristrutturazione. Se si viene a sapere sono nel torto?», si chiede un renziano. «Avevo pensato di chiedere il bonus per cambiare l’auto, ma mi sa che ne farò a meno», si lamenta un altro esponente della maggioranza. Accade che da un lato tutti chiedono che i responsabili del ‘misfatto’ facciano un passo avanti, che si cambi la legge, che i deputati restituiscano il ‘tesoretto’. Dall’altro, però, c’è il terrore di venire risucchiati nella gogna mediatica. Di vedere le proprie facce alla mercè dei social. 

Nella Lega fin dal primo giorno sono circolati i nomi del mantovano Dara e della piacentina Murelli. Salvini li ha chiamati e ha sentito al telefono anche alcuni consiglieri regionali che hanno chiesto il bonus. Ma mentre il segretario del partito di via Bellerio non vuole sentire scuse, molti ‘lumbard’ sotto traccia coprono i propri colleghi, «si è trattato solo di una leggerezza», la tesi ricorrente. 

Anche negli altri partiti sono in tanti che, pur rimarcando la gravità del caso, chiedono di abbassare i toni. Il consigliere piemontese Sarno ha fatto outing spiegando che si è trattato di un errore e quei soldi li ha ridati subito in beneficienza. Rimproverano chi ha alzato la voce di evitare di alimentare l’antipolitica. «Tutti hanno qualche scheletro nell’armadio, di questo passo non si salva più nessuno», dice un leghista. Le chat parlamentari ribollono. Chi cerca di ridimensionare la vicenda viene tacciato di incoerenza. Succede perfino nel Movimento 5Stelle: «Ma ora chi ha chiesto il bonus per i monopattini è un delinquente?», azzarda un senatore. «Chi ha la responsabilità di questo Paese dovrebbe darsi una calmata», dice un deputato dem. 

Anche qualora si arrivasse ad audire Tridico in Commissione il convincimento è che non si possa fare nulla per ‘sanare’ la ferita. Il governo sta ragionando sul da farsi, il Pd ha già promesso che presenterà un emendamento al dl Agosto che sarà incardinato a palazzo Madama. «Ma qui – è il ‘refrain’ di chi non vorrebbe che si alzassero ulteriori polveroni – rischiamo contraccolpi seri». Eppure questa campagna elettorale per le Regionali sembra giocarsi proprio sui ‘furbetti’. «Noi non abbiamo nulla da nascondere – dicono i vertici M5S – al contrario della Lega…». E subito arriva il rilancio di Salvini con la promessa di cacciare gli «irresponsabili». Un vero e proprio psicodramma, con sospetti incrociati e minacce di querele. Anche all’interno degli stessi partiti – a sentire più di un onorevole – ci si guarda in cagnesco. 

La stessa campagna dei vertici M5s che ha invitato chi ha firmato la rinuncia alla privacy a mettere una propria foto sui social con tanto di commento non è stata molto gradita. «Forse è stato un nostro ex senatore...», ipotizza un pentastellato. Mentre il segretario ‘lumbard’ ha invitato tutti i suoi parlamentari a non rispondere al telefono ai giornalisti. Eppure – ammette un esponente di governo M5S – quando è stata pensata la norma era stato lanciato l’avvertimento. «Va bene la tempestività ma bisognava comunque porre un tetto», osserva un sottosegretario. E c’è chi mette nel mirino altre categorie: «Ci sono avvocati e commercialisti che hanno fatto la stessa cosa. Perché colpire solo quei pochi parlamentari che hanno sbagliato?», si chiede un presidente di commissione. «In giro ci sono troppi Robespierre», è il grido d’allarme lanciato da qualche consigliere regionale che pur ci ha messo la faccia. La preoccupazione è che non rotolerà, mediaticamente parlando, solo qualche testa. «Non è una difesa della casta ma fare il parlamentare diventerà un insulto», sottolinea un forzista. Ecco l’altra faccia della medaglia, di chi si appella al garantismo per chi – al di là dell’inopportunità dell’operazione – non ha commesso alcun reato. «E’ una manovra – il sospetto nel centrodestra – costruita ad arte da M5S per perorare la causa del taglio dei parlamentari”. Pd e Iv, pur avendo detto sì al taglio, non organizzeranno alcuna iniziativa sul territorio. «Ma ora è evidente – si lamenta un dirigente dem – che i pentastellati si intesteranno da soli la vittoria». 
 

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