Energia, il piano di Draghi: «Subito i rigassificatori»

Entro due settimane il progetto: nuovi impianti e connessioni con le reti europee. Primo accordo sugli acquisti comuni Ue. Stallo sul tetto ai prezzi: Norvegia contraria

Energia, il piano di Draghi: «Subito i rigassificatori»
Energia, il piano di Draghi: «Subito i rigassificatori»
di Francesco Malfetano
Sabato 26 Marzo 2022, 00:10
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«Abbiamo fatto passi avanti». Così il premier Mario Draghi, al termine del tesissimo Consiglio europeo «focalizzato sull’energia» di ieri, ha sintetizzato le lunghe ore di trattativa con gli altri leader della Ue. Un summit in cui forse si sono raggiunte meno risultati del previsto, dato il mancato accordo sul tetto del prezzo del gas e sullo scorporo dello stesso da quello per l’elettricità, ma da cui l’Italia esce almeno con qualche certezza in più. In particolare per quanto riguarda l’immediato futuro energetico. 


Non solo sul fronte comunitario, con l’intesa raggiunta sullo stoccaggio comune del gas da «iniziare al più presto» come si legge nelle conclusioni del summit, ma anche su quello che è il vero punto debole della Penisola, la diversificazione energetica. «Entro un paio di settimane avremo un piano dettagliato» spiega Draghi, ma saremo anche in grado di assorbire i 15 miliardi di metri cubi di gas che gli Stati Uniti sono pronti ad inviare all’Europa (circa il 10% dell’intero fabbisogno Ue). Come? «L’importante è vedere se noi disponiamo dei rigassificatori. Ne abbiamo 3: uno molto grande, due piccoli, il ministro Roberto Cingolani ha dato disposizioni alla Snam di acquistarne altri due, navi galleggianti, non su terreno». 
Draghi ribadisce che la pretesa di Mosca di far pagare il gas in rubli sia una violazione contrattuale, ed è peraltro convinto che le forniture russe non si ridurranno per questo.

Quindi il premier rilancia sulla possibilità di ricorrere a ulteriori aiuti economici per famiglie e imprese, strategia che il Consiglio ora suggerisce agli altri Paesi Ue. «Vedremo» sottolinea riferendosi al Def in arrivo.

LA BATTAGLIA SUL “PRICE CAP”

«In un certo senso siamo stati soddisfatti della conclusione del vertice» dice. Eppure questo Consiglio Ue è stato quasi una battaglia campale, essendosi prolungato per molte ore rispetto al programma nonostante buona parte delle valutazioni su guerra in Ucraina e difesa fossero già state affrontate nella tripletta di incontri tenuti a Bruxelles giovedì. In particolare lo scontro si è consumato sull’ipotesi di inserire un tetto al prezzo del gas. L’Italia assieme a Spagna, Grecia e Portogallo ha insistito molto affinché venisse inserito il “price cap”, strappando però solo un mandato alla commissione per discuterne con le grandi società. L’opposizione dei governi del Nord Europa infatti, Norvegia in testa, sembra motivata soprattutto dalle centinaia di miliardi di profitti «straordinari» registrati nelle ultime settimane dalle aziende del Paese scandinavo. Ed è per questo che anche le imprese parteciperanno a un Consiglio dell’energia con i ministri Ue per arrivare al prossimo Consiglio Ue straordinario di maggio con delle proposte. In parallelo, in sede europea, si continuerà a discutere la proposta della Commissione sulla possibilità di spacchettare la formazione del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, «che è un altro aspetto per il quale bisogna aspettare un rapporto del regolatore europeo». 
I Ventisette hanno però raggiunto una prima intesa formale sulla possibilità di creare una sorta di task force per l’acquisto del gas sotto il coordinamento della Commissione Ue, sul modello dei rifornimenti per i vaccini anti-Covid. C’è la volontà ma bisognerà riparlarne. E si riparlerà anche della costruzione di nuovi collegamenti via tubo tra i paesi europei per evitare che qualcuno – per esempio la penisola iberica – resti tagliato fuori. Anche perché, ha spiegato il premier riferendosi ad un piano per le infrastrutture strategiche in corso di elaborazione su spinta francese, si tratta di reti che potranno poi essere convertite per l’idrogeno.


Il premier è tornato sull’impegno ad aumentare le spese militari al 2%: un impegno - ha ricordato - che è stato preso da tutti i governi precedenti a partire dal 2006. Poi ha espresso solidarietà al giornalista italiano attaccato dall’ambasciatore russo: «Forse non è una sorpresa che l’ambasciatore russo si sia così inquietato con un giornale italiano che poteva esprimere una opinione. In fondo lui è ambasciatore di un Paese in cui non c’è la libertà di stampa. Da noi c’è e si sta molto meglio». Per Draghi Vladimir Putin - con cui avrà presto un colloquio - non cerca la pace perché «se vuole la pace, deve cessare le ostilità». E da Kiev il capo di gabinetto del presidente Zelensky, Andriy Yermak, in un’intervista chiama in causa l’Italia come possibile garante della sicurezza ucraina: «I membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu devono essere i garanti della nostra sicurezza. Vorremmo aggiungere anche la Turchia, la Germania, il Canada, Israele». E ci sono «anche informazioni di un interesse dell’Italia a unirsi a questo processo». 

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