Giorgia Meloni: «Fuori dai giochi perché non ho votato Mattarella? Io non mi adeguo, decidono gli italiani»

Giorgia Meloni: «Fuori dai giochi perché non ho votato Mattarella? Io non mi adeguo, decidono gli italiani»
Giorgia Meloni: «Fuori dai giochi perché non ho votato Mattarella? Io non mi adeguo, decidono gli italiani»
Lunedì 31 Gennaio 2022, 20:16 - Ultimo agg. 21:13
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Non si fermano le scosse di assestamento nel centrodestra, dopo il 'terremoto' del Quirinale. Se Matteo Salvini prova a rilanciare con la federazione o il partito repubblicano in stile Usa (idea che rivendica in realtà Silvio Berlusconi), Giorgia Meloni va all'attacco. La leader di Fratelli d'Italia - la prima a denunciare pubblicamente una coalizione «polverizzata» lo stesso giorno della rielezione di Sergio Mattarella - minaccia gli alleati che potrebbe correre da sola alle prossime elezioni. «Vedremo», risponde a Nicola Porro che le chiede se la coalizione si presenterà unita nei collegi uninominali. «Io oggi ho una difficoltà oggettiva», aggiunge.

Poi pretende chiarezza e avverte: «Se si sta con il centrodestra, bisogna fare il centrodestra e non ogni volta scegliere il centrosinistra o alleanze di governo».

Parole che incrinano la tenuta della squadra alla vigilia del consiglio federale della Lega e nel giorno di ritrovata vicinanza «umana e politica» - sottolinea Forza Italia - tra Salvini e Berlusconi. Uscito dal San Raffaele dove era ricoverato da giorni, il Cavaliere accoglie ad Arcore il leghista, per un colloquio di due ore definito una «visita affettuosa». 

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Ma la tensione tra alleati non si placa, in un gioco di sospetti e rivalità che coinvolge anche i centristi e che porta al 'tutti contro tuttì. In ballo c'è il futuro del centrodestra, che si trova all'ennesimo bivio tra vivacchiare, cioè morire, o trasformarsi (copyright di Salvini). Lo stress test finito con la rielezione di Mattarella richiede una via d'uscita. Anche per cercare di sbollire il malcontento interno ai vari partiti. Quasi tutti senza una direzione. Tanto meno un traguardo.

Prova a tracciarlo il segretario della Lega in una lettera al Giornale, interpretata da alcuni come un 'manifestò del centrodestra che verrà. E così il 'capitanò si prepara al consiglio federale domani pomeriggio in via Bellerio. «È inutile nasconderci dietro un dito», è l'incipit della sua operazione verità sul quotidiano diretto da Minzolini. L'ex ministro ammette i limiti mostrati dalla coalizione ma assicura: «Non mi abbatto. E rilancio». Da qui l'annuncio: «È giunto il momento di federarci». Un'idea in realtà vecchia di mesi - anzi ereditata da FI, che non gradisce l'amnesia - ma ora più urgente, visti gli schiaffi presi sul campo.

Salvini chiarisce che non pensa a un partito unico, ma «solo un nuovo contenitore politico delle forze di centrodestra, a cominciare da quelle che appoggiano il governo Draghi». Insomma, un patto con FI e centristi, escludendo per ora FdI rimasta sull'Aventino. Ma è proprio la leader di destra a rivendicare la scelta: «Io non mi adeguo, non mi piego», tuona a Rete 4. Ripete di non aver paura dell'isolamento (il mantra è 'meglio soli che mal accompagnatì). E si intesta una forma di nuova leadership del centrodestra: «è con gli italiani che mi voglio alleare».

Non ci sta FI. Per Antonio Tajani, il Cav «si è ripreso il centro della scena» e garantisce che non la lascerà. Di sicuro gli azzurri nicchiano sulla federazione e ripetono in coro che in ogni caso «l'approdo non può che essere una comune e piena adesione ai valori del popolarismo europeo». Gli stessi che li dividono ora dai leghisti. In più, FI continua a lavorare per aggregare i partitini di centro, in primis Coraggio Italia, tra i più restii a un'alleanza con sovranisti e populisti. I 'totianì del resto l'hanno dimostrato nel mancato voto per Elisabetta Casellati al Colle. Da qui le accuse della Lega che, per ricostruire il centrodestra, prende le distanze sia dai «trasformisti dell'ultim'ora» (alias i moderati) sia da «estremisti legati a ideologie sconfitte dalla storia» e il riferimento sembra andare a FdI. A dividere tutti poi c'è la legge elettorale tra favorevoli al maggioritario (Lega e FdI e apparentemente FI) e i centristi che non ne vogliono sapere.

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