Giuseppe Conte, blitz a casa dell’ex premier: la Finanza acquisisce i contratti di consulenza

Si indaga per bancarotta e false fatturazioni, indagini legate agli incarichi di Acqua Marcia

Giuseppe Conte, blitz a casa dell’ex premier: la Finanza acquisisce i contratti di consulenza
Giuseppe Conte, blitz a casa dell’ex premier: la Finanza acquisisce i contratti di consulenza
di Valentina Errante
Giovedì 3 Febbraio 2022, 06:56 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 02:35
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Un incarico da 400mila euro che avrebbe garantito ad Acqua Marcia l'omologa del concordato da parte del Tribunale fallimentare di Roma. Perché l'ex premier Giuseppe Conte, insieme ad altri avvocati, avrebbe assicurato il buon esito della pratica. Parola di Piero Amara. Sui verbali, che hanno provocato un terremoto giudiziario (con la spaccatura interna alla procura di Milano, l'affaire Paolo Storari e Piercamillo Davigo al Csm, un fascicolo a Brescia e un nuovo scandalo a Palazzo dei Marescialli), e la cui attendibilità è tutt'altro che accertata, gli uffici giudiziari continuano a portare avanti le verifiche.

Giuseppe Conte, blitz della Finanza

 

Tanto che, in autunno, i militari del nucleo economico e finanziario della Guardia di Finanza di Roma, su delega della procura, si sono presentati a casa dell'ex premier e negli studi legali, incluso lo studio Alpa, per acquisire tutti i documenti relativi al rapporto con il gruppo Acqua Marcia.

L'indagine è per bancarotta per dissipazione e false fatturazioni. Ma non ci sarebbero ancora indagati. Tutti gli interessati hanno già smentito le parole del legale siciliano, ex consulente Eni, protagonista delle inchieste degli ultimi anni.

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IL VERBALE
In un verbale del dicembre 2019, poi spedito anonimamente ai giornalisti, Amara riferendo di una loggia, chiamata Ungheria, aveva raccontato ai pm milanesi Laura Pedio e Paolo Storari che, nel 2012, l'ex vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Michele Vietti, lo aveva sollecitato a suggerire a Fabrizio Centofanti, all'epoca responsabile delle relazioni istituzionali del gruppo Acqua Marcia e diventato famoso per le presunte corruzioni di Luca Palamara, di nominare per il concordato professionisti a lui vicini: Enrico Caratozzolo, Giuseppe Conte e Guido Alpa. Conte all'epoca della verbalizzazione era presidente del Consiglio.

 

Sempre secondo l'avvocato siciliano, che ha già patteggiato diverse condanne ed è in carcere, Vietti era a conoscenza del fatto che l'imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone, in difficoltà per l'esposizione con le banche, dovesse ottenere l'omologa dalla sezione fallimentare del Tribunale di Roma. «Mi disse Vietti - ha messo a verbale Amara - che la nomina era condizione per ottenere l'omologa del concordato».


LA PARCELLA
È stato sempre l'avvocato siciliano, in un altro verbale, a riferire quanto ad Acqua Marcia fossero costati quegli incarichi: «L'importo che fu corrisposto da Acquamarcia ad Alpa e Conte, era di 400 mila euro a Conte e di 1 milione di euro ad Alpa. Questo l'ho saputo da Centofanti, che si arrabbiò molto perché il lavoro era sostanzialmente inutile, trattandosi della rivisitazione del contenzioso della società, attività che fu svolta da due ragazze in poche ore, e l'importo corrisposto fu particolarmente elevato». In realtà non tutte le parcelle sarebbero state pagate. Alpa ha fatturato alle società di Bellavista Caltagirone circa 400mila euro incassandone però poco più di 100mila. E anche le parcelle di Conte sarebbero state pagate solo in parte. Un passaggio che potrebbe diventare centrale per l'inchiesta, a fronte proprio delle fatture emesse.
LE INDAGINI
Le dichiarazioni di Amara, che hanno generato fascicoli in diverse procure e la cui attendibilità è tutta da verificare, a Roma, sono affidate al pm Maria Sabina Calabretta, che aveva già delegato la Finanza a procedere con le acquisizioni su Acqua Marcia, comprese le fatture relative agli incarichi conferiti. E alla fine, il nucleo, dallo studio Alpa, aveva portato via i documenti anche su altri incarichi. Il fascicolo partito da Milano e trasmesso a Roma per competenza, era stato mandato a Perugia, perché le dichiarazioni dell'avvocato lasciavano intendere che ci potesse essere il coinvolgimento di qualche magistrati. Ma dalla procura guidata da Raffaele Cantone gli atti sono tornati nella Capitale: le indagini non hanno consentito di individuare responsabilità tra le toghe.

 


LE SMENTITE
Le dichiarazioni di Piero Amara sono state smentite sia da Vietti che da Conte, ma anche dallo stesso Centofanti. L'ex presidente del Csm e deputato dell'Udc e l'ex premier hanno anche semtntito di conoscere l'avvocato siciliano. Definendo calunniose le dichiarazioni rese ai pm milanesi. Le inchieste, però, vanno avanti e a Perugia si indaga sull'esistenza della Loggia Ungheria, della quale avrebbero fatto parte anche politici, magistrati e alti rappresentanti delle istituzioni, oltre che imprenditori. La credibilità di Amara è stata più volte smentita. A cominciare dalle dichiarazioni nel processo milanese Eni, finito con l'assoluzione di tutti gli imputati.
 

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