Giuseppe Conte e l'alleanza (a pezzi) con il Pd: nodo Sicilia e il rischio dell'isolamento politico

L'ex premier: «Dem arroganti, non accettiamo la politica dei due forni»

Giuseppe Conte e l'alleanza (a pezzi) con il Pd: nodo Sicilia e il rischio dell'isolamento politico
Giuseppe Conte e l'alleanza (a pezzi) con il Pd: nodo Sicilia e il rischio dell'isolamento politico
Venerdì 22 Luglio 2022, 20:19 - Ultimo agg. 26 Luglio, 19:58
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Il M5s si prepara a correre per il voto anticipato senza aver ancora risolta l'annosa questione del terzo mandato e senza ancora sapere che fine farà l'alleanza con il Pd, considerati i toni che Giuseppe Conte definisce «arroganti» al punto di sentire la necessità di lanciare il suo ultimatum ed attaccare i dem. «Non accettiamo la politica dei due forni. Quel che vale a Roma vale a Palermo» mette in chiaro il leader 5 Stelle dando il suo ok alla partecipazione alle primarie in Sicilia: «Ormai la macchina delle primarie siciliane è partita e domani il Movimento vi prenderà parte». Ma la collocazione del Movimento nelle alleanze e la soluzione delle sue diatribe interne sono ancora lontane dall'essere chiarite. Non una bazzecola vista l'urgenza di comporre le liste elettorali entro metà agosto.

 

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Conte al lavoro nel fine settimana

Conte è al lavoro e si dovrebbe prendere anche il fine settimana per una riflessione approfondita sulle prossime mosse da fare.

Al momento sembrano congelati i propositi di nuove scissioni anche se alcuni parlamentari potrebbero essere tentati di passare con altre forze politiche per dare un seguito alla loro esperienza sul campo. «I giochi ormai sono fatti» è il leit motiv che circola tra contiani e dimaiani che non si attendono nuovi passaggi verso la formazione di Luigi Di Maio, come testimonia il congelamento del caso Crippa, il capogruppo 5 Stelle alla Camera finito nel mirino dei deputati pentastellati per aver perorato la causa della fiducia a Draghi. C'è chi si interroga sul futuro del ministro Federico D'Incà che ha già «esaurito» i suoi due mandati al contrario, ad esempio, del collega Stefano Patuanelli che è ancora al primo mandato.

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M5S, le deroghe per i big

Per gli altri «big» pentastellati sono state sempre ipotizzate possibili «deroghe»: se venissero decise sarebbero comunque poche, una cinquina. E potrebbero riguardare Roberto Fico, Alfonso Bonafede, Paola Taverna, Danilo Toninelli, Stefano Buffagni. Ma in realtà nulla è deciso anche se Conte a suo tempo aveva promesso di voler interrogare gli iscritti in proposito. «È una decisione che dovranno prendere Conte e Grillo» ha dichiarato Crippa in un'intervista in cui invita ad una seria analisi dei «costi-benefici» che deriverebbe dal sacrificio di figure di esperienza con in più il rischio di vederle transitare in altri partiti. Non sembra invece in dirittura d'arrivo l'apporto di figure come quella di Virginia Raggi o di Alessandro Di Battista che, secondo alcune stime, porterebbero in dote al M5s oltre un paio di punti percentuali di voti in più: «Ha abbandonato il M5s qualche tempo fa. Credo che abbia altri progetti» commenta la deputata e responsabile del Comitato politiche giovanili nel Consiglio Nazionale del partito, Vittoria Baldino. Il M5s sta vivendo giorni di isolamento con i dem infuriati per la mancata fiducia a Draghi e Di Maio che lo inquadra nell'area degli irresponsabili «di destra» che hanno buttato giù il governo. Su Conte pende anche la nuova offensiva dell'avvocato Borrè, difensore di alcuni parlamentari espulsi per non aver dato la fiducia a Draghi in occasione del suo insediamento a febbraio. «O tutti espulsi o nessun espulso» è la sintesi della diffida inviata dal legale ai probiviri del M5s ai quali contesta di non aver irrogato le sanzioni previste dal codice etico M5s nei confronti dei parlamentari che mercoledì non hanno votato la fiducia al governo.

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