Il Colle: niente doppiezze e serve un accordo solido

Il Colle: niente doppiezze e serve un accordo solido
Il Colle: niente doppiezze e serve un accordo solido
di Alberto Gentili
Giovedì 22 Agosto 2019, 07:24 - Ultimo agg. 07:47
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Sergio Mattarella, nella prima giornata delle sue consultazioni, non ha fatto giri di parole. Perché «bisogna fare in fretta, occorre dare al più presto certezze al Paese». E perché, dopo la grottesca zuffa d'agosto che ha portato alla crisi del governo giallo-verde, «non si può perdere altro tempo: è impraticabile andare a votare a novembre inoltrato». L'Italia rischierebbe l'esercizio provvisorio e di essere colpita da devastanti tempeste finanziarie.

Così, nei colloqui con le delegazioni delle Autonomie, del gruppo Misto e di Leu, il capo dello Stato è andato dritto al punto: «Abbiamo davanti due strade. La prima sono le elezioni, al più tardi a fine ottobre. La seconda strada potrebbe essere rappresentata dal fatto che le due principali forze politiche, 5Stelle e Pd, vengano qui e manifestino la volontà chiara e concreta, seria nei programmi e solida nei numeri, di costruire un governo politico di respiro per la legislatura. Soluzioni di mezzo non ce ne sono». E con queste ultime parole, il Presidente, ha voluto togliere dal campo la possibilità di dare incarichi esplorativi a un premier che andrebbe a cercare i voti in Parlamento di ipotetici gruppi di responsabili.

Mattarella non vuole pasticci. Non brigherà per formare un governo a prescindere. Vuole, appunto, che Pd, Cinquestelle, Leu, +Europa e Autonomie raggiungano un'intesa «chiara, solida, seria, concreta e duratura». Non un accordo di basso profilo per evitare la tagliola delle elezioni. Se fosse così, ci sarebbe solo il voto a fine ottobre.

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CAPRIOLE VIETATE
Ebbene, dato che questa eventualità è tutt'altro che esclusa considerate le difficoltà dei grillini a stringere il patto con il Pd (i Dem in direzione hanno invece già detto sì, all'unanimità, al governo di svolta), il capo dello stato pretende chiarezza al più presto. Con un'annotazione, quasi a voler sventare doppi giochi da parte di chi è più titubante come Luigi Di Maio: «In questa partita vale ciò che le forze politiche vengono a dire a me, ma anche quello che dicono fuori di qui. Sarebbe meglio che dicessero le stesse cose...». Quasi un appello alla linearità di comportamento e un monito: giravolte e capriole porterebbero dritto alle elezioni.

Oggi Mattarella chiuderà le consultazioni. Poi darà tempo fino a lunedì ai due potenziali alleati di stringere l'intesa sul programma e soprattutto sul nome del premier. Un timing molto diverso da quello dello scorso anno, quando concesse 89 giorni a Luigi Di Maio e a Matteo Salvini per raggiungere l'accordo. Ma allora c'era un Parlamento appena eletto e uno scioglimento immediato della legislatura sarebbe stato molto traumatico. I tempi brevi, secondo fonti autorevoli del Pd, non sono «però un problema. Anzi, possono evitare che i grillini messi alle strette si avvitino nei loro dubbi, paure e incertezze». «Se poi un accordo fosse a portata di mano», ha affermato a Sky il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, «e se si verificasse un'evoluzione positiva della trattativa, qualche giorno in più verrà concesso da Mattarella nella sua saggezza».

Si vedrà. Di certo, c'è che il Presidente garantisce a tutti i partiti massima neutralità. Non si schiera in questa crisi tra chi vuole un nuovo governo e chi invece invoca le elezioni. Mattarella vuole essere inattaccabile e inappuntabile. La ragione non sono timori personali. Ma evitare il rischio che chi, come Salvini vuole il voto a tutti costi e già agita la minaccia della piazza, possa trascinare la massima istituzione della Repubblica nella zuffa politica.
Il suo compito, ha spiegato il capo dello Stato i gruppi parlamentari e ai presidenti delle Camera Maria Elisabetta Casellati e Roberto Fico, è quello di registrare la volontà del Parlamento. E, si diceva, al più presto. Perché di fronte a qualsiasi eventuale emergenza d'agosto occorre ci sia un governo in carica con unità di vedute e d'intenti. E perché più tempo passa, più diventa concreto il rischio di andare all'esercizio provvisorio.

L'ATTENZIONE AI NUMERI
Nelle sue consultazioni, per evitare governicchi e pasticci che innescherebbero il rischio di precipitare dopo pochi mesi in una nuova crisi, Mattarella dà molta attenzione ai numeri. Proprio per garantire «solidità e durata». Il Presidente, ad esempio, ha chiesto il dettaglio dei numeri per il governo di legislatura a Emma Bonino, Pietro Grasso, Loredana De Petris e Riccardo Nencini. E lo stesso ha fatto con Federico Fornaro di Leu e con la capogruppo delle Autonomie del Senato, Julia Unterberger: «Quanti di voi sono per il nuovo esecutivo? E quanti per le elezioni?».

Con il Presidente, la Bonino, la De Petris e Nencini hanno sollevato «la questione democratica». Annunciando il loro sì al governo di legislatura, i tre hanno fatto presente che se si votasse a fine ottobre «molte forze politiche non potrebbero presentarsi alle elezioni». La ragione: la legge elettorale prevede che solo i partiti con due gruppi parlamentari autonomi (M5S, Lega, Pd, Forza Italia, FdI) non debbano raccogliere le firme in calce alle liste elettorali. Tutte gli altri invece sì, anche se sono già presenti con propri esponenti in Parlamento. «E le cancellerie dei tribunali prima di metà settembre non saranno mai operative per autenticare le firme». Mattarella ha annotato, preoccupato.

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