Licenziamenti, è scontro, l’ira della Confindustria: «Ministero inaffidabile»

Licenziamenti, è scontro, l’ira della Confindustria: «Ministero inaffidabile»
di Andrea Bassi
Lunedì 24 Maggio 2021, 02:18 - Ultimo agg. 03:04
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Confindustria è sulle barricate. Di più. Da Nord a Sud gli industriali sono in rivolta. Il presidente di Unindustria Calabria, Aldo Ferrara, parla di «un colpo basso alle imprese». Angelo Camilli, che guida gli industriali romani, dice che la decisione «danneggerà l’economia». Il presidente di Federchimica, Alberto Dal Poz, chiede che il governo apra immediatamente un confronto. Marco Bonometti (Confindustria Lombardia), Enrico Carraro (Confindustria Veneto), Pietro Ferrari (Confindustria Emilia Romagna) e Marco Gay (Confindustria Piemonte) hanno diramato un comunicato congiunto in cui parlano di «disorientamento» delle imprese. Alessandro Spada, di Assolombarda, chiede «certezze» al governo. Insomma, per gli imprenditori il blocco dei licenziamenti fatto approvare in Consiglio dei ministri da Andrea Orlando, titolare del dicastero del Lavoro, è stato uno choc. «Quella norma», dicono, «non solo non era mai stata discussa, ma nemmeno mai ventilata». Sulla fine il 30 giugno del blocco dei licenziamenti c’era un accordo preso non solo con Orlando, ma avallato dallo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi: di un allungamento fino al 28 agosto «non si era mai discusso».


Il ministero si difende. Chi ha parlato con il ministro Orlando racconta che quello sorpreso sarebbe lui. La norma, fanno sapere fonti del ministero, «è stata approvata all’unanimità» in Consiglio dei ministri. E se ne sarebbe discusso anche nel preconsiglio, tanto che il ministero dell’Economia avrebbe dato il suo via libera. La linea di Orlando è chiara ed è rivolta soprattutto agli altri partiti della maggioranza: nessuno provi a prendere le distanze da una norma condivisa e approvata tutti insieme.

In verità dell’episodio circolano più versioni, e anche la dinamica con la quale è stato portato in Cdm lascia supporre che la vicenda possiede aspetti da chiarire. E comunque, ormai gli industriali parlano apertamente di una «inaffidabilità» del ministero del Lavoro. 


I TIMORI
Ritengono che da due anni, quindi già con il governo Conte, la guida del dicastero sia stata utilizzata solo per costruire consenso politico. La speranza era che dopo la parentesi grillina, con il Reddito di cittadinanza e le altre misure bandiera, si potesse arrivare a una gestione diversa dei delicatissimi temi del lavoro. Insomma, c’è grande delusione. L’impressione degli industriali è che non si stia dedicando alla formazione delle competenze la stessa cura che ricevono la transizione ecologica e quella digitale. Un problema serio per un sistema produttivo che ha scelto di posizionarsi sulla fascia alta del mercato. Ma perché prima di uscire allo scoperto gli industriali hanno atteso tre giorni dal Consiglio dei ministri? In realtà, da quanto ha appreso il Messaggero, Confindustria in questo lasso di tempo ha provato a riaprire un confronto con il governo, inviando a Palazzo Chigi una serie di proposte di modifica al blocco dei licenziamenti. Proposte che, tuttavia, si sarebbero infrante sul muro eretto dal ministro Orlando. Non solo, gli industriali contestano il fatto che le nuove norme sono state approvate in Consiglio dei ministri proprio mentre il Parlamento ha dato il via libera al primo decreto Sostegni, quello che conteneva l’accordo per lo stop selettivo a partire dal 30 giugno del blocco dei licenziamenti. 


La frattura tra il governo e gli industriali arriva proprio alla vigilia della partenza del Piano di ripresa, con i suoi 248 miliardi di investimenti. E si tratta di una frattura considerata «grave» dagli industriali. Proprio perché mette a rischio l’affidabilità del governo. Non proprio il massimo alla vigilia del maxi piano.
 

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