Salva-Roma, domani cdm. Castelli: «Non è una norma solo per la Capitale»

Laura Castelli
Laura Castelli
Lunedì 22 Aprile 2019, 15:32 - Ultimo agg. 23 Aprile, 10:17
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ROMA Il cosiddetto Salva Roma (che M5S chiama volutamente Salva Italia) non è altro che l'operazione annunciata sul debito storico di Roma dalla sindaca Virginia Raggi e dal viceministro dell'Economia Laura Castelli il 4 aprile scorso. Si tratta dell'intenzione di chiudere nel 2021 la struttura commissariale (definita dalla sindaca Virginia Raggi «una sorta di bad company») dipendente da Palazzo Chigi che gestisce da anni tutti i debiti accumulati dalla Capitale fino al 2008, debiti arrivati al momento a quota 12 miliardi. Secondo il M5S questa azione non comporterebbe oneri maggiori per lo Stato e per gli italiani, anzi produrrebbe dei risparmi e risorse in più a disposizione, tanto che la Raggi lo ha ribattezzato il Salva Italia. Tuttavia la Lega dall'inizio ha mostrato forti dubbi sulla misura, arrivando a chiederne lo stralcio. Addirittura la Lega in Campidoglio ne ha chiesto lo stop e Salvini ha rilanciato con un «o tutti o nessuno», riferendosi anche agli altri comuni a rischio dissesto. La norma è stata inserita nel decreto crescita e sulla sua permanenza è in atto uno scontro tra gli alleati di Governo. «Lo Stato si accolla una parte del debito finanziario e riduce i costi che dà alla gestione commissariale. È un'operazione win-win. I cittadini italiani non pagheranno l'operazione - le parole della Castelli durante l'annuncio - In caso contrario ci saremmo trovati nel 2022 con una crisi di liquidità fortissima che avrebbe soffocato la città». Al momento per ripagare i debiti di Roma nella gestione commissariale già confluiscono fondi statali (pari a 300 milioni ogni anno) insieme a fondi comunali (pari a 200 milioni). Chiudendola, la gestione di questi debiti passerebbe al Comune. I risparmi - stimati secondo gli ideatori di questa manovra in 2 miliardi e mezzo - deriverebbero dalla rinegoziazione dei mutui con le banche da parte dello Stato e da una ricognizione del piano di rientro del debito. Tali fondi nelle intenzioni della Raggi potrebbero essere utilizzati anche per ridurre l'Irpef, attualmente tra le più alte a Roma. La norma è stata messa a punto da tecnici del Governo con la collaborazione del Campidoglio. Obiettivo: individuare «una strategia finanziaria il cui primo scopo è la messa in sicurezza del piano di rientro fino al 2048. Si dà piena copertura ai 12 miliardi di debiti e quindi si garantiscono pagamenti certi a cittadini, imprese e istituti di credito». Per scongiurare la crisi di liquidità della gestione commissariale prevista a partire dal 2022, con possibili ripercussioni sul bilancio di Roma Capitale, lo Stato si farebbe carico di una parte dei debiti finanziari compensandoli «con una riduzione minima del contributo statale destinato ogni anno al 'commissariò». Nei prossimi tre anni, entro il 2021, verrebbe fissato in via definitiva il debito residuo. Poi si procederebbe alla chiusura della gestione commissariale.
«Voglio rassicurare il ministro Salvini, non c'è nessun 'Salva Romà, dalla lettura della norma, peraltro non replicabile, si comprende che così viene chiusa l'operazione voluta dal governo Berlusconi nel 2008, con un considerevole risparmio per lo Stato e per i cittadini». Lo afferma il viceministro dell'Economia, Laura Castelli. «Non c'è sempre bisogno di un nemico, perché -aggiunge- in questo caso non c'è un nemico. I Comuni vanno salvati tutti, perché così si salvano i servizi ai cittadini, l'ho detto anche nei giorni scorsi e lo confermo. Anche con quelli capoluogo di Città metropolitana, nei giorni scorsi, abbiamo avviato un dialogo proficuo. Stiamo facendo un ottimo lavoro, da quando siamo al governo, con norme puntuali e specifiche, con il coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali. I problemi delle amministrazioni sono diversi, e le soluzioni da adottare sono differenti. Purtroppo abbiamo trovato solo macerie, da cui è necessario ricostruire». «Noi -conclude Castelli- lavoriamo per rimetterli tutti in piedi, dal più grande al più piccolo, ognuno con la sua cura, perché ognuno ha una malattia diversa. A questo si può reagire solo rimboccandosi le maniche, con il dialogo e la comprensione. È un lavoro, puntuale, che stiamo facendo anche assieme al sottosegretario all'Interno, Stefano Candiani».
 

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