Salvini rinuncia a Mosca, chi ha vinto nella Lega? Da Zaia a Giorgetti come cambiano i rapporti di forze

Salvini rinuncia a Mosca, chi ha vinto nella Lega? Da Zaia a Giorgetti come cambiano i rapporti di forze
Salvini rinuncia a Mosca, chi ha vinto nella Lega? Da Zaia a Giorgetti come cambiano i rapporti di forze
di Francesco Malfetano
Sabato 4 Giugno 2022, 16:56
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La linea ufficiale è sempre la stessa e ben ripetuta: «Nella Lega nessuno ha mai pensato di metterne in discussione la leadership». Matteo Salvini si presenta in Polonia e viene respinto in malo modo? «Nessun dissidio». Organizza un viaggio a Mosca con un consulente estraneo al partito. «No comment». Va allo scontro frontale con Draghi? «La coesione si dimostra in Cdm». Eppure il dimenarsi del segretario leghista, ritmato peraltro dal calo costante nei contagi, dietro l'unità di facciata scandita ad ogni occasione utile a via Bellerio qualche crepa l'ha già creata.

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A dimostrarlo, per ultimo, sono le dichiarazioni di oggi del Capitano: «Mi sono confrontato con i vertici della Lega e abbiamo convenuto di imboccare altre strade» ha detto in tour elettorale a Belluno, alludendo allo stop definitivo alla programmata visita al Cremlino e, soprattutto, ad una decisione collegiale che ridimensiona la sua presa interna. Che Salvini non controllasse più il partito come un tempo, del resto, non è proprio un segreto. Negli ultimi 8-9 mesi, almeno dall'affaire Morisi in poi (ma anche già durante la gestione della pandemia), il segretario ha finito sempre più per ritagliarsi un ruolo diverso da quello di "condottiero" padano. Al leader che puntava a Palazzo Chigi dopo il Papeete, ha fatto seguito un frontman mandato in avanscoperta a rimestare tra il populismo 5S e l'opposizione di FdI mentre dietro di lui qualcuno lavorava a un progetto differente, a metà tra la svolta moderata e il ritorno alle origini.

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In altri termini i rapporti di forza all'interno della Lega continuano a ridefinirsi a discapito del Capitano. Al punto che qualcuno, in vista di un probabile flop alle prossime comunali, inizia a immaginare una Lega desalvinizzata o, quantomeno, indirizzata verso il redde rationem ormai ventilato da mesi. Uno scenario che - a meno di sorprese eclatanti - con ogni probabilità oggi è irrealizzabile ma che, mettendolo in prospettiva, potrebbe ripresentarsi al termine delle prossime elezioni politiche. Quando (e se) lo scivolamento in secondo piano della Lega all'interno del centrodestra a guida meloniana sarà certificato dalle urne.

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Guardando ai nomi, se è vero il ministro dello Sviluppo economico e vicesegretario Giancarlo Giorgetti guadagna un appeal interno sempre maggiore, lo è anche che lui stesso preferisce al ruolo di segretario quello di braccio destro. Più che altro quindi, a Giorgetti potrebbe piovere sulla testa il ruolo di federatore tra i governatori, loro sì in rampa di lancio. Luca Zaia e Massimiliano Fedriga infatti, vantano un legame solido con le roccaforti leghiste e, questo, nell'ottica di un rilancio futuribile del partito potrebbe facilmente trascinarli alla testa del Carroccio. Non oggi però. Tutti e tre sono consapevoli che un commissariamento di Salvini è auspicabile. Ma non hanno la forza di sostituirlo né hanno tra le mani un nome terzo da investire né tanto meno possono permettersi una guerra a viso aperto perché il segretario ha ancora il controllo dei gruppi parlamentari. E proprio quest'ultima è la situazione da evitare: non si può arrivare al 2023 con il leader che gestisce da solo le liste elettorali. In pratica se nella Lega non c'è all'orizzonte una rivoluzione di piazza, un conflitto a bassa intensità è già in corso dietro le quinte. 

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