Meloni e Salvini, subito lite sui collegi uninominali: Fdi vuole il 55%, Lega e Fi si oppongono

Si tratta dei collegi uninominali la cui conquista garantisce il successo di una coalizione alle elezioni, forse la maggioranza assoluta, ma che comportano una loro ripartizione tra i partiti

Nel centrodestra è subito lite sui collegi uninominali: Fdi vuole il 55%, Lega e Fi si oppongono
Nel centrodestra è subito lite sui collegi uninominali: Fdi vuole il 55%, Lega e Fi si oppongono
Venerdì 22 Luglio 2022, 17:08 - Ultimo agg. 26 Luglio, 19:58
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Hanno probabilmente determinato l'accelerazione del centrodestra verso la crisi di governo e verso la corsa alle urne, ma sono anche l'oggetto di maggior attrito nella coalizione, specie tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini: si tratta dei collegi uninominali la cui conquista garantisce il successo di una coalizione alle elezioni, forse la maggioranza assoluta, ma che comportano una loro ripartizione tra i partiti, il che implica frizioni iniziate già dopo le amministrative. Un problema presente anche nel centrosinistra ma in termini meno accentuati.

Rosatellum, come funziona la legge elettorale

La legge elettorale, il Rosatellum, stabilisce che 3/8 dei seggi di Camera e Senato siano assegnati in collegi uninominali e i restanti con metodo proporzionale tra le liste dei partiti.

Quindi 147 dei 400 seggi della Camera e 74 sui 200 di Palazzo Madama vengono assegnati negli uninominali, dove basta un voto in più per vincerli. Chiaramente più ampia è la coalizione e maggiore è la possibilità di vincere questi collegi e così avere una maggioranza più solida nei due rami del Parlamento.

Secondo alcune proiezioni delle scorse settimane (precedenti lo strappo di Lega e Fi dal governo Draghi) il centrodestra con il 45% dei consensi raggiungeva tra il 62 e il 66% dei seggi, tanto che Federico Fornaro (capogruppo di Leu) fece un accorato appello a M5s perché il suo «arroccamento in uno splendido isolamento con la rottura dell'alleanza elettorale con il centrosinistra produrrebbe effetti devastanti», vale a dire «un centrodestra oltre il 60% dei seggi e vicino a quei 2/3 con cui si può cambiare direttamente la Costituzione».

 

Il nodo delle coalizioni 

Il problema sta nel criterio di suddivisione tra i partiti della coalizione di questi collegi. Dopo le amministrative del 12 giugno, Fdi in una riunione tra sherpa, ha avanzato la richiesta di avere il 55% degli uninominali perché questo era il peso dei voti presi dal partito rispetto a quelli complessivi della coalizione; una richiesta che riguardava anche il Nord, cosa che ha provocato il «niet» della Lega. Per questa contano gli attuali pesi presenti in Parlamento o al più quelli delle ultime elezioni svoltesi su tutto il territorio nazionale, quindi o politiche del 2018 o europee del 2019. Un'era geologica fa, sorridono in via della Scrofa, dove si sventolano i sondaggi in cui Fdi ha gli stessi consensi di Lega e Fi messi insieme. Gli uninominali sono il principale motivo che ha spinto Enrico Letta a perseguire la politica del «campo largo», dato che M5s permetteva di vincere i collegi in alcuni territori in Campania, Puglia, Sicilia.

La rottura di Giuseppe Conte spinge ora il Pd a cercare comunque altri alleati; a contare però non è la percentuale nazionale, ma la concentrazione in determinati territori (come M5s nelle regioni del Sud) che permette la vittoria degli uninominali in quelle zone. A far rompere la testa ai Dem è inoltre una novità dei nuovi collegi, dopo il taglio dei parlamentari: essi sono molto più grandi dei precedenti, il che implica che quelli di alcune città medie (Brescia, Bergamo, Reggio Emilia, ecc) ora includono anche la provincia dove il centrosinistra è più debole, il che mette a rischio quelli che una volta erano uninominali sicuri.

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