Mes, è scontro: Zingaretti e Di Maio vice, per Conte verifica insidiosa

Mes, è scontro: Zingaretti e Di Maio vice, per Conte verifica insidiosa
Mes, è scontro: Zingaretti e Di Maio vice, per Conte verifica insidiosa
di Marco Conti
Martedì 20 Ottobre 2020, 08:11 - Ultimo agg. 16 Febbraio, 12:57
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«Le forze di maggioranza hanno chiesto un momento di confronto. Ritengo quantomeno opportuno un confronto politico per definire le priorità, per definire un patto in vista della fine legislatura». Poichè Giuseppe Conte sa farsi concavo e convesso, l'annuncio in conferenza stampa segue il quasi-chiarimento telefonico che poco prima ha avuto con il segretario del Pd Nicola Zingaretti. Fosse per lui la verifica si potrebbe fare subito ma poichè, spiega, «il M5S ha già fissato un appuntamento importante», meglio attendere gli stati generali grillini - rigorosamente online - e darsi appuntamento a dopo l'8 novembre.

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LA CLASSIFICA
Dopo aver negato più volte l'esigenza di una verifica, il premier si adegua e cerca di smorzare il crescente nervosismo che serpeggia tra i dem. Anche la tre giorni di riunioni e vertici, dalla quale è venuto fuori il nuovo Dpcm, non sono stati una marcia trionfale per le tesi della pattuglia Pd. Le misure di contenimento del virus sono uscite molto più light di quanto chiedevano sia il ministro Franceschini che il collega Speranza. Appoggiandosi ora ad Iv, ora al M5S e persino ai presidenti di regione, Conte è riuscito a frenare quel coprifuoco che la Lombardia ha decretato ieri e che si era cercato di imporre a tutto il Paese. Poi nella conferenza stampa di domenica notte il premier ha messo la classica ciliegina sulla torta stroncando la pressante richiesta del Pd - fortemente sostenuta anche da Matteo Renzi - di utilizzo del Mes.

Un «non serve», «non è una panacea», «dovrei mettere nuove tasse o tagliare la spesa», «si risparmiano solo 200 milioni in interessi», se lo usiamo «c'è lo stigma», che ha mandato su tutte le furie il Nazareno. «Credo che un tema come il Mes vada affrontato nelle sedi opportune e non con una battuta in conferenza stampa», è la secca replica mattutina di Nicola Zingaretti che spinge Conte ad alzare il telefono e chiamare l'alleato che poi ricambia quando è lo stesso presidente del Consiglio ad annunciare la volontà di realizzare un patto di legislatura.

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Conte non rinnega i suoi dubbi sul Mes e trova sponda nella cautela del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri (Pd) che parla alla sua sinistra sostenendo che le risorse del Mes «hanno la loro funzione fondamentale di sostenere un paese in deficit di liquidità, l'Italia non si trova nella situazione di deficit di liquidità». E così, dopo aver tergiversato per mesi, il tema è destinato ad entrare tra i temi del chiarimento tra le forze politiche di maggioranza. L'obiettivo dei dem è quello di arrivare a mettere in fila una serie di cose da fare prima della fine della legislatura con tanto di cronoprogramma. Il tentativo è quello di stringere Conte che ha sul tavolo tantissimi dossier, da Alitalia, ad Ilva passando per Autostrade, che non si chiudono mai.
Il presidente del Consiglio ha però più di un sospetto e tanti timori. Il primo e più importante è che dal programma si passi poi con facilità a discutere di poltrone e che i due principali azionisti di maggioranza, M5S e Pd, vogliano rispettivamente un posto da vice a palazzo Chigi per Zingaretti e Luigi Di Maio in modo da incalzare da vicino il premier. Il rischio è che alla fine si arrivi ad un vero e proprio rimpasto perché Conte conosce anche le critiche che investono alcuni ministri.
La soddisfazione di Ettore Rosato (Iv) perchè «è stata accolta la proposta di Renzi di un tavolo di coalizione», non è la stessa del M5S che a quel tavolo dovrebbe arrivare con il nuovo vertice. Conte proprio al nuovo stato maggiore grillino si è rivolto stroncando il Mes subito dopo la battaglia sul Dpcm che ha portato quasi ad un punto di non ritorno il rapporto con i dem. I grillini gioiscono da due giorni per «le parole chiare di Conte», come le definisce Massimo Castaldo, vicepresidente del Parlamento Ue in quota grillina.
Il presidente del Consiglio ha bisogno di una sponda per reggere l'urto delle richieste che Pd, Iv e Leu avanzeranno a metà novembre e per quella data vuole al suo fianco quel Movimento che per due volte lo ha indicato per Palazzo Chigi. Il «venga in Parlamento», pronunciato all'unisono dai capigruppo del Pd Graziano Delrio e Andrea Marcucci, suona come una minaccia. Anche se l'emergenza sanitaria aiuta il presidente del Consiglio, i cimiteri continuano a riempirsi di persone che si ritenevano indispensabili. Tanto più ora che il referendum costituzionale rende impossibile tornare a votare, ma non comporre un nuovo governo.
 

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