Migranti, cos'è il "diritto del mare" che si basa su trattati internazionali. A chi spetta il primo soccorso?

Le norme non sono chiare: quello che va garantito è il soccorso (operato in questo caso dalle Ong) e un porto sicuro

Migranti nel Mediterraneo, secondo la Ue il primo soccorso spetta a Roma. Ma cosa dice il diritto del mare?
Migranti nel Mediterraneo, secondo la Ue il primo soccorso spetta a Roma. Ma cosa dice il diritto del mare?
di Fausto Caruso
Venerdì 4 Novembre 2022, 17:15 - Ultimo agg. 5 Novembre, 22:29
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«Salvare i migranti in mare è un obbligo morale e legale». Così la portavoce della Commissione Europea, Annitta Ripper ha commentato nei giorni scorsi la vicende delle tre navi con a bordo quasi mille migranti, le norvegesi Ocean Viking e Geo Barents e la tedesca Humainty 1 ferme nel Canale di Sicilia in attesa di un porto sicuro. Dare approdo a una nave che salva un gruppo di naufraghi è un obbligo di legge?

La norma

La risposta in breve è sì. Va specificato subito che non c'è Una norma che regola queste vicende, quanto piuttosto un corpus di trattati e convenzioni internazionali. In ordine cronologico si tratta della Solas, acronimo di Safety of life at sea, cioè la Convenzione Internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare, firmata a Londra nel 1974; la Sar di Amburgo 1979, che sta per Search and Rescue (ricerca e soccorso), per tutelare la sicurezza della navigazione mercantile, che fa esplicito riferimento al "soccorso marittimo"; la Convenzione Onu di Montego Bay 1982, detta anche UNCLOS, acronimo di United Nations Convention on the Law of the Sea, basata su un trattato internazionale che definisce i Diritti e le Responsabilità dei singoli Stati nell'utilizzo dei mari e degli oceani.

L'ultima in ordine di tempo è il Salvage di Londra del 1989 sull'assistenza.

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Il principale quadro normativo è offerto dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1982, che all'articolo 98 specifica due punti importanti: da un lato che «ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera [..] presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo». Dall'altro si specifica che «ogni Stato costiero promuove la costituzione e il funzionamento permanente di un servizio adeguato ed efficace di ricerca e soccorso».

Le zone grigie

Ciascuno stato è tenuto a coordinare le operazioni di soccorso nelle zone stabilitate dagli accordi e in esse opera come stabilito dall'accordo Sar. Qui il primo inghippo. I salvataggi dei barconi alla deriva da parte delle tre navi attualmente ferme nel Mediterraneo sono avvenuti nella zona Sar di competenza di Malta, che al pari dell'Italia non ha risposto alle richieste di soccorso delle Ong. Secondo la convenzione Sar lo Stato competente deve fornire un porto sicuro oppure aiutare nell'individuazione di un'alternativa. Ma la norma non è chiara sull'argomento: se lo stato competente, in questo caso Malta, non è in grado di gestire la situazione perché, ad esempio, non dispone di risorse adeguate o contesta che l'accoglienza spetti a lui, l'obbligo di soccorso può passare agli Stati limitrofi, come l'Italia. Questa poca chiarezza delle norme è ciò che fa sì che le navi siano da dieci giorni ferme in mezzo al mare senza che siano state contestate a nessuno aperte violazioni dei trattati internazionali. Cosa che però potrebbe avvenire, anche ai danni dell'Italia, se la situazione perdurasse.

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L'altro punto contestato è che le organizzazioni umanitarie hanno agito senza nessun tipo di coordinamento con le autorità Italiane, accusa che viene ribaltata dalle Ong che gestiscono le imbarcazioni, le quali affermano di aver prontamente avvisato Italia e Malta delle loro attività.

Il tema di discussione non è tanto l'approdo quanto l'accoglienza, con l'Italia che non intende farsi carico di tutti e mille i naufraghi. Ieri è arrivata la disponibilità della Germania ad accogliere almeno una parte dei 234 migranti attualmente a bordo della Ocean Viking, e oggi anche la Francia ha aperto a questa possibilità, entrambe a patto che l'Italia faccia sbarcare in sicurezza i naufraghi soccorsi. Proprio in quel momento «l'obbligo legale», previsto dai trattati internazionali e richiamato dalla Commissione Ue, potrebbe dirsi concluso, anche se in teoria dopo lo sbarco dovrebbero essere già previste forme di cooperazione internazionale. In questo caso gli Stati limitrofi e quelli di cui le navi soccorritrici battono bandiera dovrebbero aiutare in qualche modo il paese di approdo, ad esempio coprendo parte dei costi dell'accoglienza. In sede Europea si applica invece il Regolamento di Dublino, che prevede che la richiesta d'asilo venga esaminata dallo stato di “primo ingresso illegale” (che è in realtà è il terzo criterio di scelta dopo «lo stato membro dove può meglio realizzarsi il ricongiungimento familiare» e «lo Stato membro che ha rilasciato al richiedente un titolo di soggiorno o un visto di ingresso in corso di validità», che però spesso rmangono inapplicati). Per gli altri Paesi dell'Ue il testo del regolamento prevede generici obblighi di solidarietà, che possono significare partecipare alla redistribuzione o altre forme di aiuto. Ma la pratica è molto diversa dalla teoria.

 

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