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GIORGIA MELONI

Navi migranti, il doppio volto di Parigi: solidali, non a casa loro

La promessa: 3500 migranti da Roma, ma i francesi ne hanno accolti solo 38. Linea dura dalle Alpi a Ventimiglia respingimenti in Liguria e Piemonte

Migranti, il doppio volto di Parigi: solidali, non a casa loro
Migranti, il doppio volto di Parigi: solidali, non a casa loro
di Francesco Bechis
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 11 Novembre 2022, 00:17
4 Minuti di Lettura

Da una parte la reprimenda sull’accoglienza a un’Italia «molto disumana». Dall’altra il pugno duro sui migranti: respingimenti, controlli, pattugliamenti al confine e sanzioni alle ong. È il doppio volto della Francia di Emmanuel Macron che emerge in queste ore di crisi con l’Italia sul caso Ocean Viking. Che richiamano i giorni di tensione vissuti quattro anni fa, quando sulla prua di un’altra nave, l’Aquarius, si è consumato uno scontro senza precedenti tra l’Eliseo e il governo allora guidato da Giuseppe Conte. 
Dietro la retorica incendiaria, ci sono i fatti. E in Francia raccontano di un sistema di accoglienza che a uno sguardo ravvicinato appare più severo, più inflessibile di quello italiano. Pronto a un nuovo giro di vite da gennaio. Quando l’Assemblea nazionale discuterà dell’ennesima legge sull’immigrazione. «Umanità e fermezza», è il motto del suo proponente, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin che ieri ha messo nel mirino il governo Meloni.

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La legge

Sul secondo fronte il governo francese fa sul serio. E promette mano ferma sulle espulsioni. Nel 2021 sono state 122mila, solo 17mila però attuate davvero. Un gap che ora Parigi vuole ridurre. Così come ridotte saranno le chance, per chi è oggetto di un decreto di espulsione, di impugnarlo in un tribunale. O ancora, per i migranti accolti di accedere ai sussidi sociali in vigore per i francesi in difficoltà. Se sul fronte interno la Francia chiede e ottiene fermezza, sul piano europeo cambia registro. E qui si arriva all’accordo che ora l’Eliseo minaccia di strappare. Dei 3000 migranti che Parigi ha promesso di ospitare dall’Italia, «solo 38» finora sono stati accolti, ha ricordato ieri il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, lo 0,04%. Un contributo modesto - a dir poco - se confrontato con il numero di persone sbarcate sulle coste italiane quest’anno: 90mila, secondo il Viminale.
La matematica non mente. E cozza anche con la rivendicazione francese di voler «accogliere» i migranti a bordo della nave nel Tirreno. Con una postilla: sarà «ricollocato» in Francia «un terzo dei passeggeri». Gli altri? Altrove in Europa. Ammesso che lo status «risulti conforme a domanda di asilo o titolo di soggiorno». I distinguo si fanno eccome, anche a Parigi. Dove la gestione dei flussi migratori - retorica a parte - mette da sempre in primo piano la sicurezza. È la linea che nel 2015 ha portato la Francia di Hollande a sospendere di fatto il Trattato di Schengen con una stretta sui controlli al confine «per ragioni di sicurezza nazionale». La stessa che porta Darmanin ad annunciare ora «500 agenti» per pattugliare meglio i confini con l’Italia. Sette anni dopo il pugno duro resta. Dal Fréjus fino alla costa la gendarmeria francese non usa i guanti. A Ventimiglia i respingimenti sono massicci. Ogni settimana, da Mentone alla frontiera sulle Alpi decine di persone stremate sono rispedite in Italia. A volte con metodi spicci: un rapporto di Save the Children di giugno denuncia «la pratica della polizia di modificare la data di nascita e far risultare la persona maggiorenne e quindi espellibile tramite il refùs d’entrée, il foglio di via». 

Le diplomazie

In queste ore al cardiopalma, comunque, le diplomazie a Roma e Parigi si cercano. Alla Farnesina i francesi hanno parlato di un «problema di fiducia». Ricordano che il diritto internazionale impone al porto sicuro «più vicino» di accogliere i naviganti. È la linea francese, da sempre. Ma non c’è convenzione del diritto internazionale, da Montego Bay a Frontex, che vi faccia esplicito riferimento. Resta la volontà di far rientrare la crisi. E confermare così l’iniziale apertura di credito tra Meloni e Macron. C’è un rapporto storico, sigillato dal Trattato del Quirinale che anche sul fronte migranti impone collaborazione. Ci sono sfide comuni. Dal patto di Stabilità alla crisi energetica, la posta in gioco tra Palazzo Chigi e l’Eliseo è troppo alta perché il banco salti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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