Il ministro Paola De Micheli: «Nuove opere e Alta velocità, spinta al Sud da 30 miliardi»

Il ministro Paola De Micheli: «Nuove opere e Alta velocità, spinta al Sud da 30 miliardi»
Il ministro Paola De Micheli: «Nuove opere e Alta velocità, spinta al Sud da 30 miliardi»
di Nando Santonastaso
Sabato 18 Luglio 2020, 10:36 - Ultimo agg. 11:00
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Ministra Paola De Micheli, si può dire che fra il trionfalismo espresso dal premier Conte e la prudenza invece manifestata dal ministro Di Maio alla fine sia stato il suo realismo a condurre in porto l’accordo con Aspi?
«Da titolare del dossier il peso del negoziato era inevitabilmente soprattutto sulle mie spalle. Il mio approccio è pragmatico e resterà tale anche ora che dovremo scrivere il contenuto dell’accordo, ricordando che tutto questo nasce dalla tragedia di due anni fa con la morte di 43 persone per il crollo del Ponte».

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Di sicuro ora lo scenario è cambiato, anche i suoi interlocutori non sono più gli stessi.
«È vero, da una parte il mio ministero nel governo italiano è il vigilante. Dall’altra il socio di riferimento di Autostrade sarà una partecipata del Tesoro. Nella gestione della concessione autostradale noi vigileremo comunque con lo stesso rigore ogni giorno per tutelare gli interessi degli italiani».

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Ma perché i Benetton non vanno più bene per Aspi e invece sono stati chiamati a dare una mano su Alitalia?
«Per una questione di affidabilità specifica. La verifica che il ministero delle Infrastrutture sulla rete gestita da Autostrade ha rilevato delle gravi inadempienze e quindi una sostanziale inaffidabilità del lavoro svolto negli ultimi anni dal concessionario. Al contrario, sugli aeroporti di Roma (di proprietà dello stesso gruppo Benetton, ndr) la verifica del ministero è stata positiva, l’azienda ha dato risultati importanti sul versante aeroportuale. Tanto è vero che per tre anni consecutivi lo scalo romano ha vinto il premio come miglior aeroporto del mondo».

La riduzione delle tariffe sarà il nuovo punto delicato di tutta la trattativa?
«Tra i punti dell’accordo c’è il fatto che il concessionario accetti l’applicazione dei nuovi criteri fissati dall’Autorità di regolamentazione dei trasporti che remunerano meno i concessionari rispetto al passato. Il modello precedente ripagava in maniera garantita e in molti casi eccessiva gli investimenti, non incentivando la migliore realizzazione delle manutenzioni. Aspi attuerà il nuovo modello sulle tariffe indicato dall’Autorità e questo accadrà per tutti i concessionari. Contiamo di farlo entrare in vigore presto, al massimo da gennaio: Aspi lo aveva addirittura impugnato».

Ma questa scelta, come temono alcuni, non rischia di frenare gli investitori che potrebbero vedere poco remunerati i loro interventi?
«No, anche per il tipo di soluzione al quale siamo arrivati. Sia sul fronte autostradale, sia per tutte le altre infrastrutture possiamo contare su tanti investitori anche stranieri che continuano a considerare l’Italia una terra ideale di sviluppo». 

L’intervento massiccio dello Stato nell’economia non rischia di riproporre modelli che si riteneva ormai superati come Gepi o Iri?
«Il ruolo dello Stato in economia dipende dal momento che sta vivendo l’economia stessa. C’è una statalizzazione con prospettive di mercato per Alitalia e una public company per Aspi. Sono entrambi progetti industriali che hanno come approdo il mercato. Con questa crisi e di fronte all’esigenza di dare continuità all’attività di due attori infrastrutturali così importanti, lo Stato non poteva che giocare un ruolo attivo. Il che non vuol dire che deve sostituirsi al mercato. Infatti, la soluzione trovata per Aspi ha come obiettivo la quotazione che è un’attività chiaramente di mercato».

Lei si è spesa molto anche per Italia Veloce, il piano sblocca-investimenti e cantieri che affida al Sud un ruolo importante. Perché, stavolta, dovremmo pensare che la partita sulle infrastrutture non dimenticherà il Mezzogiorno?
«Intanto perché gli impegni che avevo anticipato prima dell’emergenza sanitaria saranno tutti confermati, come i 20-30 miliardi di lavori per progetti già cantierabili nei prossimi due anni, a partire dalla Napoli-Bari che è una delle opere ferroviarie che sta andando meglio di altre e che resta il punto di riferimento degli investimenti al Sud. Per l’alta velocità-alta capacità Salerno-Reggio Calabria, inoltre, abbiamo finanziato lo studio di fattibilità e dal prossimo anno stanzieremo le risorse per avviare progetti e lavori. Per quanto riguarda la viabilità, posso dire che il contratto di programma Anas ha avuto una forte accelerazione e da settembre sarà operativo».

Cosa è pronto per la Campania sul piano infrastrutturale?
«Ho appena inviato al presidente della Regione il Piano relativo alla Campania. Solo per gli interventi sui porti sono disponibili 490 milioni, mentre per i nodi ferroviari ci sono oltre 7 miliardi di investimenti che sono una parte del totale dei 15 miliardi previsti in Regione da Italia Veloce. Il 50% di questi investimenti, come ho detto della Napoli-Bari e dei porti, andrà a terra nei prossimi 24 mesi. In ogni caso credo che ormai anche il Nord abbia preso atto del fatto che senza infrastrutture nel Mezzogiorno il Paese non può ripartire. È una consapevolezza del mondo delle imprese, oltre che della politica».

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