Recovery fund, sul piano Next Generation i 27 Paesi europei divisi in 4 schieramenti

Angela Merkel
Angela Merkel
di Diodato Pirone
Venerdì 19 Giugno 2020, 12:35 - Ultimo agg. 13:45
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A complicare l'accordo su Next Generation, il piano europeo da 750 miliardi di investimenti (170 circa per l'Italia) destinato a rilanciare l'economia del Vecchio Continente, ci sono le divisioni fra gli stati europei. Divisioni inevitabili forse di fronte ad un piano che rappresenta una svolta epocale. Per la prima volta infatti l'Europa raddoppierà il proprio bilancio e si indebiterà per conto proprio per distribuire risorse ai singoli Stati. Non solo. Alla fine del Piano si dovrebbe registrare un vero e proprio trasferimento di denaro (molti miliardi) dai Paesi del Nord ed in particolare dalla Germania verso i Paesi del Sud, Italia e Spagna in modo particolare.

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Il senso dell'operazione è chiaro. La Cancelliera Merkel ieri lo ha ribadito davanti al Parlamento tedesco: "Bisogna impedire che la pandemia crei una frattura economica permanente fra l'Europa del Nord e quella del Sud". In altre parole per la prima volta i tedeschi, per decenni dipinti come il "Paese del rigore e dell'austerità", riconoscono che di fronte ad una crisi di enorme proporzione è preferibile ricucire le fratture e rilanciare le economie dei Paesi mediterranei nell'interesse comune dell'Europa.Si tratta, come detto, di una svolta epocale. Che inevitabilmente non tutti condividono o perlomeno non condividono nella stessa misura.

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Ecco perché il Consiglio europeo  di oggi, per la verità destinato a preparare il terreno per l'accordo che prevedibilmente sarà raggiunto a luglio, vedrà un confronto fra gli europei suddivisi su quattro assi principali. Senza dubbio il primo asse è quello fra Berlino e Parigi. E' stato l'accordo fra Angela Merkel e Emmanuel Macron a far decollare il piano Next Generation. Un piano che serve anche alla Francia il cui debito pubblico è destinato probabilmente a superare la quota del 100% ma che è fondamentale anche per il futuro della Germania che finalmente riconosce con i fatti che il suo interesse nazionale è un'Europa più solida, più equilibrata al suo interno e, in fine dei conti, più indipendente.

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Il secondo asse è quello dei Paesi del Sud: Italia, Spagna, Portogallo ma anche Slovenia, Malta, Cipro, Grecia. Sono tutti Paesi per i quali i Fondi Europei saranno semplicemente strategici nei prossimi anni somigliando parecchio a quel Piano Marshall americano che nel dopoguerra pose le basi del miracolo economico in Italia e non solo. Contrari al piano Next Generation ma con le unghie abbastanza spuntate ci sono poi i cosiddetti quattro Paesi frugali (Olanda, Auistria, Danimarca e Svezia) che non vedono di buon occhio l'aumento dell'indebitamento in Europa e temono - non senza qualche ragione - una utilizzazione improduttiva dei fondi europei da parte dell'Italia. Resta da riferire dell'ultimo asse: quello dei paesi di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria). Sono paesi attratti da alcuni miti sovranisti come il "no" ad ogni contaminazione etnica legata alla mugrazione. Sostengono che il Recovery Fund sia troppo sbilanciato verso l'Europa del Sud. Una posizione che sembra più voler contrattare un trasferimento di maggiori quantità di risorse  verso l'Est che un'opposizione vera e propria al rafforzamento dell'Europa che è la base del piano stesso. I paesi di Visegrad sono in contraddizione con se stessi: se bloccassero Next Generation farebbero un favore enorme al loro "nemico pubblico numero uno", la Russia di Putin, e questo non possono permetterselo.

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