Recovery Fund, ministeri all'assalto: già sforati i 209 miliardi

Recovery Fund, ministeri all'assalto: già sforati i 209 miliardi
Recovery Fund, ministeri all'assalto: già sforati i 209 miliardi
di Andrea Bassi
Martedì 8 Settembre 2020, 06:23 - Ultimo agg. 15:48
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ROMA Le idee sono davvero molte. Fin troppe, soprattutto confuse. Nel governo l'appuntamento con il Recovery Fund, i 209 miliardi messi a disposizione dall'Europa per superare la crisi determinata dalla pandemia, è ormai diventato un assalto alla diligenza. Una diligenza, che tra l'altro, ancora non sta passando. Domani si riunirà il Ciae, il Comitato interministeriale per gli affari europei che dovrà iniziare a scremare i 534 progetti predisposti dai ministeri. E per finanziarli tutti servirebbero ben oltre che 209 miliardi.

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Basta prendere l'elenco dei progetti inviati il 27 agosto scorso dal ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, al Dipartimento per gli affari economici di Palazzo Chigi. Una lunghissima lista di bonus, incentivi, sgravi, finanziamenti, che da sola vale oltre 153 miliardi di euro. Diverse sono idee già molto dibattute, ma poi mai attuate, come l'istituzione di una banca pubblica per gli investimenti. Molte sono il rifinanziamento di misure già in essere, ma con delle richieste di finanziamento che appaiano a dir poco sovradimensionate rispetto alle reali necessità. È il caso dei super-bonus al 110%, ossia l'ecobonus per l'efficientamento energetico e il sismabonus. Le due misure sono state introdotte dal decreto Rilancio del governo e ad oggi sono utilizzabili fino alla fine del 2021.

Patuanelli propone di allungarle fino al 2024, tre anni in più. E per farlo chiede di poter attingere a 30 miliardi di euro dei fondi europei. Insomma, 10 miliardi l'anno di finanziamento quando per la misura in vigore, il governo ha impegnato solo 3 miliardi di euro l'anno. Non è chiaro, insomma, perché una misura che allo Stato italiano costa 3, dovrebbe essere finanziata da Bruxelles con 10.
 


Ci sono altri 2 miliardi per la appena costituita Enea Tech, una creatura che sta molto a cuore ai maggiorenti del Movimento Cinque Stelle, che dovrebbe occuparsi di trasferimento tecnologico. Già finanziata con la cifra monstre di 500 milioni di euro, e adesso in predicato di ricevere altri 2 miliardi. Polemiche su questa nuova fondazione c'erano state nelle settimane scorse per il suo sovrapporsi con un fondo analogo della Cassa depositi e prestiti. Ci sono poi 9 miliardi di euro per gli investimenti del Piano nazionale integrato clima ed energia. Anche qui, al primo punto, torna una vecchia idea dei grillini, quella del reddito energetico. Lo Stato finanzierebbe l'installazione di pannelli fotovoltaici su uffici e aree pubbliche, sollevando dal pagamento delle bollette i cittadini più bisognosi.

GLI ALTRI PUNTI
Ma alla finestra ci sono anche le industrie della Difesa, i cui desideri sono recepiti nel piano del ministero dello Sviluppo: la richiesta di 12,5 miliardi di finanziamenti (in pratica l'equivalente di un anno di fatturato delle imprese nazionali). Che, tra l'altro, già verrebbero aiutate anche da un'altra misura (27 miliardi, la richiesta di finanziamento a carico del Recovery), per l'ammodernamento dei macchinari: la vecchia Industria 4.0, rinominata Transizione 4.0. Ma, come si diceva, la guerra tra ministri per mettere le mani sul tesoro dei fondi europei, rischia di essere cruenta.

Il ministro della Salute Roberto Speranza, ha un suo piano per la sanità da 68 miliardi che, in assenza del Mes, andrebbero finanziati tutti con il Recovery.
Così come la collega delle infrastrutture, Paola De Micheli, ha già presentato un piano infrastrutturale da 200 miliardi 70 dei quali andrebbero messi in conto all'Europa. E tutto senza contare che sul tavolo del governo ci sono anche altre richieste, da quelle delle società pubbliche, fino al Comune di Roma, che ha presentato un progetto da 25 miliardi che include anche la ormai nota funivia. Così, in questo caos di progetti, il governo ha già archiviato l'idea di presentare il piano all'Europa entro il 15 ottobre insieme alla legge di Bilancio. Se ne riparlerà a gennaio. Del resto il termine dato da Bruxelles scade ad aprile. Per allora, forse, le idee saranno più chiare. Forse.

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