Giustizia, ultimatum Draghi: «Accordo o la conta in aula»

Giustizia, ultimatum Draghi: «Accordo o la conta in aula»
Giustizia, ultimatum Draghi: «Accordo o la conta in aula»
di Emilio Pucci
Giovedì 29 Luglio 2021, 06:55 - Ultimo agg. 30 Luglio, 12:21
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È bastato l'ultimatum di Mario Draghi per calmare le acque nella maggioranza sulla riforma del processo penale. O si trova l'accordo tra le forze politiche in Parlamento o si va in Aula col testo uscito dal Consiglio dei ministri, la linea del premier. Il Capo dell'esecutivo ha chiesto responsabilità ai partiti della maggioranza. Ed è riuscito ad avere la sponda del leader della Lega Salvini incontrato di primo mattino a palazzo Chigi e che in serata ha certificato quale potrebbe essere il punto di caduta. «E' giusto non mandare in prescrizione i processi di mafia, ma per la Lega è altrettanto doveroso prevedere che anche per i reati di violenza sessuale e traffico di droga i processi vadano fino in fondo».

In pratica i 5Stelle rivendicherebbero di essere riusciti ad imporre lo stop alla improcedibilità per i processi di mafia e terrorismo (ma si chiede anche un allargamento agli eco-reati) mentre la Lega si intesterebbe la mediazione e la difesa delle battaglie da sempre identitarie per il partito di via Bellerio.

In realtà l'intesa ancora non è stata siglata, anche se è lo stesso presidente della Commissione Giustizia di Montecitorio, il pentastellato Perantoni a parlare di «sintesi vicina».

FI non nasconde l'irritazione per le aperture della Lega: «Se si va in questa direzione non lo votiamo». E anche il Pd punta su tempi certi per i processi, con la possibilità di arrivare a quattro anni (e non due) per l'Appello e a due per la Cassazione per i reati di mafia. La Cartabia ieri è tornata a palazzo Chigi per valutare le ipotesi sul tavolo. Non vuole estendere ulteriormente le maglie e dunque resta perplessa sulla possibilità di stravolgere il testo uscito dal Consiglio dei ministri.

VETI INCROCIATI

Tuttavia il gioco dei veti incrociati rischia di affossare il lodo', da qui l'eventualità di una mediazione all'ultimo miglio. La riforma del processo penale va nell'Aula di Montecitorio domani, anche se non si esclude che si possa solo aprire la discussione per poi passare alle votazioni la settimana successiva, ovvero dopo il pronunciamento degli attivisti M5S (previsto per il 2 e il 3 agosto) sul nuovo statuto. Si lascerebbe così al presidente M5S in pectore Conte un maggiore margine di manovra. Perché nel Movimento l'irritazione per il metodo del Guardasigilli non è ancora rientrata e la tentazione di sfilare l'appoggio all'esecutivo è ancora forte. Se non si troverà l'intesa però Draghi tirerà dritto e chiederà che il provvedimento bypassi la Commissione e arrivi direttamente in Aula.

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C'è anche un piano B, ovvero quello di portare nell'emiciclo la legge delega Bonafede, frutto del lavoro dello scorso governo, ed emendare quel testo per poi porre la fiducia. Ma si tratterebbe di un percorso ancora più accidentato. Il governo si esporrebbe agli assalti alla diligenza, tanto che c'è chi non esclude in quel caso la riproposizione della riforma Orlando che prevedeva due eventuali e successivi periodi di sospensione della prescrizione in caso di doppia condanna, cioè dopo la condanna in primo e in secondo grado, ciascuno per un tempo non superiore a un anno e sei mesi. E' dunque una corsa contro il tempo ma l'asse Draghi-Salvini (ieri sera tra i due c'è stata anche una telefonata per blindare la mediazione) potrebbe essere decisivo per fare uscire il governo dall'impasse.

Ieri mattina l'ex premier Conte ancora insisteva sulla necessità di un cambio di linea del governo «per venire incontro agli italiani, non ai 5Stelle». Eppure in mattinata c'era stato un incontro tra il ministro della Giustizia e i responsabili giustizia della maggioranza che non aveva prodotto alcun passo avanti. Un incontro tecnico che aveva lasciato insoddisfatto tutti. Con i partiti che hanno cominciato a puntare il dito proprio nei confronti degli uomini più vicini al premier Draghi. La schiarita in serata tanto che in un primo momento era prevista la presenza del ministro Cartabia in Commissione Giustizia per illustrare i termini dell'intesa. Oggi in Consiglio dei ministri Draghi non imporrà alcuna soluzione ma si aspetta che la maggioranza trovi una convergenza. Altrimenti forzerà la mano.

 

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