«I miei elettori», ripete Virginia Raggi. Non dice mai: gli elettori del Movimento 5 Stelle. E dato che di questi tempi la politica è comunicazione, e viceversa, non è una scelta lasciata al caso: la sindaca sconfitta sa che la fetta più grande del gruzzolo elettorale raccolto il 3 e 4 ottobre è una preferenza innanzitutto personale. Che nessuno, a parte lei, è in grado di orientare. Nell’amarezza del quarto posto, i fedelissimi rimasti in Campidoglio hanno messo in fila dati che alleggeriscono, almeno un po’, il peso della débâcle: Virginia, è il calcolo, ha raccolto quasi 34mila “x” solo sul suo nome, il doppio o il triplo degli avversari. Certo è una ben magra consolazione, considerato il risultato finale, ma sarebbe la riprova che quel 19,1% racimolato nelle urne è un bottino politico intestato quasi esclusivamente a lei, a «Virginia», che nella partita del ballottaggio Gualtieri-Michetti ancora non ha deciso dove e se schierarsi. Anche se, racconta chi la conosce, alla fine si esprimerà: «Di sicuro non resterà a casa, al seggio ci andrà».
Ha fatto intuire da che parte sta, invece, Giuseppe Conte. Il leader dei 5 Stelle ha elogiato in tv il suo ex ministro dell’Economia: «Gualtieri ha lavorato con me, sicuramente è una persona di valore, che non voglio sminuire nelle possibilità di far bene».
Poi c’è Raggi. Che non cerca lo strappo con Conte, ma non si sbilancia. Resta a metà del guado. In Campidoglio ha invitato sia il candidato del centrosinistra che quello del centrodestra. Cominciando dal secondo: oggi vedrà Enrico Michetti, lunedì tocca a Gualtieri. Proprio sul faccia a faccia con l’avvocato scelto da FdI, Conte frena: «Intesa? Non scherziamo». Di sicuro non saranno incontri istituzionali, da passaggio di consegne. La sindaca uscente gioca la sua partita da leader politica. Mette al centro i temi: il lavoro, le periferie, la candidatura all’Expo. Surfa tra vecchi e nuovi equilibri. Per dire: la sua lista personale, racconta il coordinatore Andrea Venuto, potrebbe diventare «un movimento politico permanente di orientamento civico». C’è già il primo segnale: i rappresentanti delle 5 liste civiche create da Raggi per la competizione si vedranno la prossima settimana. Da soli. Senza il M5S. Qualche numero: i cartelli «per Virginia» hanno ottenuto complessivamente il 7%. Contro l’11% del Movimento, comunque a Roma prevalentemente “raggiano”. Queste sono le carte che la sindaca intende giocarsi nell’ultima mano. Per fare cosa? «Non lascerò la politica - assicura lei ricevendo il tapiro di “Striscia” - Stiamo già costruendo il futuro». Si vedrà. Nel suo entourage qualcuno che strizza l’occhio a Gualtieri c’è, come l’ex ministro Pecoraro Scanio, uno dei consiglieri più ascoltati in Comune negli ultimi anni. «Ma ora il Pd riconosca alcuni meriti di Virginia», la condizione.
Calenda all'opposizione - Gualtieri per ora incassa le parole di Conte e ringrazia. Manda messaggi agli elettori di Raggi: «Dalla sostenibilità ambientale all’innovazione, c’è una forte sintonia con tutte le forze democratiche ed europeiste», dice. Senza dimenticare Calenda, terzo col 20%, che si è appena sbilanciato in suo favore. Mossa subito bersagliata da Giorgia Meloni, principale sponsor di Michetti (che ieri ha querelato Lilli Gruber, che lo ha inquadrato nel «mondo un po’ neofascista»): il leader di Azione, dice Meloni, «svende al Pd i voti degli elettori di centrodestra che in buona fede hanno votato per lui». La replica di Calenda: «Saremo all’opposizione anche nel caso di vittoria di Gualtieri. Fossi in te, rifletterei sulla tua capacità di scelta della classe dirigente».