Non è stato un Rutelli day, ma una celebrazione politica per il trentesimo anniversario della prima elezione diretta dei sindaci nel 1993 del gioco di squadra, della stabilità amministrativa e del rapporto diretto (ma tutti a dire: «Il premierato non c'entra nulla!») tra elettori e sindaci.
Roma, Auditorium. Francesco Rutelli raduna qui, nel Parco della musica che è stato uno dei simboli della sua sindacatura, i protagonisti di una stagione in cui la Capitale ha avuto una centralità politica come poche altre volte in passato, e chissà nel futuro. È un evento sospeso tra amarcord, aneddotica ma anche tanta attualità quello che ha riempito ieri le poltroncine rosse della Sala Goffredo Petrassi. Sul palco si alternano, sottolineando la loro continuità, il padrone di casa Rutelli, Walter Veltroni e l'attuale primo cittadino Roberto Gualtieri. Tre fasce tricolori che hanno vissuto fasi diversissime al timone della Città eterna, accomunate però da quella piccola grande rivoluzione che è la legge sull'elezione diretta dei sindaci del 93 che ha fatto entrare Roma come Milano, Torino e le altre grandi città italiane in una nuova era.
Quella della stabilità (prima i consigli comunali duravano anche pochi mesi), che in un comune significa produttività, cioè imprese che lavorano e producono. Non mancano in sala volti noti dell'imprenditoria capitale. Fra loro Raffaele Ranucci, che ai tempi delle giunte Rutelli è stato commissario e poi presidente di Eur Spa, uno dei simboli dell'imprenditoria privata che collaborò con quella stagione politica. «Una stagione molto produttiva - spiega oggi Ranucci - nella quale il settore pubblico fece impresa dialogando con gli imprenditori». E riprende: «Abbiamo affrontato con difficoltà un mondo nuovo. Abbiamo trasformato l'Ente Eur in una spa, intervenendo sul Palazzo dello Sport, cablando la città, trasformando gli immobili improduttivi». Il ricordo vola «alla grande operazione internazionale a cui noi imprenditori siamo stati chiamati», la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2004. «Fu una sconfitta? Tutt'altro, quei progetti, come la terza corsia del Gra, Tor Vergata che diventò poi la location del raduno dei Papa-boys furono invece portati avanti e sono rimasti per la città. E chiudo con il Flaminio: quello stadio va recuperato, non si può essere prigionieri dei vincoli».