Sardine scivolano su CasaPound a Roma. Ogongo: «Io travisato, noi antifascisti»

Sardine a Roma, in piazza anche CasaPound? I leader bolognesi: «Noi siamo antifascisti»
Sardine a Roma, in piazza anche CasaPound? I leader bolognesi: «Noi siamo antifascisti»
Martedì 10 Dicembre 2019, 20:41 - Ultimo agg. 14 Dicembre, 21:13
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Il giorno più lungo delle Sardine porta i primi dissidi nel movimento, dopo che un 'portavoce' romano in un'intervista sembra aprire la piazza di sabato a San Giovanni, nella capitale, anche a simpatizzanti di CasaPound e Forza Nuova. In Rete si scatena un putiferio tra i militanti, e l'estrema destra ne approfitta per annunciare subito l'intenzione di esserci davvero a Roma. Tanto che i creatori del nuovo fenomeno politico, i quattro di Bologna - tra cui Mattia Santori -, intervengono con un post per ribadire la pregiudiziale antifascista e la chiusura a qualsiasi contatto con l'estrema destra e con l'attuale destra italiana.

Tutto origina da Stephen Ogongo, tra gli amministratori e moderatori del gruppo Fb Sardine di Roma (quasi 140 mila iscritti), che al Fatto Quotidiano dichiara «per me, almeno per ora, chiunque vuol scendere in piazza è il benvenuto. Che sia di sinistra, di Forza Italia o di CasaPound. Ai paletti penseremo dopo». Mentre nei gruppi Fb impazzano le critiche, tra incredulità e richieste di spiegazioni, il leader del partito di estrema destra Simone Di Stefano twitta: «Le sardine ci invitano in piazza? Ci andiamo ma non canteremo di certo Bella Ciao».

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Le Sardine non hanno una struttura e ruoli ufficiali, ma i fondatori bolognesi rispondono su Fb. «Le piazze delle sardine si sono fin da subito dichiarate antifasciste e intendono rimanerlo - scrivono nel post i quattro promotori della prima piazza nel capoluogo emiliano -. Nessuna apertura a CasaPound, né a Forza Nuova. Né ora né mai». «Dal 14 novembre centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza - proseguono - proprio contro quei partiti che con le idee e il linguaggio dei gruppi neofascisti e neonazisti flirtano in maniera neanche troppo nascosta». E ancora: «Le sardine continueranno a riempire le piazze. Si decida da che parte stare. Noi lo abbiamo già fatto». «Ogongo ha commesso un'ingenuità», affermano, «ci dispiace che il concetto di apertura delle piazze sia stato travisato e strumentalizzato».

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In serata il 45enne giornalista di origine keniana, in Italia da 25 anni, pubblica a sua volta una spiegazione. «La mia risposta su Casapound è stata travisata. Nessuna apertura a loro né a nessun altro gruppo che si richiama ai sentimenti di quel fascismo che ha devastato l'Italia e il suo tessuto sociale - scrive -. Neanche a quei partiti di destra che vedono con favore il ritorno di questi sentimenti divisivi nel nostro Paese». «La piazza delle sardine è libera e antifascista, senza se e senza ma», aggiunge Ogongo, parlando di «ondata mediatica» che lo ha travolto. L'appuntamento resta per sabato in piazza San Giovanni, dove gli organizzatori sperano di portare almeno centomila persone, senza simboli di partito, contro Matteo Salvini e quella che chiamano «la politica dell'odio», il populismo e il sovranismo. Ma anche per una politica che ragiona e fatta da competenti. Il caso Ogongo mette in luce la natura liquida del movimento, che a Roma compirà un mese dalla sua 'epifania' a Bologna. Molti in Rete accusano l'animatore del gruppo romano di essersi «autoproclamato portavoce» e gli chiedono di dimettersi. Altri lamentano «l'ubriacatura di notorietà» (ma in tv è andato molto meno di Santori).

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Per qualcuno «Ogongo è caduto come un pollo nella rete del Fatto Quotidiano, che non ha esitato a scaricare l'invidia 5 stelle per il successo di piazza del Movimento delle Sardine». È la corrente complottista: diversi parlano di provocazione e di trappola per screditare il movimento e dissuadere la gente dal venire sabato a Roma. Intanto a Torino prima manifestazione delle Sardine: a migliaia cantano Bella Ciao a labbra chiuse, in versione muta, «per tutte le vittime che non possono parlare». Slogan contro la Lega e appelli perché si torni a «fare politica», pensando tutti alla prima prova di forza nazionale, tra quattro giorni.
 


 

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