Sassoli, Enzo Amendola: «Grande europeista e combattente, ha sempre voluto giocare all'attacco»

Il sottosegretario: trasmetteva la forza gentile dei suoi valori

Sassoli, Enzo Amendola: «Grande europeista e combattente, ha sempre voluto giocare all'attacco»
Sassoli, Enzo Amendola: «Grande europeista e combattente, ha sempre voluto giocare all'attacco»
di Alberto Gentili
Mercoledì 12 Gennaio 2022, 10:13 - Ultimo agg. 10:48
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Onorevole Amendola, quale vuoto lascia David Sassoli?
«Ci lascia un grande italiano che aveva scelto l'Europa per rafforzare i principi di libertà e solidarietà figli della nostra migliore storia. Trasmetteva la forza gentile dei suoi valori, così evidenti nel suo ultimo messaggio pubblico: la speranza siamo noi che non chiudiamo gli occhi dinanzi a chi ha bisogno».

Sapeva quanto fosse grave la sua malattia?
«Era un combattente.

Si era rialzato più volte da gravi vicissitudini. In questi ultimi giorni non volevo accettare che non riuscisse a vincere di nuovo».

Lei gli era amico. Quando vi siete conosciuti?
«I nostri percorsi si sono incrociati grazie alla politica. Veniamo da tradizioni politiche differenti e David è la dimostrazione che il Pd non è stato una fusione a freddo, ma è uno spazio comune nato dalla passione di tanti. Con lui, la casa dei democratici italiani in Europa ha realizzato un sogno possibile».

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I momenti cruciali nelle trattative Ue condotte assieme?
«Durante la prima ondata Covid e i negoziati per il Next Generation è stato decisivo. Sempre appassionato per il vento della storia, come da ragazzo quando con un piccone colpiva a Berlino il muro della divisione. Ha trasformato il ruolo di presidente del Parlamento da vertice protocollare a reale motore del cambiamento europeo. Ha rotto le titubanze contrarie a misure di protezione sociale europee, ha aperto il Parlamento nelle ore buie del Covid quando molti scommettevano sul crollo dell'Europa».

Nel ricordarlo, ha detto: «Lungo la strada che tu ci hai mostrato continueremo ad avanzare». Qual è questa strada?
«Il suo europeismo non è mai stato retorico. Per David il processo d'integrazione europea significava emancipazione per i più deboli fuori e dentro i confini europei. Non declamava la speranza, ma la praticava passo dopo passo».

Sotto la sua presidenza dell'Europarlamento, la Ue è stata segnata da una svolta improntata alla solidarietà. Quanto ha contribuito Sassoli a questa metamorfosi?
«Con la sua presidenza l'Europarlamento ha giocato all'attacco. Non ha mai atteso le meline diplomatiche dei 27, ma ha sorretto le proposte più ambiziose della Commissione approvandole a tappe serrate. Ogni suo discorso indicava avanzamenti e riforme per sfatare quei tabù su chi decide in Europa e sugli eterni rinvii di scelte necessarie».

 

David è stato tra i primi a tornare alla carica con gli eurobond. La sua Unione non era arcigna...
«Il Next Generation porta anche la sua firma. Quando aprì il tema dei debiti europei dovuti al Covid, molti gridarono allo scandalo, ma lui ripeteva sempre che, dopo la nascita dei bond europei, non si poteva tornare al business as usual. Come sempre, guardava avanti con fiducia e invitava gli altri a fare lo stesso».

Tra le sue battaglie c'è stata difesa dello Stato di diritto in Polonia e Ungheria, condizionando l'erogazione dei fondi di Nex Generation Ue, verrà ascoltato?
«Ascoltarlo non è un'opzione, ma una necessità. Senza inutili divisioni ideologiche ha capito prima e meglio di altri che il Next Generation Eu non è solo una grande opportunità per la ripresa economica, ma l'occasione per l'Europa di farsi attore globale. Ma senza rispettare diritti e libertà tra i 27 è complicato affermarli nel mondo».

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Altro tema su cui Sassoli ha dato battaglia è l'immigrazione.
«Ha avuto su questo argomento una visione politica. L'Europa arroccata nella sua fortezza è un continente che non ha futuro e rischia di esser preda di rigurgiti nazionalisti. Se vogliamo rendere onore al lavoro di David in questi anni, affrontiamo questo tema senza paura. Con la speranza di chi non chiude gli occhi».

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