Siri indagato: «Non lascio». Toninelli gli leva deleghe, Salvini lo difende. Conte: «Atto grave, chiarisca»

Siri indagato per corruzione non si dimette: Salvini è con me. Toninelli? Ha bisogno di aiuto
Siri indagato per corruzione non si dimette: Salvini è con me. Toninelli? Ha bisogno di aiuto
Giovedì 18 Aprile 2019, 20:22 - Ultimo agg. 21:09
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Indagato per corruzione. Armando Siri, sottosegretario ai Trasporti della Lega e consigliere economico di Salvini, è accusato dai magistrati palermitani di aver ricevuto denaro per inserire una norma sulle energie rinnovabili nella manovra. Siri respinge «categoricamente» ogni accusa: «Non ho fatto niente di male». Matteo Salvini lo difende a spada tratta. Ma Luigi Di Maio invoca subito le dimissioni, Danilo Toninelli ritira le deleghe al sottosegretario, Giuseppe Conte gli chiede un «chiarimento». 

Tra i ministri di Lega e M5s l'aria è tesissima a Reggio Calabria, dove si tiene il Consiglio dei ministri. E il clima peggiora quando dalla procura di Roma trapela notizia di una denuncia a carico del sindaco M5s Virginia Raggi per presunte pressioni sull'ex ad di Ama. «Ci aspettiamo le sue immediate dimissioni», contrattacca la Lega. E Salvini rilancia sul piano politico: «È inadeguata, lasci». Siri è il primo indagato del governo gialloverde. Come ricordano i Cinque stelle, c'è anche l'imputazione per turbativa d'asta a carico del leghista Massimo Garavaglia, per un episodio risalente a quando era assessore lombardo. Ma questa volta l'accusa è corruzione e entra in gioco il governo. 

Non solo. La notizia diventa subito materia di scontro tra M5s e Lega, alle prese con una incandescente campagna elettorale e rapporti mai così logori. La corsa leghista verso il voto, temono i salviniani, rischia di essere frenata. Il governo traballa. L'inchiesta su Siri, nata a Palermo ma ora in procura a Roma, lo accusa di aver ricevuto denaro per far passare una norma (mai però approvata) sulle energie rinnovabili, tramite l'ex deputato di Fi Paolo Arata, a sua volta accusato di avere rapporti con l'imprenditore dell'eolico Vito Nicastri, tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. 

L'accusa dei pm romani è aver «asservito» con «le sue funzioni e i suoi poteri ad interessi privati». Ma Siri, che in serata è in Senato per il voto sul Def, racconta di aver appreso dalla stampa la notizia e di aver «letto di nomi» che non conosce: «Sono tranquillissimo, ho sempre rispettato le leggi. È una vicenda assurda. Chiederò di essere immediatamente ascoltato e denunzierò chi mi abbia rivolto queste ignobili accuse», dichiara. Passa però solo un'ora dalla notizia d'indagine, quando Di Maio chiede il passo indietro del sottosegretario: «C'è una questione morale», dichiara. E da qui in poi, inizia uno scontro tra M5s e Lega che va avanti per tutta la giornata. 

«Piena fiducia in Siri, le indagini siano veloci», auspica la Lega, che sottolinea di essere compatta nella difesa. «Lo conosco e lo stimo», dice Salvini, che ricorda di non aver «mai chiesto» il passo indietro dei pentastellati indagati. Il loro è «giustizialismo» a intermittenza. Ma i Cinque stelle invitano il senatore leghista a difendersi nel processo, fuori dal governo. Toninelli gli ritira le deleghe ma formalmente il passo spetta al premier. «Chiederò a lui chiarimenti e all'esito di questo confronto valuteremo», annuncia Conte, che però fa capire che le dimissioni sono un'ipotesi reale quando ricorda il contratto di governo: «Non possono svolgere incarichi sottosegretari sotto processi per reati gravi come la corruzione», «abbiamo un alto tasso di sensibilità per l'etica pubblica».

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